La mostra "Obey" alla Fabbrica del Vapore di Milano, prima personale in Italia di Shepard Fairey che celebra i trentacinque anni della sua carriera, è un mix vincente e variegato tra le opere più significative dello street artist e lavori inediti realizzati appositamente per quest'occasione.
Artista ribelle, figlio delle culture americane punk rock e hip hop dalle quali trae la forza per scandagliare le regole imposte dalla società e lanciare messaggi trasgressivi, inizia la sua carriera ideando un'immagine del wrestler André the Giant associata al suo nome d'arte che dal 1989 viene stampata su adesivi che circolano in tutta la comunità.
Il corpus di opere presente in mostra ci permetterà di comprendere a fondo la modalità di ideazione e realizzazione che si trova alla base dei lavori dell' artista. Dalla sperimentazione dei supporti alla semplicità formale delle raffigurazioni, le opere di Obey portano lo spettatore a riflettere su tematiche fondamentali per il futuro del nostro pianeta, dal rispetto di ciò che ci circonda fino alla ricerca della pace nel mondo.
Parte integrante di questo interessante progetto sarà la realizzazione di un murale, un segno duraturo della presenza di "Obey" a Milano che darà grande ispirazione a chi si fermerà ad osservarlo e arricchirà uno dei quartieri della città.
La mostra dedicata allo street artist Obey, organizzata da Wunderkammer, è un percorso immersivo nella storia e nell'universo urban di Shepard Fairey che con il suo stile essenziale ha trovato la chiave per rendere la sua arte universalmente comprensibile.
La mostra di Felice Carena ospitata alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano rende omaggio a uno dei più importanti ma dimenticati maestri dell'arte italiana del Novecento attraverso una selezione di oltre cento opere che ripercorrono le fasi salienti della sua carriera.
Torinese di nascita ma fiorentino e veneziano d'adozione, Felice Carena fu attratto in gioventù dal clima artistico delle Secessioni e dei Preraffaelliti che lo indirizzò verso composizioni di carattere simbolista, permeate da un luminismo tipicamente nordico. Interessato non solo al confronto con le novità artistiche del proprio tempo, ma anche al dialogo con la tradizione classica e rinascimentale, a partire dagli anni Dieci Carena improntò le proprie opere a un sempre più marcato plasticismo, evidente nei dipinti Gli apostoli e La pergola.
Punto di svolta e vertice della sua produzione è il dipinto Estate (L'amaca) della Galleria d'Arte Moderna di Torino, in cui Carena approfondisce la lezione di Courbet e degli impressionisti in una delle ultime composizioni luminose e ariose. Gli anni successivi, e in particolar modo il Dopoguerra, saranno segnati da un'intensa spiritualità e da una forte drammaticità che hanno nelle opere religiose - tra tutte la Deposizione dei Musei Vaticani - la più chiara manifestazione.
Con oltre cento opere provienienti da collezioni private e prestigiose isitituzioni museali italiane tra cui le Gallerie d'arte moderna di Milano, Torino, Piacenza e Roma, la mostra di Felice Carena alle Gallerie d'Italia di Milano ripercorre le tappe della formazione e dell'affermazione dell'artista torinese, evidenziandone i soggetti di elezione, dal ritratto alla natura morta ai temi sacri. Un'occasione per ridare luce a un protagonista della pittura del Novecento, capace di ottenere successi di pubblico e critica in Italia e a livello internazionale.
La mostra "Dal Cuore alle mani: Dolce&Gabbana" ospitata a Palazzo Reale a Milano illustra l'affascinante percorso creativo che traduce le geniali ideazioni dei due stilisti italiani in capi di alta moda grazie alla grande tradizione sartoriale dell'atelier.
Grazie ad uno spettacolare allestimento appositamente studiato per le sale di Palazzo Reale, l'esposizione si sviluppa in sezioni di carattere tematico che documentano i vari ambiti della cultura italiana che negli anni hanno ispirato i due stilisti, dall'arte all'artigianato, dal teatro al cinema, dalle tradizioni alla devozione popolare. Tra richiami alle vetrerie veneziane, ai capolavori dell'arte italiana - da Giorgione a Raffaello, da Piero della Francesca a Leonardo - agli stucchi di Giacomo Serpotta e con un omaggio finale alla città di Milano, la mostra sottolinea il legame delle creazioni Dolce&Gabbana con la cultura italiana, evidenziandone al contempo il carattere irriverente e rivoluzionario.
La possibilità di osservare da vicino gli abiti esposti permette di ammirare la ricchezza dei materiali nonché la complessità e la varietà delle lavorazioni messe in opera dalle sapienti mani dei sarti e delle sarti dell'atelier D&G, il cui ambiente di lavoro è ricostruito in una delle sale più suggestive del percorso.
La mostra "Dal Cuore alle mani: Dolce&Gabbana" in scena a Palazzo Reale a Milano offre un imperdibile viaggio attraverso le più spettacolari e sorpredenti creazioni della casa di moda fondata nel 1985 da Domenico Dolce e Stefano Gabbana; un viaggio che è un appassionato omaggio alla cultura e alla grande tradizione sartoriale italiane.
La mostra "Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo" al Mudec di Milano, è un percorso curioso alla scoperta di una pratica dalla storia millenaria, che ha attraversato i secoli e i continenti, arricchendosi di nuovi significati e di diverse modalità di realizzazione.
Da sempre il tatuaggio è considerato come uno dei primi gesti consapevoli che permisero all'uomo di differenziarsi dall'animale. Disegnare sulla propria pelle tratti o simboli dalle diverse valenze rappresenta una modalità per esprimersi senza comunicare con le parole, in un modo alternativo che lascia segni indelebili.
Il viaggio nel tempo, attraverso le numerose testimonianze di vario genere presenti in mostra, si focalizza sull'area geografica italiana e del mediterraneo e ha inizio dalla preistoria. Questo periodo storico ci ha lasciato in eredità il corpo mummificato di Ötzi, ritrovato nel 1991 in Trentino Alto Adige: la sua pelle presenta già numerosi disegni, realizzati con l'uso del carbone e con lo scopo pratico di lenire i dolori causati dalle basse temperature. Per la popolazione egizia, per i Celti e poi anche per i primi cristiani i tatuaggi rappresentavano simboli spirituali legati ad un forte senso di religiosità. Presso l'antica Roma invece il tatuaggio era utilizzato per marcare il corpo di schiavi e malfattori. Nella cultura occidentale, a seguito delle crociate, la diffusione della pratica del tatuaggio ha una battuta di arresto, ritorna a diffondersi dalla fine dell'Ottocento quando un tatuatore americano realizza la prima macchinetta elettrica. Da quel momento si diffonde la moda del tatuaggio estetico, che in molti casi rivela ancora messaggi significativi che rappresentano la storia di chi lo indossa.
La mostra dedicata al tema del tatuaggio a Milano, pensata con un taglio antropologico, rappresenta un'occasione per esplorare lo sviluppo di una pratica che affonda le sue origini in un remoto passato e che accompagna ancora oggi l'umanità.
La mostra "Martin Parr, Short & Sweet" a Milano, frutto della rinnovata collaborazione con Magnum Photos, celebra il lavoro del fotoreporter britannico che ha saputo indagare la società nei suoi aspetti più controversi con un tocco di ironia e vivacità.
Affascinato fin da giovane dalla fotografia, grazie alla passione tramandata dal nonno, Martin Parr inizia a sperimentare la sua abilità con il mezzo fotografico contemporaneamente alla sua carriera da docente che lo porta ad insegnare in diversi istituti britannici. Alla metà degli anni Settanta, una delle sue più grandi fonti di ispirazione, il fotografo Henrì Cartier-Bresson, lo presenta all'agenzia Magnum Photos, nella quale entra a far parte nonostante il suo spirito sovversivo e ribelle.
Gli scatti presentati negli spazi espositivi del Mudec ripercorrono le scelte stilistiche e i progetti più conosciuti di uno dei fotografi contemporanei più famosi, mostrando la sua grande capacità di elaborare un linguaggio riconoscibile.
La sua indagine fotografica diretta si spinge oltre la semplice resa del soggetto, focalizzandosi su dettagli difficili da cogliere. I suoi scatti dall'aspetto caotico, caratterizzati dai forti contrasti cromatici deridono, criticano, biasimano la società moderna, intrappolata nelle mode e nei gusti dettati dai media. Il contesto borghese, vissuto e mal sopportato da Parr, ritorna costantemente nei suoi lavori, ricchi di riferimenti al suo vissuto personale.
La mostra dedicata e curata dallo stesso Martin Parr a Milano è un'occasione per scoprire il valore della produzione di un fotografo che ha raccontato, attraverso i suoi scatti, il lato imperfetto e grottesco delle azioni ordinarie compiute dalla gente comune, innescando una riflessione interessante sul futuro dell'umanità.
La mostra "Cézanne e Renoir" in programma a Palazzo Reale dal 19 marzo 2024 porta a Milano una ricca selezione di opere provenienti da due prestigiosi musei parigini, il Museo d'Orsay e l'Orangerie, grazie alle quali sarà possibile ripercorrere la rivoluzionaria stagione artistica dell'Impressionismo e illustrare l'eredità pittorica lasciata dai due grandi maestri francesi alle avanguardie del Novecento.
L'esposizione, che può contare su un importante nucleo di dipinti raccolti dal celebre mercante d'arte Paul Guillaume, oggi all'Orangerie, mette a confronto l'opera di Paul Cézanne e Auguste Renoir evidenziando la complementarietà delle loro parabole artistiche. Renoir è tra massimi interpreti della pittura impressionista; i suoi dipinti ritraggono la vivacità della vita parigina con un linguaggio pittorico che cerca di restituire l'istantaneità della visione e i valori atmosferici. Cézanne, pur condividendo l'interesse per i paesaggi dipinti dal vero, farà di questi l'occasione per una personale ricerca sulla semplificazione della forma e sull'uso antinaturalistico del colore.
Se da un lato la ricerca di Cézanne sulla struttura formale dell'immagine costituisce la base di partenza per la rivoluzione di Picasso e del Cubismo, dall'altro l'insistenza da parte di Renoir sul valore espressivo della luce e del colore, rinvigorita dal soggiorno italiano degli anni ottanta, conduce all'esperienza pittorica di Matisse e dei Fauves.
In un suggestivo dialogo attraverso i soggetti condivisi dai due pittori, quali i ritratti, i paesaggi, le nature morte e le bagnanti, la mostra di Cézanne e Renoir a Palazzo Reale a Milano permetterà di approfondire la conoscenza di due grandi maestri dell'Impressionismo che traghettarono la pittura del tardo Ottocento verso le Avanguardie e la modernità.
La mostra di Picasso al Mudec di Milano è dedicata al tema “La metamorfosi della figura”, con lo scopo di approfondire aspetti poco conosciuti della poetica del grande artista del Novecento, al fine di comprendere a fondo il valore del contributo artistico che il pittore spagnolo ancora esercita sull'arte contemporanea.
La mostra indaga le fonti culturali e i processi creativi che Picasso mise in campo nella costruzione della propria poetica espressiva che, espressa in diverse tecniche artistiche, permettono di ricostruire una "storia nella storia" fatta di suggestioni, di emozioni, di ispirazioni e poi di elaborazione, di creazione, di genialità e infine di lasciti e di eredità.
I capolavori in mostra, provenienti dai maggiori musei europei sono posti in dialogo con manufatti di arte africana e di opere di diverso genere, andando a esplorare il modo, singolare e innovativo, con cui Picasso trattò il tema della figura umana. Una sezione della mostra di Picasso al Mudec è dedicata agli studi per le celeberrime Les demoiselles d’Avignon (1907), manifesto del cubismo ed esempio eclatante della ricerca di un mutamento continuo e costante che l’artista ha riservato a corpi e volti. Conclude l'esposizione un salto temporale al presente: una sezione dedicata ai lavori di artisti africani che ancora oggi si ispirano alle ricerche formali di Picasso.
La mostra di Picasso al Mudec offre un'occasione imperdibile per conoscere a fondo nuovi aspetti peculiari dell'arte del maestro spagnolo: il concetto di metamorfosi della figura e le fonti culturali che hanno ispirato le sue ricerche e i suoi capolavori.
La mostra di Giuseppe De Nittis a Palazzo Reale di Milano sarà un viaggio nella pittura di uno dei più grandi artisti italiani dell’Ottocento, particolarmente sensibile alle correnti del Verismo e dell’Impressionismo che seppe interpretare in chiave originale e personale.
Giuseppe Gaetano De Nittis nacque a Barletta nel 1846; rimasto orfano fin da piccolo, visse con i nonni paterni per poi iscriversi nel 1861, contro il volere della famiglia, all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Qui però si rivelò uno spirito irrequieto, dall’indole insofferente alle regole e disinteressato alle nozioni e alle lezioni accademiche, tanto da venire espulso due anni più tardi per indisciplina.
Successivamente si dedicò alla pittura all’aria aperta, specializzandosi in riproduzioni di paesaggi partenopei e barlettani, fino al 1866, vero anno di svolta, quando a Firenze si avvicinò per la prima volta al movimento dei Macchiaioli. L’anno seguente si trasferì a Parigi dove si sposò con la parigina Léontine Lucile Gruvelle. L’apice della sua fama arrivò però nel 1874, comunemente indicata come la nascita dell’Impressionismo, con l’esposizione che si tenne presso lo studio del fotografo Nadar dove riuscì a presentare ben cinque tele. Lo stesso anno andò anche a Londra dove realizzò scene di vita della capitale inglese, mentre nel 1878 riscosse un enorme successo con l’Esposizione Internazionale parigina dove venne insignito della Legion d'onore, e la sua opera, Le rovine delle Tuileries, fu acquistata dal governo per il Museo del Lussemburgo.
De Nittis fu abile interprete nel rappresentare l’eleganza e la vivacità della vita moderna, realizzando vedute naturali e urbane, ritratti di donna e di città in via di costruzione, scorci di vita parigina o londinese, con stile impressionista, fotografando il mondo con lucidità realistica. Le mostra di De Nittis a Palazzo Reale a Milano, con un centinaio di opere provenienti dai più prestigiosi musei e collezioni pubbliche italiane e francesi, tra cui la Galleria d'Arte Moderna di Milano, propone un percorso espositivo che ci farà conoscere e apprezzare l’estro artistico di un eccelso pittore italiano, morto a soli trentotto anni.
Dopo la mostra allestita a Palazzo Morando nel 2015, la città di Milano omaggia nuovamente il grande fotografo del Novecento, Gyla Halasz, in arte Brassaï, con un'esposizione ospitata negli spazi di Palazzo Reale.
Nato nel 1899 in Ungheria, Brassaï si trasferisce fin da piccolo a Parigi con la sua famiglia, paese nel quale sarà destinato a vivere dal 1924 e nel quale potrà sperimentare la vicinanza con le grandi avanguardie del Novecento tra cui il Surrealismo. Il fotografo si avvicina sin da subito alla pratica artistica studiando pittura e scultura a Budapest per poi frequentare l'Accademia di Belle Arti a Berlino, città nella quale si avvicinerà anche al mondo del giornalismo. Ormai venticinquenne, con il definitivo approdo nella fervente Parigi, Brassaï elabora il suo approccio personale al mezzo fotografico ricercando per tutta la sua carriera scatti veritieri, privi di qualsiasi artificio.
"L'occhio di Parigi", titolo della nuova mostra e soprannome di Brassaï coniato dallo scrittore Arthur Miller, fa riferimento al modo di indagare i luoghi, la società e la vita quotidiana di Parigi, soprattutto notturna, tipica della poetica del fotografo. Con un'esposizione di oltre 200 stampe accompagnate da una ricca documentazione e da oggetti appartenuti al fotografo, sarà possibile conoscere da vicino la vita quotidiana della Parigi autentica, raccontata attraverso lo sguardo diretto di uno dei grandi protagonisti della fotografia del XX secolo.
Realizzata in collaborazione con l’Estate Brassaï, la mostra fotografica dedicata a Brassaï a Milano, attraverso immagini iconiche ed intime della città di Parigi, omaggia la produzione di un fotografo che, nonostante le sue capacità e il suo bagaglio culturale, ha saputo mantenere uno sguardo da dilettante sui suoi soggetti per coglierne la vera essenza.
La visita guidata alla mostra di Mirò a Monza sarà un'occasione per ripercorrere l'arte colorata, originale e sognante di uno dei maggiori artisti del XX secolo. Organizzata in occasione del 130° anniversario della nascita dell'artista catalano Joan Mirò, la Villa Reale di Monza ospita al suggestivo terzo piano del Belvedere, la mostra "La poesia delle forme", dedicata al raffinato e complesso rapporto tra arte e parola che caratterizzò l'opera di Mirò.
Nato a Barcellona nel 1893, Mirò dimostrò fin da bambino una predilezione per la pratica artistica e ebbe modo di sviluppare le proprie capacità frequentando l'Accademia privata di Francisco Galíla e successivamente la Libera Accademia di Disegno del Cercle Artístic de Sant Lluc. Dal 1919 entrò in contatto con l'ambiente parigino e con le grandi novità che si stavano sviluppando in seno alle Avanguardie: conobbe le opere colorate e vivaci dei Fauves, la tecnica materica ed inimitabile di Van Gogh, la ricerca formale di Picasso e le follie del Dadaismo, portando Mirò ad un progressivo e personale allontanamento dai canoni estetici tradizionali. E' però dal Surrealismo che Mirò trarrà l'insegnamento più importante, che diventerà uno dei cardini della sua poetica: privare la pittura del filo della ragione, dando libero sfogo alla fantasia e all'emozione.
Il forte desiderio che accompagnò Mirò per tutta la propria carriera fu quello di andare oltre la tecnica della pittura a olio alla ricerca di nuovi metodi e stili contemporanei.
Joan Mirò delineò con il tempo uno stile unico, caratterizzato da forme essenziali e semplici, declinate in vari campi artistici, dalla pittura, passando per la scultura e l'incisione, fino all'illustrazione e a varie tecniche tra cui il collage, il grattage e il frottage. Lo scopo della sua arte divenne quello di trasporre tramite le forme, i colori e la materia un linguaggio universalmente comprensibile, intriso di spiritualità e simboli facilmente captabili che si muovono all'interno di codici comunicativi condivisi.
La visita guidata alla Mostra di Mirò a Monza ripercorre la vita e la carriera dell'artista ponendo un'attenzione particolare sul del rapporto inscindibile tra arte e letteratura, un tema molto caro all'artista, come ben evidenziano le oltre cento opere esposte, che illustrano l'originalità, la riflessione estetica, la versatilità e la poesia utilizzate da Mirò per la ricerca di un nuovo messaggio da conferire alla pratica artistica.
Dove: Novara, Castello visconteo sforzesco
Quando: 4 novembre 2023 - 7 aprile 2024
Orari: martedì-domenica: 10:00 -19:00 lunedì chiuso.
Aperture straordinarie: venerdì 8 e martedì 26 dicembre, lunedì 1, sabato 6 e lunedì 22 gennaio, lunedì 1 aprile
Chiuso: domenica 24, lunedì 25 e domenica 31 dicembre
La mostra "Boldini, De Nittis et les italiens de Paris" al Castello di Novara rende omaggio ai più celebri artisti italiani che incontrarono il successo nella capitale francese tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi anni del Novecento.
Grazie a prestigiosi prestiti di collezioni private e illustri istituzioni museali italiane, l'esposizione novarese trasporterà il pubblico nelle atmosfere della Belle Époque, un periodo nel quale Parigi diventa capitale internazionale dell'arte grazie all'attività di mercanti e galleristi, alla nascita delle esposizioni universali e all'affermarsi in pittura delle nuove tendenze del Realismo, che hanno in Gustave Courbet il massimo e più rivoluzionario interprete.
Lo stimolante clima artistico e le numerose occasioni espositive spingono molti artisti italiani a soggiornare e a trasferirsi a Parigi. Tra questi il ferrarese Giovanni Boldini, che dopo il contatto con il gruppo dei Macchiaioli, si afferma a Parigi assecondando le mode neosettecentiste del tempo per poi diventare il massimo interprete del ritratto mondano; il pugliese Giuseppe De Nittis, che dopo l'esperienza paesaggista della Scuola di Resina diventa il massimo cantore della Belle Époque; il veneziano Federico Zandomeneghi, vicino agli Impressionisti, al cui repertorio si avvicinerà su richiesta del mercante Paul Durand-Ruel.
Alternando sezioni monografiche a sale tematiche dedicate a più frequenti soggetti della pittura del tempo, la mostra "Boldini, De Nittis et les italiens de Paris" al Castello di Novara, ci catapulterà nell'affascinate ed elettrizzante clima della Parigi della Belle Époque.
In concomitanza con Bergamo e Brescia capitale italiana della cultura 2023, le Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano ospitano la mostra "Giovan Battista Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo", un'ampia retrospettiva dedicata a uno dei massimi interpreti della grande stagione artistica conosciuta dalle due città lombarde nel corso del Cinquecento.
Allievo del Moretto a Brescia, nei primi anni della sua attività Moroni fu impegnato nella città di Trento, durante gli anni del Concilio. Il contatto con Moretto e il clima controriformistico favorirono la produzione di soggetti religiosi di Moroni, che si distinse, tuttavia, per il suo grande talento di ritrattista, emerso definitivamente con l'attività bergamasca degli anni cinquanta. La frequentazione dell'élite culturale e dell'aristocrazia del tempo, cui si associano le commissioni da parte di borghesi, artigiani e mercanti, consentì a Moroni di rivelare la sua grande abilità di colorista e di profondo indagatore dell'animo umano.
Con un centinaio di manufatti artistici, tra dipinti, disegni, libri, oreficerie e stoffe, l'esposizione milanese restituisce un efficace spaccato della società lombarda dell'epoca, di cui Moroni restituì efficacemente desideri e ambizioni. Il confronto tra i lavori di Moroni e le opere dei contemporanei Lotto, Tiziano, Savoldo, Tintoretto e Veronese evidenzia l'ampiezza delle influenze della pittura delle Repubblica della Serenissima, di cui all'epoca facevano parte Bergamo e Brescia.
La mostra "Giovan Battista Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala consente di ammirare, raccolti per la prima volta insieme, capolavori di provenienza italiana e internazionale, di uno dei più grande ritrattisti dell'arte italiana di tutti i tempi.
La mostra "Rodin e la danza" allestita presso il Mudec di Milano è un'imperdibile occasione per scoprire una parte della produzione scultorea e grafica dell'artista francese poco nota al grande pubblico.
Attratto dalla rappresentazione dei movimenti e dell'energia del corpo sin dai tempi dei suoi esordi e del cantiere della Porta dell'Inferno che portò alla realizzazione di capolavori quali Il bacio e Il pensatore, all'inizio del Novecento Auguste Rodin trovò nuovo stimolo per le sue ricerche nella danza.
La visione delle ballerine cambogiane presenti all'Esposizione coloniale di Marsiglia del 1906 e l'incontro a Parigi con alcune delle personalità più rivoluzionarie del mondo della danza dell'epoca, quali Loïe Fuller, Isadora Duncan o Vaslav Nijinski, spinsero Rodin a tradurre sotto forma di disegni e di piccole sculture i flessuosi movimenti delle esibizioni cui aveva assistito. Nacque così la serie dei Mouvements de danse, composta da bozzetti in gesso e terracotta in cui i ballerini saltano, si allungano e si flettono con armonia, eleganza ed energia. In origine destinata alla visione di un gruppo ristretto di amici, la serie viene finalmente mostrata al grande pubblico grazie agli importanti prestiti concessi dal Musée Rodin di Parigi.
La mostra "Rodin e la danza" al Mudec di Milano ci accompagna alla scoperta di un lato inedito della produzione del celebre scultore francese facendoci compiere un viaggio nel tempo nella Parigi della Belle Époque, quando corpi di ballo di origine orientale e rivoluzionari danzatori cambiarono per sempre la storia dell'arte coreutica.
La mostra di Francisco Goya, allestita presso Palazzo Reale a Milano, è un'occasione imperdibile per approfondire una delle personalità più affascinanti della storia dell'arte europea, originalissimo interprete delle grandi trasformazioni politiche e culturali avvenute tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, capace di lasciare un profondissimo segno sulle generazioni successive di pittori, da Manet a Sorolla.
Formatosi artisticamente a Madrid, negli anni in cui nella città spagnola operavano fianco a fianco il maestro del Neoclassicismo Anton Raphael Mengs e il massimo rappresentante del Rococò europeo Giambattista Tiepolo, Goya dimostra una spiccata predilezione per il pittore italiano, visibile nelle sue prime opere, caratterizzate da colori chiari e luminosi e da soggetti frivoli e disimpegnati. Già ai suoi esordi, Goya rivela un uso espressivo e vitale del colore e della pennellata che accompagnerà tutta la sua produzione, dai celebri ritratti dei nobili e dei monarchi spagnoli, alle immagini della guerra d'Indipendenza spagnola fino alle tarde Pitture nere, i drammatici dipinti murali eseguiti presso Quinta del Sordo, la residenza nella periferia di Madrid in cui Goya soggiorna prima di trasferirsi definitivamente in Francia nel 1823.
Organizzata in collaborazione con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid, a cui Goya tentò invano di accedere prima di essere chiamato nel 1880 per meriti riconosciuti dopo la realizzazione dei cartoni per gli arazzi della Real Fabrica di Santa Barbara, l'esposizione presso Palazzo Reale ripercorre l'evoluzione artistica del grande pittore spagnolo evidenziando la versatilità della sua produzione, che spazia tra scene di vita mondana, ritratti, quadri di storia e graffianti rappresentazioni delle bassezze e della crudeltà dell'essere umano, quali quelle presenti nelle due serie di incisioni I disastri della guerra e i Capricci.
Indagando il pensiero di Goya, la sua concezione dell'arte e il suo approccio nei confronti della Storia, la mostra di Francisco Goya a Palazzo Reale a Milano ci porta a scoprire l'origine di un affascinante repertorio di immagini che oscillano tra frivolezza e impegno politico, razionalità e follia, sogno e realtà, immagini in grado di raccontare alla perfezione gli anni del passaggio dall'Illuminismo al Romanticismo e al contempo di descrivere ancora oggi tutte le contraddizioni del genero umano.
La mostra di El Greco, allestita presso le sale di Palazzo Reale a Milano, propone un affascinante approfondimento su uno dei più originali interpreti del Manierismo europeo, che ha lasciato un profondo segno sull'arte dei maestri dell'Ottocento e Novecento, da Delacroix a Picasso.
All'anagrafe Domínikos Theotokópoulos, El Greco nasce a Creta, all'epoca facente parte del grande dominio della Repubblica di Venezia. Dopo gli esordi come pittore di icone, compie un viaggio in Italia, a Venezia e Roma, fondamentale per l'elaborazione del suo stile. In particolare sono l'uso del colore di Tiziano, la teatralità delle composizioni di Tintoretto e la sinuosità delle figure di Parmigianino a indirizzare la produzione di El Greco verso uno stile drammatico ed espressivo, particolarmente adatto ad esprimere la sensibilità religiosa della Spagna del Cinquecento.
È infatti in Spagna, prima a Madrid - dove riceve un incarico per l'Escorial - e poi a Toledo che El Greco raggiunge la sua maturità artistica, segnata dalla predominanza del colore e da una tendenza alla trasfigurazione delle figure dei dipinti sacri in funzione espressiva che lo rendono uno dei più originali interpreti del Siglo de oro spagnolo.
Scarsamente apprezzata in età barocca, per il suo antinaturalismo tipicamente manierista, l'arte di El Greco è stata riscoperta tra Ottocento e Novecento, diventando un punto di riferimento per grandi artisti del calibro di Delacroix e Manet e fonte di ispirazione per le avanguardie storiche, dall'Espressionismo al Cubismo di Picasso.
Concentrandosi sul periodo italiano dell'artista greco, la mostra di El Greco a Palazzo Reale a Milano ripercorre la produzione artistica di un pittore che ha saputo incarnare uno dei momenti più importanti della storia spagnola, rielaborando gli influssi della pittura bizantina e del Rinascimento italiano in un linguaggio drammatico ed espressivo, ancora oggi fortemente evocativo.
La mostra "Banksy. Painting Walls" all'Orangerie della Villa Reale di Monza porta in Italia per la prima volta tre muri dipinti dall'artista britannico tra il 2009 e il 2018. Si tratta di tre interventi di street art, pensati per una destinazione pubblica, che sono stati prevelati, decontestualizzati e trasformati in veri e propri oggetti d'arte.
Protagonisti dei tre muri sono tre ragazzini, raffigurati in composizioni che vogliono sensibilizzare lo spettatore nei confronti delle problematiche dell'età contemporanea, In Season’s Greeting Banksy denuncia l'inquinamento della città Port Talbot, in Galles - dove l'opera è stata eseguita - rappresentando un bambino che spalanca bocca e braccia per accogliere la neve, che altro non è che la cenere proveniente da un cassonetto incendiato. In Heart Boy un altro ragazzino ha appena dipinto sul muro, con un pennello ancora sgocciolante, un cuore rosa, simbolo della richiesta di pace e amore. Infine in Robot/Computer Boy Banksy riflette sul tema del rapporto uomo-macchina e della disumanizzazione ritraendo un bambino travestito da robot che ha appena disegnato un robot stilizzato.
I tre muri sono accompagnati in mostra da altre opere originali dell’artista e da un'ampia raccolta di serigrafie, tra cui la celebre Girl with Balloon, al fine di testimoniare la capacità di Banksy di dirottare l'attenzione del pubblico su tematiche importanti quali il cambiamento climatico, le disuguaglianza sociali, i conflitti bellici attraverso immagini spiazzanti ed efficaci.
La mostra di Banksy all'Orangerie della Villa Reale di Monza offre pertanto un'immersione a 360 gradi nell'opera di un artista tra i più sensibili, dissacranti e dirompenti dell'arte contemporanea mondiale.
La mostra di Gabriele Basilico a Palazzo Reale a Milano ricorda, a dieci anni della scomparsa, il più grande fotografo di paesaggi urbani, che ha saputo descrivere con sguardo analitico e partecipato le trasformazioni delle città tra il Novecento e gli anni Duemila, dalla sua amata Milano alle grandi metropoli del mondo.
Laureatosi in architettura presso il Politecnico di Milano, Basilico abbandona presto la carriera di architetto per quella di fotografo senza perdere l'interesse per le soluzioni costruttive e urbanistiche che emerge fin dai primi lavori come il volume del 1982 Milano. Ritratti di fabbriche, che segna il suo primo successo internazionale. Il riconoscimento del suo lavoro è attestato dall'affidamento da parte del governo francese della tematica “Bord de Mer”, all'interno della Mission Photographique de la DATAR, un progetto di documentazione del cambiamento del paesaggio.
Tra le trasformazioni immortalate dall'obiettivo di Basilico figurano anche quelle procurate dalla guerra, come nel memorabile progetto sulle devastazioni della città di Beirut del 1991. Da allora Basilico continuerà ininterrottamente a raccontare l'evoluzione dell'età contemporanea, dal mondo industriale a quello postindustriale, attraverso scorci e panorami delle grandi metropoli mondiali, da Berlino a Roma, da Rio de Janeiro a Shangai, da Istanbul a Mosca.
Realizzata con la collaborazione dell’Archivio Basilico, la mostra di Gabriele Basilico a Palazzo Reale a Milano espone i più importanti progetti del maestro rivelandoci l'unicità del suo stile, disinteressato a cogliere l'attimo e invece attento a restituire la complessità dello spazio urbano con uno sguardo contemplativo, in immagini prive della figura umana che evocano le atmosfere metafisiche delle città di De Chirico e Sironi.
La mostra di Giorgio Morandi a Palazzo Reale a Milano è un'importante monografica dedicata a uno dei principali artisti italiani del Novecento che, senza partecipare ad alcun gruppo artistico, ma rimanendo aggiornato sulle novità del proprio tempo, ha saputo dare vita a una produzione coerente e al contempo sperimentale, segnata dalle celebri nature morte, dagli assolati scorci paesaggistici e dagli essenziali autoritratti.
Pur essendo vissuto per tutta la propria esistenza tra la casa bolognese di via Fondazza e quella sull'Appennino a Grizzana, Morandi dimostrò un grande interesse verso le esperienze artistiche e le occasioni espositive del proprio tempo, maturando rapporti di profonda amicizia con critici e direttori di musei e mostre, che favorirono l'apprezzamento della sua opera all'estero.
Influenzato dalla poetica straniante e contemplativa della Metafisica di De Chirico e dalla ricerca formale e geometrizzante di Cézanne, Morandi diede vita a quadri di piccole dimensioni aventi come soggetto composizioni di oggetti semplici e quotidiani, quali barattoli, ciotole e bottiglie, ogni volta rielaborate da un punto di vista spaziale e cromatico per studiarne le possibilità percettive.
Organizzata con la prestigiosa collaborazione scientifica del Museo Morandi di Bologna, la mostra di Giorgio Morandi a Palazzo Reale a Milano propone una ricca selezione di opere provenienti da collezioni italiane e internazionali che permetterà di scoprire il processo mentale e creativo che si nasconde dietro le sue famose nature morte, rivelando dietro l'apparente semplicità delle immagini quella che Morandi stesso chiamava "l'essenza delle cose".
La mostra di Van Gogh al Mudec di Milano rinnova la collaborazione tra le istituzioni museali milanesi e il museo Kröller-Müller di Otterlo per riportare in città le opere del grande pittore olandese offrendo un'occasione di approfondimento sull'influenza esercitata dall'arte giapponese sui dipinti dell'artista.
Grazie alla fine dell'isolamento commerciale avvenuta durante la Restaurazione Meiji del 1868, numerose stampe giapponesi giunsero in Europa, dove trovarono un'occasione di diffusione nelle esposizioni universali del tempo. Si affermò così il Giapponismo, fenomeno collezionistico che vide scrittori, critici d'arte e pittori acquistare stampe ukiyo-e. Tra i protagonisti del Giapponismo spicca la figura di Van Gogh, che grazie all'incontro con le stampe di Hiroshige e Utamaro, introdusse nel proprio repertorio figurativo immagini di contesti orientali rielaborati secondo la propria sensibilità.
Attraverso il confronto con dipinti di artisti contemporanei, quali Jean-François Millet, Maurice Denis e Paul Signac e con stampe originali giapponesi, l'esposizione ripercorre la carriera di Van Gogh dagli esordi olandesi, segnati da una sensibile rappresentazione della vita contadina, agli anni francesi, durante i quali maggiormente si avverte l'influenza dell'arte giapponese, non solo sotto forma di ripresa dei soggetti dell'ukiyo-e, ma anche e soprattutto come assimilazione dei principi dell'arte orientale, quali le campiture uniformi e la rappresentazione bidimensionale.
La mostra di Van Gogh al Mudec di Milano offre un'occasione imperdibile per osservare l'arte del maestro olandese sotto un nuovo punto di vista e per approfondire la conoscenza delle relazioni culturali tra Oriente e Occidente.
Dove: Milano, Fabbrica del Vapore
Quando: 12 maggio 2023 - 28 gennaio 2024
Orari: lunedì, martedì, mercoledì: 10.00 – 20.00;
Giovedì, venerdì, sabato e domenica: 10.00 – 22.00
Orario estivo (in vigore nel periodo dal 16 luglio 2023 al 31 agosto 2023): da martedì a domenica: 12.00 – 22.00; lunedì: chiuso
La mostra "Amazônia" di Sebastião Salgado alla Fabbrica del Vapore di Milano conduce il visitatore attraverso lo spettacolare ambiente della foresta amazzonica attraverso gli affascinanti scatti del celebre fotografo brasiliano, impegnato negli ultimi anni a documentare la vegetazione e gli abitanti di un contesto paesaggistico che rischia sempre di più l'estinzione.
L'esposizione, che conta oltre 200 fotografie, si concentra su due grandi temi, le vegetazione dell'Amazzonia, e la vita delle popolazioni indigene. La prima sezione raccoglie spettacolari vedute aree della foresta, cui si affiancano sorprendenti immagini di fiumi volanti, di piogge torrenziali e delle Anavilhanas, arcipelago di oltre quattrocento isole dalle forme più svariate che emergono dalle acque scure del Rio Negro. Nella seconda sezione diventano protagonisti le popolazioni indigene che Salgado ha immortalato durante i suoi viaggi rivelandone costumi e tradizioni. Tra queste spiccano i Korubo, una tribù particolarmente isolata, che solo la spedizione di Salgado del 2017 ha consentito di conoscere meglio.
A rendere ancora più suggestiva l'esposizione e a favorire una totale immersione nell'ambiente amazzonico concorre la traccia audio creata da Jean-Michel Jarre e ispirata ai suoni della foresta.
La mostra "Amazônia" di Sebastião Salgado allestita presso la Fabbrica del Vapore di Milano è un'occasione imperdibile per immergersi nell'affascinante e selvaggio contesto della foresta brasiliana, per lasciarsi affascinare dalla potenza degli scatti di Salgado e per riflettere sull'importanza della preservazione di ambienti sempre più minacciati dalla deforestazione indiscriminata.
La mostra di Robert Doisneau al Museo Diocesano di Milano è una grande antologica dedicata al celebre fotografo francese che con grande sensibilità e ironia ha saputo raccontare la società parigina dagli anni trenta agli anni sessanta del Novecento.
Organizzata in collaborazione con l'Atelier Robert Doisneau a Montrouge, l'esposizione milanese propone 130 scatti in bianco e nero che consentono di ripercorrere più di cinquant'anni di carriera di colui che, assieme a Henri Cartier-Bresson, è considerato uno dei padri della fotografia umanista francese. Attraverso un allestimento di carattere tematico la mostra evidenzia i soggetti più ricorrenti nella fotografia di Doisneau, dall'amore ai giochi dei bambini, dalla guerra alla liberazione.
Con il suo obiettivo attento a catturare i gesti e le emozioni degli abitanti parigini, Doisneau si muove tra le strade del centro e della periferia della capitale francese restituendoci l'immagine di una metropoli ormai scomparsa. Tra i suoi soggetti, oltre a coppie di innamoranti, bambini e passanti casuali, anche amici scrittori e artisti, come Prévert, Malraux, Picasso e Giacometti.
La mostra di Robert Doisneau al Museo Diocesano di Milano condurrà il visitatore in viaggio nel tempo alla scoperta della società parigina del Novecento, che il grande fotografo francese seppe descrivere con ironia, immediatezza e grande efficacia comunicativa come in uno dei tanti capolavori esposti a Milano, il celebre Le baiser de l’Hôtel de Ville del 1950.
La mostra "Dalì, Magritte, Man Ray e il Surrealismo" al Mudec di Milano offre una vasta e ricca panoramica sulla più complessa e affascinante tra le avanguardie storiche, interprete delle trasformazioni culturali, sociali ed economiche di inizio Novecento.
Coniato dal poeta Apollinaire per descrivere il proprio dramma Les Mamelles de Tiresias, il termine Surrealismo andò ad indicare il movimento formatosi attorno ad André Breton all'inizio degli anni venti grazie all'adesione degli artisti che avevano partecipato all'esperienza del Dadaismo. Ponendosi in contrasto con il principio della logica, e quindi a favore di ogni aspetto dell'irrazionale, i surrealisti recuperarono gli spunti della letteratura e dell'arte del Simbolismo europeo, che a inizio Novecento trovarono una base filosofica nella teoria psicanalitica di Freud, per dare vita a un'arte basata sui temi del sogno, della follia, dell'eros, del gioco, dell'inconscio.
Protagonista di questo dirompente movimento fu un gruppo eterogeneo di artisti, tra i quali Max Ernst, René Magritte, Salvador Dalí, Juan Miró, che, traendo ispirazione da precedenti esperienze artistiche caratterizzate da un oscuramento della ragione - dalle visionarie opere di Bosch, agli inquietanti quadri del romantico Füssli e del simbolista Moreau fino al fondamentale presupposto della Metafisica di De Chirico -, diedero vita a un mondo di immagini in grado ancora oggi di turbare e di stupire.
L'esposizione milanese nasce in collaborazione con il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, che vanta una delle collezioni d’arte surrealista più importanti al mondo. Grazie ai prestigiosi prestiti dell'istituzione olandese, che spaziano da dipinti a sculture, da disegni a libri rari, da periodici a manifesti, la mostra "Dalì, Magritte, Man ray e il Surrealismo" al Mudec di Milano ci permetterà di rivelare tutte le sfaccettature di un movimento artistico sorprendente e ancora oggi attualissimo.
Dopo il successo dell'esposizione del 2017/2018 presso la Cripta di San Sepolcro, la mostra di Bill Viola a Palazzo Reale riporta a Milano le emozionanti opere del grande videoartist americano, che proprio a Milano ha una delle sue installazioni permanenti, il trittico Path, collocato in una cappella della chiesa di San Marco nel Quartiere di Brera.
Curata da Kira Perov, moglie dell'artista e direttrice del Bill Viola Studio, la mostra ripercorre quarant'anni di carriera dell'artista statunitense attraverso una selezione di 15 capisaldi della sua produzione a partire da The Reflecting Pool (1977-1979), passando per Ascension (2000), fino alle più recenti serie Water Portraits del 2013 e Martyrs del 2014.
Attivo fin dagli esordi nel mondo della videoarte, Bill Viola ha fatto tesoro delle proprie esperienze di viaggio e di vita per creare un'arte che sapesse coniugare le potenzialità del mezzo tecnologico con gli stimoli culturali provenienti dai luoghi e dalle popolazioni da lui conosciute. Così, se il soggiorno a Firenze negli anni Settanta lo mette a contatto con la pittura del Rinascimento e del Manierismo, che diventerà fonte di ispirazione iconografica per i suoi video, il soggiorno in Giappone negli anni Ottanta gli permette di approfondire la religione buddista e le filosofie orientali che tanta parte hanno nel suo lavoro.
Le opere di Bill Viola rivelano la sua sensibilità nei confronti della cultura occidentale e di quella orientale, attraverso le quali interpreta i grandi temi dell'esistenza, come il ciclo di vita e morte, il rapporto dell'uomo con la natura, invitando lo spettatore a una dimensione non solo contemplativa ma anche meditativa e riflessiva.
La mostra di Bill Viola a Palazzo Reale a Milano offre così un'occasione da non perdere per vivere un'esperienza immersiva all'interno dell'opera di uno dei più importanti e sensibili maestri dell'arte contemporanea, in un viaggio in cui l'emozione si accompagna alla riflessione.
La mostra "L'eredità di Helmut Newton" ospitata nelle sale di Palazzo Reale a Milano offre una ricca panoramica sull'attività di uno dei più noti e discussi fotografi del Novecento, ancora oggi termine di confronto imprescindibile per chiunque si avvicini all'arte fotografica.
Organizzata in collaborazione con la Helmut Newton Foundation, la retrospettiva documenta, attraverso un'ampia selezione di ben 300 scatti, documenti d'epoca, riviste e video, l'intera carriera del fotografo, dagli esordi nella nativa Berlino, da cui fu costretto a fuggire, in quanto ebreo, al momento dell'emanazione delle leggi razziali, fino al trasferimento nel 1961 a Parigi, che determinò la sua affermazione internazionale quale fotografo di moda.
L'esposizione mette in luce il carattere erotico e rivoluzionario delle campagne fotografiche realizzate da Newton per alcune celebri riviste come Harper’s Bazaar, Elle, Vogue, Max, Vanity Fair e Marie Claire e per altrettanto famose maison tra le quali Gianni Versace, Chanel, Louis Vuitton, Dolce & Gabbana e Yves Saint Laurent. Non mancano infine gli iconici ritratti dei grandi protagonisti dell'arte, del cinema e della moda del secolo scorso, da Andy Warhol a David Hockney, da Catherine Deneuve ad Anita Ekberg, da Claudia Schiffer a Gianfranco Ferré.
La mostra "L'eredità di Helmut Newton" a Palazzo Reale a Milano ci condurrà in un affascinante viaggio tra i potenti, provocanti e iconici scatti di uno dei più importanti e rivoluzionari interpreti della fotografia del Novecento.
La mostra "Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi scultore collezionista", ospitata nelle sale della Galleria d'Arte Moderna di Milano, si inserisce tra le iniziative per il bicentenario della morte di Antonio Canova, celebratosi nel 2022, allo scopo di valorizzare il gesso della Ebe del maestro di Possagno conservato nel museo milanese, a cui giunse grazie al lascito dello scultore Pompeo Marchesi.
Partendo dal gesso della Ebe, da cui furono tratte le due versioni in marmo oggi alla Alte Nationalgalerie a Berlino e al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo, l'esposizione ricostruisce la collezione dello scultore Pompeo Marchesi, il cui lascito del 1861-1862 fu alla base della nascita delle collezioni milanesi di arte dell'Ottocento, oggi ospitate nello spettacolare contesto della Villa Reale di Milano, costruita a partire dal 1790 per Ludovico Barbiano di Belgiojoso su progetto di Leopoldo Pollack.
Grazie all'esposizione delle opere collezionate da Pompeo Marchesi e dai lavori da lui eseguiti, tra disegni, bozzetti e sculture, sarà possibile ricostruire la personalità del grande scultore di Saltrio, formatosi all'Accademia di Brera e presso lo studio di Canova durante l'alunnato romano, e ripercorrerne la lunga e profilica carriera che lo vide attivo nei maggiori cantieri della milano napoleonica e austriaca, dal Duomo di Milano all'Arco della Pace. La retrospettiva consente inoltre di ripercorrere la grande stagione della scultura lombarda dall'età neoclassica all'età romantica, in un percorso che prosgue nelle sale al primo piano della villa.
La mostra "Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi scultore collezionista" alla Galleria d'Arte moderna di Milano è un'occasione imperdibile per scoprire la storia delle collezioni di uno dei musei più importanti della città e per approfondire la conoscenza di uno dei massimi scultori lombardi dell'Ottocento.
In occasione di “Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023” Palazzo Martinengo di Brescia ospita la mostra "Lotto, Romanino, Moretto, Ceruti. I campioni della pittura a Brescia e Bergamo", una ricca panoramica sui protagonisti dell'arte delle due città lombarde dall'età rinascimentale al Settecento.
Grazie a prestigiosi prestiti di collezioni privati e di istituzioni museali italiane e internazionali, l'esposizione propone un confronto tra le opere degli artisti bresciani del Cinquecento quali Foppa, Moretto, Romanino, Savoldo e quelle dei colleghi bergamaschi Moroni, Palma il Vecchio, Cariani, Previtali e del veneziano Lotto - a lungo attivo a Bergamo - per evidenziare analogie e differenze tra le produzioni artistiche delle due città, dove la tradizione naturalistica lombarda fece da sostrato alle novità del tonalismo veneziano di Giovanni Bellini e di Tiziano. Di particolare interesse il confronto tra il bresciano Moretto e il bergamasco Moroni, attivo, alla metà del Cinquecento, nella bottega del Bonvicino, dal quale apprese quel vivo naturalismo che farà la fortuna dei suoi splendidi ritratti.
La ritrattistica è al centro di un altro interessante confronto, quello tra il bresciano Vittore Ghislandi, noto come Fra Galgario e il bresciano Giacomo Ceruti, il Pitocchetto, quest'ultimo al centro dell'altra grande mostra bresciana "Miseria e Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento" ai Musei di Santa Giulia. Non mancano in mostra incursioni nell'ambito della pittura di genere e della natura morta, in cui spicca il nome di Evaristo Baschenis.
A completamento dell'esposizione, una sezione ricca di dipinti, sculture, documenti e fotografie ripercorre la storia delle due città con un approfondimento su due grandi pontefici del Novecento, il bergamasco Giovanni XXIII e il bresciano Paolo VI, e sulle loro relazioni con gli artisti del tempo, da Chagall a Picasso, da Dalì a Matisse.
La mostra "Lotto, Romanino, Moretto, Ceruti. I campioni della pittura a Brescia e Bergamo" ospitata a Palazzo Martinengo a Brescia ripercorre la gloriosa storia della pittura rinascimentale delle due città lombarde, che tanto influenzò la formazione di Caravaggio, e ci conduce alla scoperta delle ricca e sfaccettata identità culturale delle due capitali italiane della cultura 2023.
La mostra "Miseria e nobiltà. Giacomo Ceruti nell'Europa del Settecento" presso il Museo di Santa Giulia a Brescia si inserisce tra le iniziative di "Bergamo Brescia 2023 - Capitale Italiana della Cultura" con l'intento di rendere noto al grande pubblico l'aggiornamento degli studi riguardanti il grande pittore nato a Milano ed attivo dagli anni venti del Settecento nella città di Brescia.
Grazie alla coproduzione con il Getty Center di Los Angeles e ai prestigiosi prestiti provenienti da Parigi, Vienna, Madrid, cui si affiancano opere di collezioni pubbliche e private italiane, la mostra ambisce ad avere una dimensione internazionale, strettamente legata alla volontà di evidenziare il respiro europeo della ricerca artistica di Giacomo Ceruti, spesso limitatamente associata alle scene di povertà che gli valsero il soprannome di Pitocchetto.
Attraverso il confronto con le opere di artisti precedenti e contemporanei, la mostra testimonia da un lato il forte legame di Ceruti con la "pittura di realtà" lombarda, che ebbe proprio nei bresciani Romanino e Moretto dei grandi interpreti, cui più tardi guardò Caravaggo, dall'altro il grande talento di ritrattista, che ai propri tempi condivise col bergamasco Fra' Galgario.
Ponendo accanto le une alle altre le immagini dei più umili e poveri e le effigi dell'elegante aristocrazia, la mostra "Miseria e nobiltà. Giacomo Ceruti nell'Europa del Settecento" al Museo di Santa Giulia di Brescia, evidenzia tutta la modernità e la sensibilità di un pittore che seppe immortalare le contraddizioni del proprio tempo, così simili a quelle della società contemporanea.
La visita guidata alla mostra Body Worlds a Milano permette un vero e proprio viaggio alla scoperta di noi stessi e del nostro corpo, in un percorso che si snoda
tra anatomia, fisiologia, medicina, scienza e cultura.
Oltre 200 esemplari plastinati, tra cui venti corpi umani completi, permettono al visitatore di conoscere e comprendere potenzialità e limiti del nostro organismo, in
un'accattivante riflessione su quanto il nostro corpo stia subendo a causa delle abitudini della vita moderna.
Accompagnati da una guida specializzata, le sezioni della mostra affrontano peculiarità e patologie dei sei apparati principali del corpo, dal sistema nervoso al sistema respiratorio, dal sistema cardiovascolare a quello locomotore, dal sistema digerente fino al sistema riproduttivo, in un susseguirsi di impressionante meraviglia per la straordinaria perfezione della nostra biologia.
La vista guidata alla mostra Body Worlds sarà un'occasione unica per conoscere noi stessi, ma anche per imparare a prevenire le tante patologie che quotidianamente minano la nostra salute e per scoprire e conseguenti nuove frontiere della medicina contemporanea.
La mostra di Andy Warhol alla Fabbrica del Vapore di Milano riporta in città l'arte dirompente di uno dei principali protagonisti del secolo scorso, un artista a tutto tondo capace di rinnovare in maniera irreversibile la cultura figurativa del Novecento.
Figura di spicco della Pop art americana, la corrente artistica che negli anni Sessanta del Novecento si fece interprete della società di massa, Andy Warhol si distinse per l'ampiezza dei suoi interessi, che spaziavano dal mondo della pubblicità al collezionismo, dalla musica al cinema. I molteplici campi di interesse della sua attività lo portarono a riflettere sul mondo della comunicazione e soprattutto sulla modalità di fruizione degli oggetti di consumo e delle loro immagini da parte del pubblico. Nacquero così le celebri serigrafie raffiguranti le latte della zuppa Campbell's, le bottiglie di Coca Cola e le celebrità del mondo del cinema, tutte ugualmente oggetto di adorazione collettiva.
Attraverso una ricca selezione di dipinti originali, serigrafie storiche, fotografie e oggetti d'epoca, la mostra milanese ripercorre le fasi salienti della rivoluzione artistica di Andy Warhol, che seppe trasformare oggetti e persone del proprio tempo in icone ancora oggi appartenenti all'immaginario della cultura occidentale.
Uno spazio particolare verrà riservato al mondo della musica e del cinema, in cui Warhol portò il proprio sperimentalismo in qualità di ideatore del centro di produzione artistica della Factory e di manager del celebre gruppo rock dei Velvet Underground per il quale realizzò la celebre copertina con la banana gialla.
La mostra di Andy Warhol alla Fabbrica del Vapore di Milano, organizzata con la prestigiosa consulenza del critico d'arte Achille Bonito Oliva, ci catapulterà nel mondo psichedelico e rivoluzionario di uno dei più originali interpreti della rivoluzione culturale e sociale degli anni Sessanta del Novecento.
La mostra "Dai Medici ai Rothschild. Mecenati, collezioni, filantropi" allestita nelle sale delle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano ripercorre la storia del collezionismo italiano e internazionale dal Rinascimento al Novecento concentrandosi sulle più prestigiose figure di banchieri che hanno associato il proprio nome a vaste e ricchissime collezioni d'arte, i cui capolavori sono oggi suddivisi tra raccolte private e istituzioni museali.
Realizzata con la collaborazione dell'Alte Nationalgalerie - Staatliche Museen di Berlino e del Museo del Bargello di Firenze, l'esposizione milanese raccoglie oltre 120 opere prestate da importanti istituzioni internazionali - dalla National Gallery di Londra al Musée du Louvre di Parigi - che consentono di ripercorrere le vicende biografiche e collezionistiche di grandi personalità del mondo della finanza che hanno individuato nel mecenatismo e nel collezionismo una forma di rappresentazione e affermazione sociale in cui interessi culturali ed estetici andavano accompagnandosi ad obiettivi economici e politici.
Incontreremo grandi dinastie di famiglie di banchieri, quali i Medici, assoluti protagonisti dell'età rinascimentale, i Giustiniani, i Torlonia, i Rothschild e raffinati e acculturati collezionisti, figure di riferimento per la propria epoca. Tra questi Enrico Milyus (1769-1854), banchiere e imprenditore serico tedesco vissuto a Milano, amico di Alessandro Manzoni e mecenate di Francesco Hayez; John Pierpont Morgan (1837-1913), grande affarista statunitense, fondatore dell'azienda bancaria di fama mondiale Drexel, Morgan & Co., la cui collezione d'arte, di libri e di pietre preziose fu in buona parte donata al Metropolitan Museum of Art di New York, e poi raccolta alla Pierpont Morgan Library; Raffaele Mattioli (1895-1973), soprannominato il "banchiere umanista", estimatore di Giacomo Manzù, Giorgio Morandi e Renato Guttuso, i cui importanti acquisti per la Banca Commerciale Italiana sono poi confluiti nelle raccolte Intesa Sanpaolo.
Il racconto della mostra si snoderà attraverso i ritratti dei grandi banchieri e soprattutto un'importante selezione delle opere appartenute alle loro ricchissime collezioni. Sarà l'occasione per ripercorrere la storia dell'arte italiana e europea dal Rinascimento al Novecento passando per i capolavori di Verrocchio, Michelangelo, Bronzino, Caravaggio, Antoon Van Dyck, Francesco Hayez e Giorgio Morandi.
La mostra "Dai Medici ai Rothschild. Mecenati, collezioni, filantropi" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano è un viaggio nella storia dell'arte, del collezionismo, della cultura, dell'economia che consentirà di avvinarci a grandi capolavori di pittura e scultura con un approccio inedito, affascinante e stimolante.
La mostra "Robert Capa. Nella storia" ospitata presso il Mudec Photo di Milano ripercorre l'intensa e avvincente carriera di uno dei più famosi fotoreporter internazionali attraverso oltre ottanta stampa originali che documentano i suoi più importanti reportage di viaggio e di guerra.
Nato nel 1913 a Budapest, Endre Ernő Friedmann - più tardi naturalizzato cittadino americano con il nome di Robert Capa - a soli 17 anni deve lasciare l'Ungheria per via delle sue simpatie socialiste. Approdato a Berlino nel 1931, inizia a collaborare con l'agenzia Dephot per la quale segue una conferenza di Trotsky a Copenaghen. Con l'avvento del Nazismo, Capa si sposta a Parigi, dove incontra Henri Cartier-Bresson, assieme al quale fonda nel 1947 l'agenzia Magnum Photos, e si lega sentimentalmente alla fotografa Gerda Tardo, con la quale si reca in Spagna a raccontare la guerra civile.
La morte di Gerda Taro sul fronte spagnolo sconvolge Robert Capa, che non abbandona tuttavia la sua professione. Negli anni della seconda guerra mondiale è, infatti, impegnato a documentare gli episodi salienti del conflitto, dalla conquista della Sicilia da parte degli alleati - celebre è lo scatto presente in mostra "Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai tedeschi” - allo sbarco in Normandia. Terminata la guerra, Robert Capa ne immortala le conseguenze, avventurandosi nell'Unione Sovietica assieme all'amico scrittore John Steinbeck.
Nel 1954 Robert Capa riceve dalla rivista Life l'incarico di documentare la fine del conflitto tra la Francia e i Viet Minh in Indocina. Il reportage ha un drammatico epilogo. Durante una missione sul Fiume Rosso, Capa calpesta una mina antiuomo e poco dopo muore. Nell'esposizione milanese si può ammirare uno dei suoi ultimissimi scatti, "Gruppo di soldati che attraversano un campo".
Organizzata in collaborazione con l'agenzia Magnum Photos, la mostra "Robert Capa. Nella storia" al Mudec Photo di Milano è un'occasione per ripercorrere la nascita del fotogiornalismo attraverso l'opera di uno dei suoi massimi e più sensibili interpreti e per ripercorrere i grandi conflitti della storia del Novecento e le conseguenze che questi hanno avuto sulla società civile.
La mostra "Bosch e un altro Rinascimento" presso Palazzo Reale a Milano guida il pubblico italiano alla scoperta di uno dei più enigmatici e affascinanti pittori della storia dell'arte occidentale e delle sue relazioni con i paesi dell'Europa meridionale, dove la sua opera venne particolarmente apprezzata, come testimonia la raccolta del re di Spagna Filippo II, oggi visibile al Museo del Prado di Madrid.
Nato verso la metà del Quattrocento nella località della regione del Brabante di 's-Hertogenbosch, da cui derivò il suo soprannome, Jeroen Anthoniszoon van Aken, in arte Hieronymus Bosch, si formò nella bottega paterna, stringendo forti legami con la comunità locale e iscrivendosi alla Confraternita di Nostra Signora, un'associazione religiosa dedita al culto della Vergine.
È proprio la devozione religiosa ispirata al rinnovamento spirituale della devotio moderna a rappresentare una delle principali fonti di ispirazione dell'arte di Bosch, assieme ai proverbi della tradizione popolare e ad alcuni testi letterari, come La nave dei folli di Sebastian Brandt e la Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nel complesso contesto europeo della fine del Quattrocento, segnato da inquietudini, slanci mistici ed eresie, Bosch rielaborò le proprie fonti in una maniera del tutto originale e ironica, dando vita a un mondo popolato di essere mostruosi e simbologie oscure, che rappresentano bassezze e vizi umani con una visionarietà che sembra preludere agli esiti del Surrealismo novecentesco.
La mostra di Bosch a Palazzo Reale consente di risalire al contesto di origine dell'arte di Bosch, per svelarne i significati reconditi e spiegarne il successo che da subito superò i confini locali, diventando una fonte inesauribile di ispirazione per gli artisti del Rinascimento spagnolo e italiano. Tracce dell'arte di Bosch si possono riscontrare nell'opera di artisti come Tiziano e El Greco, a testimonianza dell'universale forza espressiva della sua produzione.
La mostra "Bosch e un altro Rinascimento" presso Palazzo Reale a Milano ricostruisce la carriera del visionario artista sottolineando l'importanza della sua lezione sull'arte spagnola e italiana, all'interno di una versione alternativa del Rinascimento, in grado di farsi interprete delle paure e delle contraddizioni dell'autunno del Medioevo.
La mostra "Recycling Beauty" allestita presso la Fondazione Prada di Milano offre un'inedita e affascinante prospettiva sull'arte greca e romana, già oggetto dell'esibizione "Serial classic" con cui il museo aprì al pubblico nel 2015.
Curata dal celebre archeologo e storico dell'arte Salvatore Settis, la mostra guarda alle opere dell'arte antica non tanto come a testimonianze del passato, ma come a elementi in grado di influenzare il presente e il futuro. La retrospettiva è infatti dedicata al tema del riuso, di cui l'arte antica è stata protagonista, senza soluzione di continuità, dal Medioevo all'età neoclassica. Il processo attraverso il quale un frammento perde la sua funzione di testimonianza e di rovina per acquisire un senso all'interno di una nuova opera d'arte rivela le infinite possibilità creative del fare artistico e ci permette di riflettere sul dialogo che ogni epoca della storia culturale occidentale ha avuto con l'antico.
Grazie a un allestimento particolarmente scenografico e stimolante, i visitatori possono avere una visione ravvicinata delle opere esposte all'interno del Podium, dove sono predisposte curiose postazioni da ufficio, mentre hanno l'occasione di ammirare, presso le sale della Cisterna, la sorprendente riproduzione della colossale statua di Costantino del IV secolo d.C., esposta accanto ai frammenti della mano e del piede sinistro, abitualmente conservati nel cortile del Palazzo dei Conservatori a Roma.
Avvalendosi di preziosi prestiti concessi da più importanti musei del mondo, dal Musée du Louvre di Parigi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dai Musei Vaticani alla Galleria Borghese di Roma, fino alle Gallerie degli Uffizi di Firenze e al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la mostra “Recycling Beauty” presso la Fondazione Prada di Milano consente al pubblico di ammirare alcune delle più alte testimonianze dell'arte greco-romana e di riflettere sul tema del riuso, dell'integrazione, del cambiamento di valore e di senso, aspetti che rendono la storia della produzione artistica in costante evoluzione.
La mostra di Max Ernst presso Palazzo Reale a Milano costituisce la prima occasione per il pubblico italiano di poter visitare una retrospettiva monografica dedicata al grande artista tedesco, una delle figure più originali e poliedriche del Novecento.
Dopo essersi dedicato a studi di filosofia e psicologia, Max Ernst decise di dedicarsi all'arte, esponendo le sue prime opere nella nativa Colonia. Il suo percorso artistico è segnato dal contatto con le principali avanguardie storiche del Novecento. Dopo un'esperienza espressionista insieme a Macke, uno dei principali esponenti assieme a Kandinsky del movimento "Il cavaliere azzurro", si avvicinò al Dadaismo e successivamente, dopo il secondo soggiorno parigino, al Surrealismo di André Breton.
Influenzato dall'arte di De Chirico, Ernst recuperò da questi il tema dell'associazione improbabile e sorprendente di elementi inconsueti con lo scopo di far emergere implicazioni erotiche, magiche e dissacratorie, in sintonia con lo spiazzamento e il sovvertimento delle pensiero comune ricercato dai surrealisti.
Abilissimo pittore, Ernst fu anche un grande sperimentatore di tecniche; realizzò sculture, assemblaggi, collages, introdusse per primo il frottage e si dedicò anche al cinema collaborando con Dalì e Buñuel a L'âge d'or.
Grazie alla collaborazione di musei, fondazioni e collezione private di tutto il mondo, la mostra di Ernst a Palazzo Reale a Milano ripercorre l'intera carriera del geniale artista evidenziando la vastità e poliedricità della sua produzione; duecento opere tra dipinti, sculture. incisioni, libri, gioielli ci trasporteranno nel visionario mondo dell'artista tedesco svelandocene i segreti.
La mostra "Machu Picchu e gli imperi d'oro del Perù" presso il Mudec di Milano rappresenta l'imperdibile tappa italiana di un tour di esposizioni internazionali che guiderà il pubblico alla scoperta del paesaggio, della cultura, della produzione artistica del territorio andino.
Attraverso la sensazionale esposizione di oltre 200 manufatti, tra cui gioielli in oro e argento di stupefacente bellezza e indumenti tradizionali, potremo compiere un viaggio nel tempo per scoprire gli usi e i costumi delle popolazioni andine, tra cui spicca la grande civiltà inca, superlativamente rappresentata dal sito archeologico di Machu Picchu.
Gli straordinari oggetti esposti forniranno l'occasione per approfondire aspetti cruciali della cultura andina, dalle credenze religiose alla teorie cosmogoniche, dalla sapienza tecnico-artistica all'organizzazione sociale permettendoci di apprezzare la ricchezza delle civiltà precolombiane.
La mostra "Machu Picchi e gli imperi d'oro del Perù" al Mudec di Milano si pone in dialogo con le collezioni etnografiche ed extraeuropee del museo milanese per proporci un affascinante viaggio attraverso le Ande ricco di meraviglie e sorprese.
Dopo il grande successo delle tappe americane, la mostra "Keith Haring. Radiant Vision" ospitata all'Orangerie della Villa Reale di Monza porta in Italia l'inconfondibile pop art di uno dei più importanti artisti internazionali degli anni Ottanta del Novecento.
Artista poliedrico che ha saputo coniugare la street art con l'attività espositiva presso le più famose gallerie di New York, Keith Haring è universalmente noto per le sue opere popolate da figure colorate e immediatamente riconoscibili, come il Radiant Baby che ha ispirato il titolo dell'esposizione, attraverso le quali ha creato un'arte popolare, accessibile a tutti, fruibile anche al di fuori dei contesti museali.
Fortemente influenzata Pop art di Andy Warhol, la visione dell'arte di Keith Haring tiene assieme l'impegno civico e l'aspetto commerciale. Se da un lato nelle sue opere troviamo riferimenti ai temi d'attualità dell'epoca quali l'escalation nucleare, l’apartheid in Sud Africa fino all’AIDS, che lo coinvolse personalmente causandone la prematura morte a soli 31 anni, dall'altro il tema dell'arte accessibile e acquistabile da tutti portò alla nascita, nel 1986, del Pop Shop, un negozio dove chiunque poteva permettersi di acquistare oggetti di uso comune come spille, poster, magliette, poster, giocattoli per bambini creati dall'artista.
Grazie alla presenza di oltre cento opere di collezione privata, tra litografie, serigrafie, disegni e manifesti, la mostra di Keith Haring all'Orangerie della Villa Reale di Monza ripercorre la carriera dell'artista che più di tutti ha creduto nella capacità dell'arte di trasformare il mondo e di abbattere le barriere tra le persone.
La mostra di Richard Avedon a Palazzo Reale a Milano è un'imperdibile occasione di approfondimento dell'opera di uno dei maggiori fotografi americani del Novecento.
Avviato alla carriera di fotografo tramite l'incarico svolto per la Marina mercantile quando, assegnato alle autopsie e alle foto d'identità, inizia a scattare fotografie dei suoi compagni di camerata, Avedon raggiunge la notorietà grazie alla sua collaborazione con prestigiose riviste di moda - Harper's Bazaar, Vogue e Mademoiselle - e affermate maison quali Hugo Boss, Calvin Klein, Christian Dior.
La sua visione rivoluziona la fotografia di moda, ancora legata a un'estetica obsoleta, alla quale Avedon contrappone ambientazioni inedite e sorprendenti come quella del celebre scatto Diovima e gli elefanti al circo d’inverno. Abito Dior, 1955, nel quale emerge un approccio registico desunto dal suo modello di riferimento, il fotografo ungherese Martin Munkácsi, cui lo accumunano l'attività nel mondo della moda e la ricerca sul ritratto.
A partire dagli anni '50, infatti, Avedon si specializza nei ritratti di celebrità, tra le quali Marylin Monroe Eisenhower, Malcolm X, Ezra Pound, Beckett, Andy Warhol, realizzando immagini che colpiscono per la loro intensità e per la capacità di restituire il carattere intimo di ciascun personaggio.
Organizzata con collaborazione scientifica del Center for Creative Photography, University of Arizona, la mostra di Richard Avedon a Palazzo Reale a Milano espone le più iconiche fotografie di moda e oltre cento ritratti di star del cinema e della musica, artisti, scrittori e politici, che faranno emergere la portata innovativa e il grande talento artistico del fotografo americano.
La mostra di Maria Mulas a Palazzo Reale a Milano è un omaggio ai grandi protagonisti della cultura italiana degli anni settanta, ottanta, novanta del Novecento che hanno contribuito alla fama internazionale del nostro Paese.
Organizzata in collaborazione con l'Archivio Mulas, l'esposizione permette di conoscere l'arte di Maria Mulas, sorella del noto fotografo Ugo Mulas e assoluta protagonista della scena artistica milanese e italiana. Grazie alla frequentazione della Biennale di Venezia e delle principali mostre internazionali, Maria Mulas entra in contatto con le principali personalità del mondo culturale del proprio tempo che saprà ritrarre in una serie di scatti che rivelano la loro dimensione umana e privata. Designer, architetti, artisti, ma anche stilisti, registi, attori sono i soggetti di una sterminata carrellata di ritratti che arriva a contemplare anche celebri personalità internazionali come Keith Haring e Andy Warhol.
Fulcro dell'esposizione sono i fotoritratti dedicati alle personalità che con la loro creatività e genialità hanno creato il mito del Made in Italy, ancora oggi affermato nell'ambito della moda, dell'architettura dei design. Vediamo così affiancati i ritratti di artisti come Arnaldo Pomodoro, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Alberto Burri, designer come Enzo Mari, Alessandro Mendini, Achille Castiglioni, architetti come Gae Aulenti e Gio Ponti, cui si aggiungono letterati come Umberto Eco, Alberto Moravia e Roberto Calasso, attori come Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Sophia Loren, Virna Lisi e molti altri ancora.
La mostra di Maria Mulas a Milano offre l'opportunità di rivivere uno dei momenti più felici della cultura italiana attraverso gli immortali scatti in bianco e nero di una grande ma poco conosciuta fotografa, sensibile testimone e attiva protagonista della vitale stagione artistica milanese e italiana del secolo scorso.
La mostra “Oliviero Toscani. Professione fotografo” presso Palazzo Reale a Milano celebra il grande fotografo milanese, che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione con le sue memorabili campagne pubblicitarie, in occasione del suo ottantesimo compleanno.
L'esposizione milanese, la prima ampia rassegna dedicata al lavoro di Toscani, ne ripercorre l'intera carriera, dagli anni Sessanta fino ad oggi, presentando al pubblico tanto gli scatti divenuti iconici quanto le opere meno conosciute. Una carrellata di 800 immagini illustra come Toscani abbia stravolto il modo della comunicazione slegando le campagne pubblicitarie dall'esigenza di promuovere un prodotto o un brand e affidando ai manifesti la funzione di sensibilizzazione nei confronti dei temi della contemporaneità, dal contrasto al razzismo e all'omofobia all'opposizione alla guerra.
L'atteggiamento volutamente provocatorio di Toscani ha spesso generato critiche ma in esso risiede il potere comunicativo dei suoi scatti, in particolari di quelli realizzati durante la lunga collaborazione con l'azienda Benetton.
Accanto alle sue più note e discusse campagne pubblicitarie, la mostra espone i ritratti che Toscani ha dedicato ai maggiori protagonisti della cultura del Novecento, da Mick Jagger a Andy Warhol, da Carmelo Bene a Federico Fellini, così come gli esiti del progetto "Razza umana" con il quale Toscani ha girato le piazze di tutto il mondo per immortalare chiunque lo desiderasse dando vita a uno straordinario campionario di esseri umani, diversi per nazionalità, condizione sociale ed economica.
La mostra di Oliviero Toscani a Palazzo Reale a Milano è un'occasione imperdibile per ripercorrere la carriera di un fotografo che ha fatto della pubblicità un mezzo di riflessione sui grandi temi della contemporaneità, attraverso un suggestivo allestimento che rivestirà le pareti di Palazzo Reale di manifesti per evocare il potere comunicativo dei cartelloni pubblicitari.
Dopo il successo dell'esposizione ai Musei Capitolini di Roma, giunge a Milano, presso Gallerie d'Italia, la straordinaria mostra "I marmi Torlonia", una ricca selezione di oltre 90 opere della più prestigiosa raccolta privata di sculture antiche al mondo, finalmente visibile al grande pubblico.
Fondamentale per la storia dell'arte, dell'archeologia, degli scavi, del restauro e della museografia, la raccolta Torlonia è il frutto della passione collezionistica di Giovanni Raimondo Torlonia (1754-1829) e del figlio Alessandro (1800-1886) che condussero un'intensa attività di scavi nelle loro proprietà intorno a Roma e più tardi sulla via Appia e sulla via Latina, portando alla luce numerosi sarcofagi e sculture.
Le raccolte si arricchirono grazie all'acquisizione di due importanti collezioni formatesi nel Settecento: quella allestita dal cardinale Alessandro Albani in collaborazione con lo studioso tedesco Winckelmann, acquistata da Alessandro Torlonia nel 1866 assieme alla villa che la ospitava, e la raccolta di marmi di Bartolomeo Cavaceppi, conservata nello studio romano in via del Babbuino dello scultore coevo di Canova, comprata all'asta nel 1800 da Giovanni Torlonia. Ad impreziosire ulteriormente la collezione Torlonia giunsero infine le opere un tempo appartenute al marchese Vincenzo Giustiniani, appassionato di antichità e al contempo committente di Caravaggio.
Nella mostra milanese si potranno ammirare i più importanti capolavori di questa "collezione di collezioni", in una sorta di selettiva riedizione dello sconfinato Museo Torlonia allestito da Alessandro nel 1875 in un vasto stabile di via della Lungara. Magnifici ritratti come la Fanciulla, il Vecchio da Otricoli e la carrellata di effigi imperiali si affiancano a maestosi sarcofagi e colossali statue come il Dace prigioniero. Una statua di Ercole, composta da 112 frammenti antichi, rilavorati o moderni, provenienti da statue diverse, consentirà di conoscere le pratiche di restauro dell'antichità adoperate nel passato e di illustrare le prospettive del restauro contemporaneo.
La grande mostra "I marmi Torlonia" alle Gallerie d'Italia di Milano offre un'occasione imperdibile per ammirare straordinari capolavori della scultura antica nonché di ripercorrere una delle più complesse e affascinanti vicende collezionistiche del nostro Paese.
La mostra "Chagall. Una storia di due mondi" allestita presso il Mudec di Milano offre l'occasione per ammirare le opere di uno dei più apprezzati artisti del Novecento, il cui immaginario non smette ancora oggi di affascinare ed emozionare il pubblico.
Nata in collaborazione con il prestigioso Israel Museum di Gerusalemme, l'esposizione raccoglie disegni, olii, gouache, litografie, acqueforti e acquerelli nonché materiali documentari che consentono di ricostruire la lunga carriera e la travagliata biografia dell'artista nato nell'attuale Bielorussia che durante la sua vita attraversò guerre, lutti personali, rivoluzioni artistiche e politiche.
Grazie all'ampiezza e alla diversità delle opere esposte, sarà possibile ripercorrere gli aspetti che più hanno influenzato l'arte di Chagall, dai legami affettivi personali come l'inesauribile amore per la moglie Bella, prematuramente scomparsa nel 1944 o la nostalgia per il paese natale di Vitebsk, alle esperienze artistiche che nel contesto parigino lo vedono dialogare con le principali avanguardie storiche del Novecento. Sarà l'occasione per comprendere come Chagall sia riuscito a creare un linguaggio originale, poetico e autentico fondendo nella propria opera le tre culture con cui entrò il contatto: quella ebraica, delle sue origini, da cui trasse buona parte della sua iconografia e il lato mistico di certe opere; quella russa da cui recuperò la dimensione popolare delle sue immagini e quella occidentale, assorbita attraverso lo studio del maestri del passato come Rembrandt e il confronto con i protagonisti della comunità artistica di Montparnasse.
La mostra rende inoltre conto dalla vastità degli interessi di Chagall, il quale operò nell'ambito della pittura, della scultura, del mosaico, della scenografia, dell’incisione, tecnica in cui realizzò le celebri illustrazioni della Bibbia.
La mostra "Chagall. Una storia di due mondi" allestita presso il Mudec di Milano è una ricca retrospettiva monografica che consente di immergersi nel mondo fantastico, poetico ed emozionante di uno dei più grandi artisti del Novecento che ha saputo far confluire la sua vita in un linguaggio poetico universale, capace di parlare a tutti ieri come oggi.
La mostra "Henri Cartier-Bresson: Cina 1948-1949/1958" presso il Mudec di Milano propone al grande pubblico due dei più importanti lavori del grande fotoreporter francese, soprannominato "l'occhio del secolo", per essere stato uno dei più efficaci narratori per immagini del ventesimo secolo.
Organizzata in collaborazione con la Fondazione Cartier-Bresson, l'esposizione raccoglie oltre cento stampe originali del fotografo francese, che, messe in dialogo con documenti d'epoca quali riviste e lettere, raccontano due episodi salienti della storia cinese del Novecento: la caduta del Kuomintang seguita dall'affermazione del regime comunista (1948-1949) e l'attuazione da parte di Mao Zedong del piano economico e sociale noto come il "Grande balzo in avanti" (1958).
Attraverso il suo obiettivo Cartier-Bresson ha saputo cogliere con la veridicità e l'immediatezza tipiche della sua poetica del "momento decisivo" due episodi fondamentali della storia politica, economica, e culturale della Cina, rivelando all'Occidente quanto la propaganda di regime teneva nascosto, come la presenza costante delle milizie e lo sfruttamento della popolazione.
Realizzato per la rivista "Life" su commissione dell'agenzia Magnum Photos, fondata con la partecipazione dello stesso Cartier-Bresson, il primo reportage cinese segna l'affermazione di un nuovo stile di fotogiornalismo, attento non solo ai fatti e ai soggetti immortalati, ma anche agli aspetti formali e compositivi della fotografia. Grazie al suo lavoro innovativo, apprezzato a livello mondiale, Cartier-Bresson diventerà uno dei punti di riferimento del nuovo fotogiornalismo.
La mostra "Henri Cartier-Bresson; Cina 1948-1949/1958" al Mudec di Milano ci permetterà di ripercorrere due momenti fondamentali della storia cinese attraverso gli scatti iconici del grande fotorepoter francese, permettendoci di apprezzare la modernità e l'innovazione del suo stile che ne hanno fatto uno dei protagonisti assoluti della storia della fotografia e del fotogiornalismo internazionale.
La mostra di Sorolla a Milano porta finalmente in Italia, dopo il successo riscontrato alla National Gallery di Londra, le opere del grande artista spagnolo vissuto a cavallo tra Otto e Novecento.
Considerato il maggiore artista del proprio tempo, Sorolla è stato uno degli artisti di maggior successo della Belle Époque, particolarmente apprezzato per il suo talento di ritrattista e per gli straordinari effetti di luce dei suoi dipinti che rielaborano in maniera personale la lezione dell'Impressionismo appresa durante i soggiorni a Parigi.
Le opere presenti in mostra, provenienti da musei internazionali e dal Museo Sorolla di Madrid, consentono di ripercorrere l'intera carriera del pittore e la vastità della sua produzione che comprende paesaggi, marine, scene di vita di spiaggia e i celebri ritratti, spesso raffiguranti i familiari, in cui è evidente il debito di Sorolla verso i grandi maestri spagnoli Velázquez e Goya.
Non mancheranno gli altrettanto famosi quadri rappresentanti il folclore e i costumi della nativa Spagna, produzione che raggiungerà il suo apice nei pannelli realizzati tra il 1913 e il 1919 per le sale della Hispanic Society of America di New York, in cui illustrò scene caratteristiche delle diverse regioni della penisola iberica.
La mostra di Sorolla a Milano è un viaggio alla scoperta di un grande artista internazionale che ha saputo traghettare la lezione dei grandi maestri del passato verso la modernità e rielaborare la lezione impressionista in un linguaggio personale dai tagli compositivi audaci di gusto fotografico e dagli effetti di luce ineguagliabili.
La mostra "Ferdinando Scianna. Viaggio. Racconto. Memoria" presso Palazzo Reale a Milano ripercorre la carriera artistica di un grande maestro della fotografia italiana e internazionale in un percorso narrativo che si sviluppa attraverso gli svariati ambiti della sua produzione.
Nato a Bagheria nel 1943, Scianna si dedica alla fotografia sin da giovanissimo, documentando la cultura e le tradizioni della Sicilia. Tra gli incontri fondamentali della sua carriera quelli con il critico d'arte Cesare Brandi e con lo scrittore Leonardo Sciascia, assieme al quale dà vita alla pubblicazione Feste religiose in Sicilia. A seguito del successo del libro, Scianna si trasferisce a Milano, dove inizia a collaborare con l'Europeo come fotoreporter, attività che lo porterà a vivere e lavorare per dieci anni a Parigi. Qui la sua opera è particolarmente apprezzata da Cartier-Bresson, che caldeggia la sua candidatura all'agenzia Magnum nel 1982.
Ritornato in Italia, Scianna si avvicina alla Milano della moda, grazie al contatto con due giovani allora emergenti, Dolce e Gabbana. La fascinazione per il mondo della moda e il legame con la propria terra trovano un punto di incontro nel catalogo delle bellissime fotografie che immortalano la modella Marpessa negli scenari della Sicilia, un lavoro destinato a sovvertire i canoni della fotografia di moda.
Con oltre 200 fotografie, l'esposizione di Palazzo Reale ripercorre la poliedrica carriera di Ferdinando Scianna in un allestimento che evidenzia le principali tematiche della sua opera - la guerra, il viaggio, l'attualità, le tradizioni popolari - e documenta i suoi più importanti scatti e le sue più proficue collaborazioni, dalle fotografie dedicate alla Sicilia e alle feste religiose, ai lavori con Dolce e Gabbana e la modella Marpessa Hennink, fino ai ritratti dei suoi grandi amici e maestri come Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges e Leonardo Sciascia.
La mostra "Ferdinando Sciascia. Viaggio. Racconto. Memoria" a Palazzo Reale a Milano è un'occasione imperdibile per scoprire l'arte di un grande fotografo italiano che ha saputo tenere assieme il profondo amore per la sua terra e per la moda italiana con la vocazione di fotoreporter, diventando una delle figure più affascinanti della fotografia internazionale dei nostri tempi.
La mostra “Tiziano. L’immagine della donna nella Venezia del Cinquecento” a Palazzo Reale a Milano, organizzata in collaborazione con il prestigioso Kunsthistorisches Museum di Vienna, è un’occasione preziosa non solo per ammirare grandi capolavori del Rinascimento veneziano provenienti dalla ricca collezione viennese, ma anche per esplorare un tema di grande interesse socio-artistico, ossia la raffigurazione della donna nell’arte della Serenissima nel Cinquecento.
La potenza politico-economica di Venezia era al proprio apice nel Cinquecento, e tale splendore trovava riscontro anche nell’abbondante produzione artistica di altissima qualità che in quegli anni caratterizzava la città lagunare, grazie ad artisti del calibro di Giorgione, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tiziano e Tintoretto.
La bellezza e il calore propri della “pittura tonale” veneta si esprimevano non solo in dipinti devozionali, ma anche in complesse scene allegoriche e mitologiche, e soprattutto nei molti ritratti che gli artisti attivi a Venezia sapevano realizzare con maestria.
Protagoniste indiscusse della pittura, nonché della società veneziana del Cinquecento, furono le donne, rappresentate nelle molteplici sfaccettature e nei differenti ruoli che le caratterizzavano: a Venezia vi erano infatti colte nobildonne così come ricche consorti di mercanti, donne erudite e ottime interlocutrici che occupavano posti di riguardo nella società dell’epoca, uscendo gradualmente dalla sfera principalmente privata che erano state solite occupare nei secoli precedenti.
Accanto a loro, vi erano poi numerose cortigiane che contribuivano ulteriormente a rendere celebre la Serenissima. Città di commerci e di scambi socioeconomici per eccellenza, Venezia poteva infatti contare su un nutrito numero di cortigiane che si dividevano tra quelle “di lume” (cioè di basso rango) e quelle – invidiatissime – “oneste” (ossia di alto rango), colte e famose per i loro abiti raffinati così come per le amicizie influenti che sapevano assicurarsi.
La visita guidata alla mostra “Tiziano. L’immagine della donna nella Venezia del Cinquecento” intende farci esplorare la pittura tonale veneziana, caratterizzata da effetti cromatici e luministici, da tinte calde e giochi chiaro-scurali, così come da un’attenzione emotiva al soggetto e alle ambientazioni allusive, uno stile di pittura che nel Cinquecento divenne l’interprete perfetto per raccontare il complesso e variopinto mondo femminile che gremiva la Serenissima, descrivendone alla perfezione i sentimenti latenti, grazie anche alla resa di piccoli ma decisivi dettagli, dai ricchi tessuti ai preziosi gioielli fino alle famose chiome veneziane.
La mostra "Antonio Ligabue. L'uomo, l'artista" presso l'Orangerie della Villa Reale di Monza ripercorre l'intera carriera di uno dei più originali interpreti dell'arte europea del Novecento.
Nato a Zurigo nel 1899 da madre di origini bellunesi, a soli nove mesi Antonio Ligabue è affidato a un'altra famiglia. Le disagiate condizioni economiche della famiglia adottiva complicano l'infanzia e l'adolescenza di Ligabue, già rese difficoltose dalla malattia e dalla turbolenza di carattere. Nel 1919 una feroce lite con la madre adottiva gli costa l'espulsione dalla Svizzera, a seguito della quale giunge a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, luogo di origine del padre. Qui Ligabue alterna il lavoro di bracciante all'attività artistica, finché, grazie all'incoraggiamento dell'artista Renato Marino Mazzacurati, si dedica completamente alla pittura e alla scultura.
Avvalendosi di prestiti di prestigiose collezioni private, la mostra presso la Villa Reale di Monza ripercorre la carriera di Ligabue dagli anni venti fino alla morte, attraversando i dolorosi ma fecondissimi anni dei ricoveri presso l'ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia.
Attraverso 90 opere tra dipinti, incisioni e sculture in bronzo, l'esposizione illustra la passione di Ligabue per il mondo animale, che popola le sue coloratissime tele con tigri, volpi, leoni, leopardi e aquile in procinto di piombare sulla preda, e documenta la cospicua serie di autoritratti in cui i lineamenti del volto rivelano un'esistenza segnata dalla sofferenza e dal dolore, cui solo l'attività artistica ha recato sollievo.
Tra dipinti di grandi vitalità e dai colori sgargianti e originalissime sculture di animali in bronzo, la mostra di Antonio Ligabue alla Villa Reali di Monza restituisce un ritratto a tutto tondo dell'artista, evidenziando la sua natura di espressionista capace di trasfigurare un repertorio di immagini legate alla vita agreste padana e agli anni svizzeri in un immaginario visionario e di grande impatto emotivo.
Dove: Novara, Castello visconteo sforzesco
Quando: 30 ottobre 2021 - 18 aprile 2022
Orari Mostra: Martedì - domenica 10,00 – 19,00; lunedì chiuso
Aperture straordinarie: Lunedì 1 novembre, mercoledì 8 e domenica 26 dicembre, sabato 1, giovedì 6 e sabato 22 gennaio
Chiuso: venerdì 24, sabato 25 e venerdì 31 dicembre
La mostra "Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale", allestita presso il Castello di Novara, offre l'occasione per compiere un'incantevole immersione nelle atmosfere della laguna alla scoperta dei pittori che nel corso dell'Ottocento arricchirono l'immaginario figurativo della città, diffusosi nel Quattrocento con i teleri di Giovanni Bellini e Vittore Carpaccio e affermatosi a livello internazionale con il vedutismo settecentesco di Canaletto.
L'esposizione rispetta un andamento cronologico, accompagnato da sezione tematiche, attraverso il quale vengono seguite le vicende artistiche e biografiche di alcuni pittori, forse poco noti al grande pubblico, ma le cui opere hanno contribuito a mantenere inesausto il fascino di Venezia. Tra questi spiccano i nomi di Guglielmo Ciardi, Giacomo Favretto, Luigi Nono, Alessandro Milesi e Ettore Tito.
Se il grande paesaggista Guglielmo Ciardi è omaggiato con una sala monografica dove vengono esposte le sue splendide vedute della laguna, che ereditano la tradizione coloristica veneta e testimoniano il contatto del pittore con l'esperienza dei Macchiaioli, Luigi Nono è protagonista di una sezione dedicata a una delle sue opere più celebri, Refugium peccatorum, di cui sono eccezionalmente presentate le due versioni del 1881 e del 1883, accanto a studi e disegni.
Le sezioni tematiche della mostra documentano la fortuna iconografica di Venezia nei vari generi dell'arte dell'Ottocento, dalla pittura di storia, di cui fu grande protagonista in epoca romantica Francesco Hayez, al paesaggio che conosce in quel secolo il suo progressivo allontanamento dalla veduta settecentesca grazie a Giuseppe Canella e Ippolito Caffi, alle svariate scene di vita quotidiana, dove l'approccio aneddotico viene superato da uno sguardo più diretto sulla realtà.
La mostra "Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale" al Castello di Novara ci porta alla scoperta del rapporto dell'arte con una delle città più belle del mondo, evidenziando la vocazione internazionale di Venezia, che si trasformò da imperdibile tappa del settecentesco Grand Tour a centro di confronto tra artisti italiani e stranieri con la nascita, nel 1893, della Biennale d'arte, manifestazione che ancora oggi richiama visitatori da tutto il mondo.
A cent’anni dalla sua prima esposizione milanese, la mostra di Mario Sironi al Museo del Novecento di Milano rende omaggio al grande artista italiano, ripercorrendone la vita artistica e attraverso le varie fasi produttive.
Di origini sarde e influenzato dal senso artistico che caratterizza tutta la sua famiglia, Sironi si trasferisce in giovane età a Roma dove incontra Boccioni, Severini e Balla ed entra in contatto con l’arte divisionista.
Agli inizi del Novecento, la sua produzione artistica risente l'influenza dell’ormai grande amico Boccioni. Si avvicina così al Futurismo, dedicandosi allo studio del rapporto tra spazio-volume e del colore e una nuova sperimentazione tecnica.
Durante gli anni delle Guerra, che lo vedono arruolato nel Battaglione Volontari Ciclisti, arrivano i primi riconoscimenti pubblici e una nuova maturità pittorica grazie alla realizzazione dei paesaggi urbani, vedute cittadine in cui il rapporto con la città di Milano, e in particolar modo la sua periferia, è evidente.
Negli anni 20 si avvicina alla metafisica di Carrà e di de Chirico dandone un'interpretazione molto personale: i paesaggi rappresentati riflettono l’angoscia e il disagio esistenziale che lo accompagneranno per tutta la vita. Negli stessi anni si delinea la sua identità politica che lo vede avvicinarsi al fascismo, come dimostra l'incarico di illustratore e grafico del quotidiano “Il Popolo d’Italia”.
La svolta arriva negli anni Trenta con la grande decorazione murale, Sironi in questo modo vuole dare un senso etico e civile alla sua produzione artistica. La pittura murale viene vista come un modo sociale di pensare l’arte che porta all’educazione di massa. Non si tratta più di opere destinate a mostre o committenza privata ma opere indipendenti che invadono lo spazio pubblico. Realizzerà cosi un ciclo celebrativo per l’Aula Magna dell’Università di Roma e un grande mosaico per il Palazzo di Giustizia di Milano.
La carriera di Sironi è strettamente legata al destino del regime fascista; dopo aver rischiato di essere fucilato ed esser stato salvato da Gianni Rodari, verrà isolato da artisti italiani e critici proprio in ragione della sua passata militanza. La fine della guerra e il suicidio della figlia influenzano la sua produzione successiva, segnata da un ritorno a opere figurative di dimensioni ridotte.
La visita guidata dedicata alla mostra di Mario Sironi al Museo del Novecento di Milano ci permetterà di conoscere uno dei più grandi artisti del Novecento, attraverso le più importanti opere che hanno scandito tutta la sua produzione artistica in stretto rapporto con le vicissitudini storiche.
La mostra di Piet Mondrian al Mudec di Milano, la prima monografica dedicata al pittore olandese nel capoluogo lombardo, è un'occasione per approfondire il percorso artistico di una delle massime personalità del Novecento, seguendo la sua progressiva evoluzione da una pittura ancora realistica e figurativa all'astrattismo proprio della fase più nota della sua produzione, il Neoplasticismo.
Organizzata in collaborazione con il Kunstmuseum dell'Aia, l'esposizione si concentra in particolare sulla prima produzione di Mondrian caratterizzata da numerosi dipinti di paesaggio, memori tanto della tradizione paesaggistica olandese del Seicento quanto della più recente esperienza ottocentesca della Scuola dell'Aia, le cui scene contadine e i toni cangianti avevano già influenzato gli esiti di Vincent Van Gogh e Giovanni Segantini.
Attraverso un confronto con le opere dei principali esponenti della Scuola dell'Aia, la mostra allestita al Mudec individua le influenza esercitate dalla pittura olandese su Mondrian e al contempo evidenzia i caratteri personali della sua ricerca, che negli anni rivela una progressiva semplificazione degli elementi del paesaggio e una riduzione della tavolozza, fino all'approdo all'astrazione geometrica, come ben testimoniato dalla serie di dipinti dedicati agli alberi.
La mostra "Piet Mondrian e il paesaggio olandese" al Mudec di Milano è un'imperdibile occasione per poter finalmente ammirare in città le opere del grande artista olandese, seguendo le tappe della sua evoluzione artistica e immergendosi negli splendidi scenari del paesaggio olandese.
La mostra "Grand Tour. Sogno d'Italia da Venezia a Pompei", allestita presso la sede di Gallerie d'Italia di Piazza della Scala, intende raccontare un fenomeno culturale che interessò la nostra penisola dalla fine Seicento e la prima metà dell’Ottocento, facendone la meta prediletta dei viaggiatori europei, in particolar modo anglosassoni.
In quel frangente storico le città della nostra penisola apparvero ai membri dell'aristocrazia e a numerosi letterati e artisti dell'intera Europa un perfetto connubio di storia, arte e natura; in esse vi si potevano ammirare i monumenti dell'età antica e del Rinascimento nonché ammirare scorci paesaggistici di struggente bellezza. Fu così che l'Italia divenne la meta del cosiddetto Grand Tour, viaggio itinerante considerato occasione di formazione culturale ma al contempo segno distintivo di un'elevata classe sociale.
Grazie a una ricca esposizione di dipinti, sculture e oggetti, la mostra consentirà da un lato di ammirare alcune delle più suggestive rappresentazioni delle città italiane, ognuna apprezzata per le sue peculiarità - Venezia, per il paesaggio lagunare, Firenze per le testimonianze rinascimentale, Roma per il suo fascino di città ricca di antiche vestigia - dall'altro di conoscere alcuni dei più celebri viaggiatori del Grand tour, tra cui spiccano i nomi di Goethe e Stendhal.
Sarà l'occasione per comprendere come il fenomeno del Grand Tour, antenato del turismo culturale odierno, sia stato all'origine di specifici generi pittorici, come la veduta, nata dall'esigenza di Canaletto e dei suoi colleghi di dipingere straordinari "souvenirs" di Venezia per i viaggiatori europei, e il cosiddetto ritratto del Grand tour, in cui si specializzò Pompeo Batoni, che immortalava i committenti all'interno del paesaggio o in compagnia dei monumenti da loro visitati.
La mostra "Grand Tour. Sogno d'Italia da Venezia a Pompei" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala è un'imperdibile occasione per scoprire le origini del turismo culturale e del mito del Bel Paese attraverso l'opera dei più grandi artisti italiani ed europei vissuti tra il Seicento e l'Ottocento.
La mostra "Divisionismo. Due collezioni" presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano mette a confronto per la prima volta le due più ricche raccolte di opere del Divisionismo italiano, quella del museo milanese e quella della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona.
Grazie agli eccezionali prestiti del museo tortonese, che vanta una ricca selezione di opere di Giuseppe Pellizza da Volpedo e degli altri protagonisti della scena artistica italiana di fine Ottocento, sarà possibile ripercorrere le tappe di una fondamentale esperienza pittorica nazionale che ebbe proprio a Milano la sua prima esposizione pubblica in occasione della Triennale di Brera del 1891, dove fecero la loro apparizione, tra gli altri, i capolavori Le due madri di Giovanni Segantini e Maternità di Gaetano Previati.
L'esposizione fornirà l'occasione di ripercorrere le vicende artistiche dei protagonisti del Divisionismo italiano, da Pellizza da Volpedo a Morbelli, da Longoni a Segantini, da Nomellini a Previati, evidenziando le loro sperimentazioni tecniche basate su quei principi di scienza ottica che pochi anni prima erano stati alla base del puntinismo francese di Seurat e Signac. Ne emergerà un panorama variegato, segnato da molteplici tendenze; quadri di stampo naturalistico si affiancano a immagini influenzate dal Simbolismo internazionale, mentre la dimensione politica e impegnata che anima in particolare i primi quadri di Nomellini e Longoni lascia spazio, all'inizio del Novecento, rispettivamente a ricerche più intime e familiari e a interpretazioni panteistiche della natura.
Non mancheranno riferimenti all'importanza rivestita dal Divisionismo per gli artisti dell'esperienza futurista, come Giacomo Balla e Umberto Boccioni.
La mostra "Divisionismo. Due collezioni" alla Galleria d'Arte Moderna di Milano è un'imperdibile rassegna che omaggia una delle più importanti stagioni dell'arte italiana, attraverso una serie di confronti tra le opere milanesi e tortonesi di grande suggestione.
Dove: Milano, Palazzo Reale
Quando: 19 ottobre 2021 - 27 febbraio 2022
Orari Mostra: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Lunedì chiuso.
Orari festivi 1° nov 10:00 - 19:30; 7, 8, 26 dic 10 - 19.30; 24 e 31 dic 10 - 14:30; 25 dic 14:30 - 18:30; 1° gen 14:30 - 19:30; 6 gen 10-22.30
La mostra “Realismo Magico”, allestita a Palazzo Reale a Milano, è una grande opportunità per approfondire la conoscenza di un movimento artistico che negli anni ’20 e ’30 del Novecento prese piede non solo in Italia e in Europa, ma anche negli Stati Uniti.
Lasciatisi alle spalle la rivoluzionaria stagione delle Avanguardie, diversi artisti avvertirono il bisogno di tornare a una forma solida, a una rappresentazione salda e figurativa della realtà, rifiutando la frammentazione compositiva e cromatica che le Avanguardie avevano proposto con tanto vigore. Tale tendenza artistica viene spesso descritta come un desiderio di “ritorno all’ordine” e, sebbene con caratteristiche differenti, si sviluppò in diverse nazioni ponendo le basi per la nascita di nuovi linguaggi artistici.
All’interno di tale contesto di rinnovato recupero delle proporzioni, della prospettiva, di una volumetria e una plasticità antiche, questa mostra intende esplorare soprattutto quella corrente artistica che venne definita come “Realismo Magico”, ossia una pittura figurativa di grande realismo dove trionfa l’attenzione alla resa dettagliata delle cose, ma dove vengono inseriti tuttavia elementi stranianti che portano a disorientare l’osservatore e a fargli percepire una sensazione di realtà sospesa e distorta, in una descrizione pittorica forse solo parzialmente veritiera.
Organizzata a una distanza di oltre trent’anni dall’esposizione milanese dedicata alla pittura italiana degli inizi del Novecento, questa mostra intende allargare il campo di indagine includendo non solo pittori italiani attivi in quegli anni all’interno del filone realista, come Felice Casorati, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Achille Funi, Massimo Campigli e molti altri, ma anche artisti europei e statunitensi, sottolineando quindi l’ampiezza di respiro che ebbe la corrente del realismo magico, grazie anche all’inclusione in mostra di sculture, disegni e documenti.
La visita guidata alla mostra “Realismo Magico” a Milano è dunque un’occasione unica per scoprire la stagione artistica che seguì alle scoppiettanti Avanguardie di inizio Novecento, prima che il Secondo Conflitto Mondiale mettesse a dura prova il senso del fare artistico e determinasse la nascita di nuovi stili
La mostra "Disney. L'arte di raccontare storie" al Mudec di Milano trasporterà il pubblico nel fantastico mondo dell'animazione Disney che ha incantato e continua ad incantare bambini e adulti di ogni generazione. L'esposizione, a cura della The Walt Disney Animation Research Library, ripercorre la storia dello studio di animazione statunitense dalle sue origini, quando ancora si chiamava Disney Brothers Cartoon Studios, fino alla produzione delle ultime pellicole.
Dai primi cortometraggi di Micky Mouse ai lungometraggi dedicati ai personaggi della letteratura dell'infanzia da Biancaneve a Cenerentola da Pinocchio ad Alice nel paese delle meraviglie, per arrivare ai personaggi di nuova invenzione, la Disney ha cercato di adattare storie antiche e popolari allo spirito dei tempi, facendo del cinema di animazione non solo una forma di intrattenimento ma un mezzo di racconto e di interpretazione della realtà.
Se nel tempo l'attenzione alla contemporaneità è rimasta inalterata, molti e rapidi cambiamenti sono avvenuti nelle tecniche di realizzazione dei film di animazione, soprattutto con l'avvento del digitale. L'esposizione consentirà di scoprire il complesso sistema di realizzazione che si nasconde dietro un capolavoro Disney.
La mostra "Disney. L'arte di raccontare" al Mudec di Milano è un'occasione imperdibile per scoprire la storia di uno dei più visionari e appassionati registi del cinema di tutti i tempi e per calarsi nel fantastico mondo del cinema Disney per scoprirne i segreti, senza mai perdere l'effetto di magia.
La mostra “Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell'anima” presso Palazzo Reale a Milano ripercorre le più significative, interessanti e provocatorie rappresentazioni del corpo umano dell'arte contemporanea internazionale.
Grazie al contributo di musei, fondazioni, gallerie private e collezionisti è stato possibile raccogliere oltre cento opere tra disegni, dipinti, sculture, fotografie, installazioni e video che offrono al visitatore uno spunto di riflessione su come la percezione del corpo e i canoni estetici che ne determinano l'aspetto siano mutati negli ultimi decenni.
Attraverso l'ampio e stimolante percorso espositivo, analizzeremo l'evoluzione del corpo all'interno dell'espressione artistica dal corpo vero e reale protagonista della Body Art, testimoniata in mostra dalle fotografie delle performance di Gina Pane, al corpo simulato delle sculture dell'Iperrealismo, che ha nelle opere di Duane Hanson e Urs Lüthi gli esiti più stupefacenti. Ragioneremo sul tema del corpo assente di fronte a quelle installazioni e quelle opere che ne evocano la presenza attraverso reliquie, tracce o rivestimenti.
Osservare le opere esposte sarà un'occasione per interrogarci sul rapporto dell'uomo contemporaneo con il proprio corpo, relazione sempre più influenzata dalla seconda metà del Novecento dalla cultura dello spettacolo.
La mostra “Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell'anima” presso Palazzo Reale a Milano offre pertanto un'opportunità per avvicinarsi all'arte contemporanea nelle sue manifestazioni più stimolanti e coinvolgenti e per ripercorrere l'evoluzione della cultura mondiale degli ultimi decenni.
La mostra di Claude Monet a Palazzo Reale a Milano, organizzata in collaborazione con il Musée Marmottan di Parigi è un'imperdibile occasione di approfondimento sul più celebre maestro dell'Impressionismo e sulla ricerca pittorica, intesa a registrare i rapidi mutamenti atmosferici, che ha accompagnato la sua lunga carriera.
Cinquanta dipinti provenienti dal Musée Marmottan, istituzione che detiene la più vasta collezione di opere di Monet, vengono esposti nella cornice di Palazzo reale per illustrare l'evoluzione dello stile del pittore parigino attraverso le immagini delle località a lui più care, da Trouville ad Argenteuil, da Londra a Giverny, celebre cittadina della Normandia, situata sulla riva destra della Senna, dove Monet visse dal 1883 all'anno della sua morte, il 1926.
Tra dipinti presenti nell'esposizione figurano alcuni capolavori del maestro come Sulla spiaggia
di Trouville, Passeggiata ad Argenteuil, Rifessi sul Tamigi, Charing Cross, cui si affiancano alcune tele appartenenti alla suggestiva e famosa serie delle Ninfee, cui Monet si dedicò negli anni trascorsi a Giverny.
Campo di costante ricerca, i dipinti delle Ninfee testimoniamo l'attenzione crescente di Monet al tema della luce e dei suoi riflessi sull'acqua; dalla prime tele in cui è ancora visibile l'orizzonte e riconoscibile il contesto dello stagno di Giverny, il pittore francese giungerà a dipinti in cui si concentra esclusivamente sui colori delle foglie e dei fiori in un tripudio di luci e colori.
La mostra "Claude Monet. Opere dal Musée Marmottan Monet di Parigi" a Palazzo Reale a Milano propone al grande pubblico grandi capolavori dell'artista francese provenienti dalla massima raccolta di sue opere al mondo. Un'occasione per lasciarsi affascinare dalla pennellata di tocco, dalle luminose atmosfere e dagli splendidi paesaggi del grande Claude Monet.
La mostra "Tullio Pericoli. Frammenti" allestita presso gli appartamenti del principe di Palazzo Reale a Milano intende omaggiare uno dei più interessanti artisti italiani contemporanei attraverso una ricca e variegata selezione di oltre 150 opere che documentano la sua produzione dagli anni Settanta fino ad oggi.
Pittore e disegnatore, nel corso della sua lunga carriera Pericoli ha affiancato la collaborazione con prestigiosi quotidiani e riviste, come "Il Corriere della sera", "Linus" e "L'Espresso" con la propria attività artistica che lo ha portato ad esporre anche in Europa e negli Stati Uniti.
All'interno della mostra milanese sarà possibile ripercorrere le fasi salienti della sua carriera artistica spaziando tra i vari ambiti della sua poliedrica produzione. I delicati acquerelli, che dichiarano l'ispirazione all'opera di Klee, si accompagnano ai dipinti a olio dedicati al tema del paesaggio e alla splendida galleria di ritratti con cui Pericoli ha immortalato con grandissima capacità espressiva le più illustri personalità della cultura italiana ed europea del Novecento, da Oscar Wilde a Franz Kafka, da Samuel Beckett a Cesare Pavese.
Emergerà così il tratto inconfondibile di un artista che ha fatto del segno e del colore i propri mezzi espressivi, declinati in modi sempre diversi nelle singole opere, ma sempre in grado di combinare la dimensione descrittiva a quella più astratta ed evocativa, la cui convivenza rende le sue opere al contempo personalissime e universali.
La mostra di Tullio Pericoli a Palazzo Reale a Milano offre l'occasione di vedere raccolta in un'unica sede la vasta e affascinante produzione di uno dei massimi artisti italiani contemporanei, che ha saputo illustrare con rara sensibilità la storia del Novecento coniugando la dimensione personale e territoriale dei paesaggi, spesso ispirati alle colline delle native Marche, a quella internazionale dei suoi incisivi ritratti.
La mostra "Divine e Avanguardie" a Palazzo Reale a Milano offre un'imperdibile e affascinante panoramica sull'arte russa concentrandosi sul ruolo assunto dalle donne nella storia e nella cultura di questo Paese.
Attraverso un ricca selezione di opere di differenti tipologie artistiche, per la maggior parte esposte per la prima volta in Italia, la mostra indaga l'evoluzione sociale e culturale dello stato russo attraverso la figura femminile e la sua emancipazione. Le prime sezioni illustrano il ruolo della donna nella società attraverso immagini di sante, madonne, madri, impetratrici, intellettuali, lavoratrici, prodotti dai più importanti interpreti dell'arte russa a cavallo tra Ottocento e Novecento, tra cui spiccano i nomi di Il’ja Repin e Kazimir Malevich.
Nella seconda parte dell'esposizione ampio spazio è dedicato alle donne artiste, protagoniste delle grandi avanguardie del primo Novecento, come Natalia Goncharova, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster, le quali diedero un'interpretazione personale del Cubismo e del Futurismo, o la scultrice Vera Mukhina, esponente del realismo socialista.
Inserita all'interno del palinsesto "I talenti delle donne", la mostra "Divine e Avanguardie" a Palazzo Reale a Milano consente di ripercorrere le fasi più interessanti della storia russa tra Otto e Novecento attraverso un punto di vista originale che permette di evidenziare il ruolo cruciale della donna nella società, nella politica, nella cultura e nell'arte.
La mostra “Il corpo e l’anima. Sculture del Rinascimento in Italia da Donatello a Michelangelo”, allestita presso il Castello Sforzesco di Milano ed organizzata in collaborazione con il Musée du Louvre, intende accompagnarci alla scoperta dell’arte della scultura in una stagione storico-artistica fecondissima, in un arco di tempo che va dal 1460 al 1520 circa.
Accompagnati da grandi capolavori di maestri tra cui Donatello, Antonio Pollaiolo, Francesco di Giorgio Martini, Tullio Lombardo, Bambaia e Sansovino, la mostra intende indagare i principali temi di cui si fece interprete l’arte scultorea del Rinascimento, fino ad arrivare al massimo rappresentante dell’arte cinquecentesca, ossia Michelangelo Buonarroti.
In un periodo in rapida mutazione, come quello a cavallo tra Quattro e Cinquecento, molti artisti iniziarono a viaggiare per l’Italia per far fronte alle richieste di opere, generando così la diffusione di stili e creando scuole locali. Per questa ragione, l’attenzione della mostra non si concentra unicamente sulla scultura toscana, ma con un respiro più ampio prende in considerazione la produzione del Nord Italia, con approfondimenti anche su Bologna e Roma.
Come ben illustrato dalla mostra, è la figura umana la protagonista assoluta delle ricerche e delle creazioni degli scultori rinascimentali, che guardano alle antichità greco-romane per apprendere l’anatomia filtrata dalla grazia ideale, e che esplorano la capacità di rappresentare i movimenti del corpo in quanto specchio dei sentimenti più segreti, cercando nell’espressione e nella gestualità la strada maestra per un linguaggio scultoreo moderno, ispirato alla classicità ideale ma anche capace di pathos.
La visita guidata alla mostra “Il corpo e l’anima. Sculture del Rinascimento in Italia da Donatello a Michelangelo” presso il Castello Sforzesco di Milano è una grande occasione per osservare da vicino i cambiamenti e le innovazioni di gusto e stile che attraversarono l’Italia sul finire del Quattrocento, prendendo in analisi capolavori scultorei di carattere devozionale così come mitologico e ritrattistico, e mettendoli in dialogo con le altre arti, come la pittura, il disegno e gli oggetti d’arte, in una panoramica sfaccettata e affascinante.
La mostra di Enzo Mari allestita presso la Triennale di Milano rende omaggio agli oltre sessant'anni di carriera di uno dei più geniali interpreti e teorici del design in Italia.
Un percorso allestito in quattro sezioni ripercorre la poliedrica produzione di Enzo Mari, dai lavori di grafica agli oggetti di design grazie all'esposizione di oltre 250 opere del grande progettista che documentano la vastità dei suoi interessi, dall'arte al design, dall'architettura alla didattica fino alla filosofia.
Opere diventate iconiche come la serigrafia della Mela per la Serie della Natura o Timor, il calendario perpetuo che denuncia la logistica consumistica dell'usa e getta, sono esposti assieme a materiali d'archivio, originalmente presentati su tavoli costruiti su ispirazione delle regole di Proposta per un'autoproduzione, uno dei progetti più celebri di Enzo Mari.
Arricchisce l'esposizione una serie di opere e installazioni con cui artisti e progettisti italiani e internazionali hanno voluto omaggiare il designer italiano recentemente scomparso. Di particolare impatto scenografico è l'opera di Nanda Vigo, una colorata installazione al neon che riproduce gli animali e i pesci dei famosi puzzle in legno ideati da Enzo Mari per Danese.
La visita guidata alla mostra di Enzo Mari a Milano alla Triennale di Milano è una retrospettiva imperdibile per chiunque voglia approfondire la conoscenza del grande designer italiano attraverso un percorso ricco di materiali sorprendenti, stimolanti e originalissimi.
Le Signore dell'Arte è la mostra che Palazzo Reale dedica alle artiste del Seicento. Una celebrazione della creatività di donne che hanno saputo
indagare il loro tempo con uno sguardo attento e vivace, rivelando prospettive nuove, con capacità tecniche e pittoriche pari a quelle dei loro colleghi uomini.
Un’occasione unica per conoscere e apprezzare 150 opere di 34 artiste molto spesso dimenticate, che hanno pagato il prezzo di una società dove il pensiero critico maschile,
ha celato alle generazioni successive il loro straordinario talento e la loro indipendenza, in un’epoca dove la più alta aspirazione per una donna era diventare una brava moglie.
Un quadro completo e dettagliato, in cui la celebre Artemisia Gentileschi dialoga con altre colleghe più e meno note. Dotata di una forte personalità, apprese le basi nella bottega del padre Orazio, dove ebbe la possibilità di osservare il lavoro di grandi artisti come Caravaggio, di cui riprese gli accenti fortemente drammatici dei suoi modelli, la cui potenza è intrisa delle violenze che subì in prima persona.
Un'altra sezione della mostra sulle Signore dell'Arte è dedicata a Fede Galizia, anche lei figlia d’arte, che seppe coniugare un sapiente naturalismo pittorico alle tecniche più raffinate come l'incisione e la miniatura. Apprezzata come ritrattista dalla corte Imperiale di Rodolfo II e dall’aristocrazia milanese, morì prematuramente durante la peste del 1630, sparendo dalla letteratura critica dei secoli successivi.
La mostra prosegue indagando la personalità della bolognese Lavinia Fontana, che legata alla tradizione artistica del Tardo Rinascimento, entrò subito in contatto con artisti, committenti ed ecclesiastici. Descritta come pittrice e donna virtuosa, la sua produzione comprese paesaggi, soggetti naturalistici e religiosi, ma fu soprattutto la pratica del ritratto a farle raggiungere il successo con committenze illustri come quelle de Re di Persia e di Papa Paolo V.
La mostra si conclude con l'illustrazione della figura di Sofonisba Anguissola, che raggiunse in vita un grande successo, diventando una delle più famose artiste del tempo, frequentando la corte di Spagna.
La mostra Signore dell'Arte a Milano presenta uno sguardo nuovo e accattivante su una pittura tutta al femminile, dove talenti a lungo dimenticati, tornano a brillare in tutta la loro potenza.
Una straordinaria esperienza immersiva nelle opere, nei colori e nella vita di Frida Kahlo, la grande pittrice messicana che con il suo stile, originale, tormentato e vivace ha creato un'arte
iconica, in grado di comunicare con un'immediatezza e una violenza senza eguali.
La visita guidata alla mostra "Frida Kahlo, il caos dentro" a Milano, allestita negli spazi della Fabbrica del Vapore, mette in luce tutte le
principali tematiche della produzione di Frida e grazie al supporto di fotografie e riproduzioni fedeli delle principali opere, crea un legame profondo tra l'arte e la personalità della grande
artista, in un rapporto che oscilla continuamente tra biografia ed ispirazione, consentendo di entrare nell'animo più profondo e nei pensieri più intimi ed umani della pittrice.
In mostra sono ricostruiti integralmente tra ambienti della mitica Casa Azul, la casa messicana in cui Frida Kahlo ha vissuto e lavorato, in cui ha sofferto dopo il grave incidente in cui venne coinvolta e in cui ha amato il pittore muralista Diego Rivera, compagno importante di una vita che, pur tra alti e bassi, si riflette tutta sulla tela. La loro relazione ha prodotto un vivo e copioso carteggio di lettere d'amore, molte delle quali presenti in mostra che permettono di indagare il rapporto, morboso e intenso che li legò, nella quotidianità così come nell'arte.
Attraverso gli innumerevoli autoritratti di Frida Kahlo e le molte fotografie originali che la ritrattano, la mostra prosegue ragionando sul rapporto ambiguo e conflittuale tra la donna e il proprio corpo, martoriato, ferito, eppur sempre combattivo, un rapporto che costituisce una delle poetiche fondamentali dell'arte dell'artista, che unendo le proprie emozioni ai colori del folklore messicano ha trattato temi di vasta portata che spaziano dall'amore al dolore, dalla menomazione fisica, all'aborto, dalla fantasia alla morte.
La visita guidata alla mostra di Frida Kahlo a Milano si conclude con un'opera originale della pittrice, che si fa assunto e riassunto del percorso e con una sala multimediale che attraverso video ad altissima risoluzione, suoni ed effetti speciali regala un'ultima, emozionante immersione nel vivace e complesso mondo di Frida Kahlo.
La mostra "Robot. Dagli antichi automi alla robotica contemporanea" presso il Mudec di Milano intende proporre una riflessione su come lo stupefacente e rapido sviluppo che la tecnologia ha maturato negli ultimi decenni nel campo della robotica abbia fortemente influenzato la vita umana nei più svariati ambiti. Dall'industria dove i robot hanno progressivamente sostituito il lavoro umano, all'ingegneria biomedica dove la robotica è riuscita a creare protesi sempre più evolute fino ad ambiti quali la guerra, l'ambiente o persino le nostre relazioni personali, la tecnologica è entrata sempre più in contatto con le nostre vite stabilendo la convivenza tra uomo e robot come un dato di fatto.
In una ricostruzione storica e avvincente del rapporto tra uomo e tecnologia, la mostra mette in evidenza il fascino che il suo doppio tecnologico ha sempre esercitato sull'uomo fin dai tempi antichi. I primi congegni meccanici dell'antica Grecia così come le macchine di Leonardo e i suoi studi anatomici ci rivelano come l'uomo sia sempre stato attratto dall'idea di creare un proprio clone artificiale; una suggestione che ispirerà numerosi autori nel campo della letteratura, dell'arte e del cinema.
La mostra "Robot. Dagli antichi automi alla robotica contemporanea" al Mudec di Milano intende illustrare i grandi passi compiuti dalla tecnologia, evidenziando come l'aspirazione a creare automi simili all'uomo e dalle abilità sempre più diversificate abbia condizionato la vita dell'uomo alimentando la sua fantasia e ponendo al contempo importanti questioni sociali, etiche, filosofiche e psicologiche.
La mostra "Prima, donna. Margaret Bourke-White" a Palazzo Reale a Milano rende omaggio a una delle figure più importanti del fotogiornalismo, attraverso un'eccezionale selezione delle più sorprendenti immagini immortalate dalla fotografa statunitense.
Grazie ad oltre 100 fotografie provenienti dall'archivio newyorkese di Life, cui si accompagnano documenti, video e testi autobiografici, la rassegna ripercorre in undici sezioni tematiche l'articolata carriera e l'intensa biografia di una grande fotografa, ma innanzitutto di una grande donna. Attraverso la sua macchina fotografica e con i suoi reportage, Margaret Bourke-White ha saputo raccontare la storia mondiale del Novecento e offrire uno spaccato degli Stati Uniti.
I lavori dedicati al mondo dell'industria, le cronache della seconda guerra mondiale, i ritratti di personaggi del calibro di Stalin e Gandhi, il racconto dell'apartheid in Sud Africa e dei conflitti razziali in America testimoniano la capacità narrativa e al contempo visionaria di una fotografa davvero di avanguardia.
In un suggestivo susseguirsi di immagini dense, emozionanti divenute memorabili, la mostra di Margaret Bourke-White a Palazzo Reale a Milano è un'occasione imperdibile per scoprire la figura di una grande donna e di una grande fotoreporter che ha saputo raccontare come pochi altri la storia del Novecento.
Le mostre "Capolavori delle collezioni private" e "Il grande 900 italiano", allestite presso il Palazzo della Permanente di Milano, offrono l'occasione per ripercorrere in un'unica sede l'intera storia dell'arte italiana, dal Rinascimento fino al secolo scorso grazie a una suggestiva raccolta di pezzi provenienti da collezioni private.
Nella prima delle due esposizioni è possibile ammirare dipinti poco noti e difficilmente visibili al pubblico, firmati dai più grandi maestri dell'arte italiana dal Cinquecento al Settecento. Tra questi spiccano i nomi di Tintoretto, Guercino e Caravaggio, a cui è attribuita la Maddalena in pianto, trascrizione isolata di una figura presente nel celebre dipinto Morte della Vergine, oggi al Museo del Louvre di Parigi.
La seconda retrospettiva, dedicata al grande Novecento italiano consente di ripercorrere le più importanti esperienze artistiche sviluppatesi in Italia nel secolo scorso, dal Futurismo alla Metafisica, dall'Informale allo Spazialismo, attraverso le opere dei principali protagonisti di quelle stagioni artistiche, da Umberto Boccioni a Giacomo Balla, da Giorgio De Chirico a Lucio Fontana, da Piero Manzoni e Emilio Vedova.
Ospitate nello storico Palazzo della Permanente di Milano, progettato da Luca Beltrami, le mostre "Capolavori delle collezioni private" e "Il grande 900 italiano" si propongono come un'opportunità per vedere opere raramente visibile al pubblico e così conoscere la produzione meno nota dei maestri che hanno segnato la storia dell'arte italiana di tutti i tempi.
La mostra "Tiepolo. Venezia, Milano, l'Europa" alle Gallerie d'Italia di Milano omaggia il grande artista veneziano in occasione dei duecentocinquanta anni dalla morte, con la prima rassegna monografica allestita nel capoluogo lombardo.
Organizzata in collaborazione con le Gallerie dell'Accademia di Venezia, l'esposizione presenta settanta opere, che, in un dialogo serrato con la produzione degli artisti contemporanei quali i veneti Giovanni Battista Piazzetta e Sebastiano Ricci e il lombardo Paolo Pagani, consentono di ripercorrere l'intera carriera di Tiepolo, dalla formazione e la prima affermazione a Venezia, attraverso gli incarichi milanesi fino ai lavori eseguiti in Germania e in Spagna.
Dipinti, bozzetti e affreschi strappati permetteranno di seguire il susseguirsi dei prestigiosi incarichi ricevuti da Tiepolo e la contestuale evoluzione stilistica della sua pittura, dalla prima maniera "tenebrosa", debitrice di Piazzetta, alla produzione più tarda, segnata da un'ariosa luminosità e da una brillantezza dei colori frutto della riscoperta di Tintoretto.
Particolare importanza è riservata agli incarichi milanesi che impegnano Tiepolo tra il 1730 e 1740. La presenza in mostra del Martirio di San Vittore testimonia l'attività di Tiepolo nella Basilica di Sant'Ambrogio, mentre la realizzazione dello spettacolare soffitto della galleria degli intagli in Palazzo Clerici è documentata da uno straordinario bozzetto del Kimbell Art Museum di Fort Worth. Già dallo studio si percepisce la crescente abilità di Tiepolo di allestire grandiose composizioni come quella che impaginerà nella decorazione palazzo del principe vescovo Karl Philipp von Greiffenklau di Würzburg, anch'essa documentata a Milano da un eccezionale bozzetto.
Conclude l'esposizione una sezione dedicata agli ultimi anni della carriera di Tiepolo, da lui trascorsi in Spagna in compagnia del figlio Giandomenico, già suo collaboratore nell'importante cantiere di Villa Valmarana "Ai Nani" a Vicenza. Giunto a Madrid nel 1761, chiamato da Carlo III di Spagna, qui Tiepolo si spegnerà nel 1770.
Tra intensi quadri di soggetto sacro e grandiose composizioni di tema storico e mitologico la mostra “Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa” alle Gallerie d'Italia di Milano propone un affascinante viaggio nell'Europa del Settecento in compagnia di uno dei protagonisti assoluti dell'arte del tempo, che ha saputo traghettare la pittura dalla contrastata e drammatica stagione tardobarocca alla luminosa e leggera maniera del rococò.
La mostra "Unknown. Street Art Exhibition" al Teatro degli Arcimboldi a Milano propone un'ampia panoramica sulla Street Art e sui suoi più importanti interpreti, tra cui spicca il nome di Banksy, il provocatorio, irriverente e misterioso artista di Bristol, la cui opera ha ormai raggiunto fama internazionale grazie agli interventi disseminati in tutto il mondo, da Londra a Bristol, da New York a Betlemme, da Napoli a Venezia, documentati in mostra da una serie di foto d'autore.
Proponendo una serie di ipotesi sull'identità ancora ignota dell'artista britannico, la mostra si concentra su alcune immagini ormai diventate iconiche, da Girl with Balloon, la bimba a cui sfugge di mano il palloncino rosso a forma di cuore, simbolo della transitorietà dei sentimenti umani, a Rage – flower thrower, l’opera che raffigura un uomo che lancia un mazzo di fiori al posto di una granata. Le opere esposte consentono di conoscere il lavoro di un artista che, attraverso un approccio satirico e dissacrante, ci invita a riflettere seriamente sulle contraddizioni, i problemi etici, i fatti politici della contemporaneità.
Oltre a Banksy, la mostra rende omaggio ad altri importanti street artist italiani e internazionali: Blu, Delta 2, BenEine, 3D, Bordalo II, Kayone, Swoon, Faith 47, Serena Maisto.
Allestita presso il suggestivo contesto del Teatro Arcimboldi nel Quartiere Bicocca, in contemporanea alla Mostra immersiva di Monet, la mostra della Street Art a Milano permette di scoprire i protagonisti e le opere più interessanti di un'arte che, segnando il volto della realtà urbana, si è fatta interpreta acuta e provocatoria della contemporaneità.
La mostra "Claude Monet - The immersive experience" al Teatro Arcimboldi di Milano offre un'occasione imperdibile per immergersi a 360 gradi nell'arte colorata e luminosa del più noto esponente del gruppo impressionista.
La mostra immersiva consentirà di ammirare la proiezione dei più importanti dipinti eseguiti dal maestro, mentre suoni e musica ricreeranno l'atmosfera dei luoghi più suggestivi da lui immortalati, da Argenteuil, suggestivo borgo sulle rive della Senna, a Giverny, incantevole località della Normandia dove Monet trascorse gli ultimi anni della sua vita dipingendo la celebre serie delle Ninfee.
Mentre le immagini scorreranno in un tripudio di luci e colori, la nostra guida illustrerà la vicenda biografica e artistica di Monet facilitando la comprensione della sua poetica, ispirata al principio di registrazione del dato atmosferico, che sta alla base della pittura en plein air dell'Impressionismo e delle serie che Monet dedica negli anni a uno stesso soggetto, come la cattedrale di Rouen o i covoni. Sarà così possibile comprendere il ricorso a quelle pennellate brevi e vibranti che nel frattempo ci avvolgeranno sulle pareti delle sale espositive.
Dopo il successo internazionale riscosso in Corea, Belgio, Inghilterra e Spagna, la mostra immersiva di Monet giunge al Teatro Arcimboldi di Milano per offrire una suggestiva occasione di scoperta e approfondimento dell'arte del pittore impressionista attraverso un viaggio virtuale e sensoriale negli stupendi scenari dei suoi dipinti.
La mostra "Tutankhamon RealExperience" a Palazzo Reale a Milano propone un'esperienza emozionante e immersiva che conduce il visitatore in un viaggio nella storia del celebre faraone egizio attraverso la rievocazione dell'eccezionale scoperta della sua tomba, avvenuta nel 1922 a opera di Howard Carter.
La mostra si apre con una ricca sezione archeologica dove sono esposti importanti sarcofagi, corredi funerari ed altri oggetti originali provenienti da musei internazionali; si tratta di reperti di particolare valore, abitualmente non visibili al pubblico, che consentono di apprezzare la raffinatezza dell'arte egizia e soprattutto di comprendere la concezione dell'aldilà degli antichi Egizi e l'importanza da loro riservata al viaggio verso l'oltretomba. Vero capolavoro e fulcro della prima sezione è la statua del giovane Tutankhamon eccezionalmente prestata dal Museo August Kestner di Hannover.
Nella seconda sezione il visitatore è coinvolto in un'emozionante esperienza immersiva attraverso un suggestivo allestimento multimediale che, attraverso un ricco repertorio fotografico, racconta il viaggio verso le tenebre di Tutankhamon, il celebre "faraone fanciullo".
Grazie ai reperti originali di assoluto valore e al suo spettacolare allestimento immersivo, curato da alcuni dei più prestigiosi egittologi del mondo, la mostra "Tutankhamon RealExperience" a Palazzo Reale a Milano offre un'imperdibile occasione per avventurarsi nel mondo dell'Antico Egitto, della sua cultura e delle sue credenze, attraverso uno dei faraoni più celebri e rappresentativi di questa affascinante civiltà.
I nomi di Georges de La Tour e di Caravaggio appaiono spesso vicini: in entrambi il principio della luce è utilizzato come elemento unificante della composizione, i soggetti scelti sono umili e i corpi imperfetti. Già ad un primo sguardo infatti le loro personalità sono affini.
Georges de La Tour nacque nel 1593 a Vic-sur-Seille nella Lorena francofona. Non è certo se la sua formazione si svolse a Vic stessa, oppure nella bottega del maestro francese Jacques Bellange che lavorò a Nancy nei primi anni del Seicento. La Tour fu un osservatore raffinatissimo della natura e della vita quotidiana e, come testimoniano le opere giovanili, i suoi esordi sono da collocare a fianco dei protagonisti del naturalismo seicentesco. Determinante, per la sua educazione artistica, fu la scoperta della pittura caravaggesca che non si sa se avvenuta per un viaggio in Italia oppure se ammirando i lavori dei Caravaggisti olandesi di Utrecht.
Il pittore si distinse proprio per la sua grande capacità nel controllare le fonti di luce, per questa ragione è considerato uno dei più originali prosecutori della scuola caravaggesca.
Nelle opere a luce diurna, la resa attenta e precisa dei particolari rivela una componente naturalistica (Il baro, Museo del Louvre a Parigi). Nelle opere successive si avverte l’esigenza di una maggiore essenzialità e semplificazione di volumi messa in evidenza soprattutto nei notturni a lume di candela (Maddalena penitente, Museo del Louvre a Parigi) in cui le figure emergono dallo spazio in controluce. Nelle opere più tardive la sua indagine tende ormai alla geometrizzazione dello spazio e alla definizione di forme impeccabili verso una dimensione astratta e atemporale (San Sebastiano curato dalle pie donne, Staatliche Museen di Berlino).
La mostra di De La Tour a Palazzo Reale a Milano propone una serie di confronti e di riflessioni sulla pittura naturale e sulle sperimentazioni luministiche attraverso cinque sezioni incentrate su singoli soggetti iconografici e su temi come il viaggio dei pittori fra l’Italia e il Nord Europa.
Nell’ambito di "Milano e Leonardo", programma di iniziative volto a celebrare il quinto centenario della morte di Leonardo da Vinci (1519-2019) viene straordinariamente riaperta al pubblico la Sala delle Asse del Castello Sforzesco, la cui decorazione, con i suoi intrecci di rami, fronde, frutti e radici, rappresenta uno dei vertici della produzione pittorica del maestro toscano, assieme all'altro capolavoro da lui realizzato durante il primo soggiorno milanese, il Cenacolo nel refettorio di Santa Maria delle Grazie.
Grazie alla momentanea sospensione dei lavori di restauro dell'ambiente e della decorazione avviati nel 2006, la Sala delle Asse diventa il fulcro della mostra "Leonardo e la sala delle Asse tra Natura, Arte e Scienza" che prosegue nei vari spazi espositivi del Museo di Arte Antica del Castello Sforzesco. Nella Sala dei Ducali e nella Cappella Ducale una prestigiosa selezione di disegni originali di Leonardo è messa a confronto dal punto di vista tematico e stilistico con opere di altri artisti del Rinascimento, a ribadire la centralità dello studio della natura nella cultura figurativi di quegli anni, ben testimoniata dalla produzione di Albrecht Dürer.
Nella Sala delle Armi e nella Sala delle Colombine un suggestivo percorso multimediale restituisce al pubblico una mappatura dei luoghi di Leonardo a Milano e nel territorio, con un occhio di riguardo da un lato ai problemi architettonici, urbanistici, idraulici su cui concentrò i suoi studi elaborati nei fogli del Codice Atlantico, oggi a rotazione esposti alla Pinacoteca Ambrosiana, dall'altro ai monumenti in cui lasciò traccia del suo talento pittorico, da Santa Maria delle Grazie alla non più esistente chiesa di San Francesco Grande.
Ulteriori strumenti multimediali disposti nella Sala delle Asse permetteranno inoltre di apprezzare il progetto grafico e pittorico leonardesco, rivelando l'eccezionalità di quella decorazione che, realizzata attorno al 1498 per Lodovico il Moro, venne malauguratamente scialbata sotto la dominazione straniera fino alla riscoperta nel 1893 da parte da Luca Beltrami.
Arricchita da preziosi e suggestivi strumenti multimediali e da disegni originali di Leonardo, raramente visibili al pubblico, la mostra "Leonardo e la sala delle Asse tra Natura, Arte e Scienza" costituisce un'occasione unica per poter tornare ad ammirare uno dei più alti esiti della pittura di Leonardo, in grado di combinare al meglio, al pari del Cenacolo, il suo sperimentalismo tecnico e le sue ricerche nell'ambito della botanica, dell'ottica e della geologia.
La mostra "Canova. I volti ideali" alla Galleria d'Arte Moderna di Milano propone un interessante approfondimento su un aspetto particolare della produzione del maestro di Possagno coincidente con gli ultimi anni della sua illustre carriera di scultore.
Rimasto presto orfano del padre scalpellino, Antonio Canova crebbe e si formò con il nonno paterno Pasino, a sua volta scultore. Compiuto il proprio apprendistato a Venezia, nel 1779 si trasferì a Roma, dove poté visitare le più prestigiose collezioni di arte antica ed entrare in contatto con gli artisti che stavano dando allora vita all'arte neoclassica sulla base degli scritti del tedesco Johann Joachim Winckelmann.
In breve tempo la fama di Canova si sparse in tutta Italia e Europa procurandogli commissioni da ecclesiastici, re e imperatori, principi e capi di Stato. Proprio all'apice della sua carriera, a partire dagli anni dieci dell'Ottocento fino alla morte, occorsa a Venezia nel 1822, Canova si dedicò alla produzione di busti di soggetto femminile da lui stesso indicati come "teste ideali".
Ispirate ai ritratti eseguiti negli anni precedenti per la famiglia Bonaparte, tali opere consentirono a Canova di proseguire e approfondire il tema del bello ideale, declinato di volta in volta secondo soggetti di carattere letterario, allegorico, mitologico. Le "teste ideali" riscossero un successo immediato presso i collezioni dell'epoca e risultarono particolarmente gradite ai britannici che ne furono omaggiati in ringraziamento dell'aiuto offerto nel recupero delle opere d'arte trafugate con le spoliazioni napoleoniche.
A partire dalla Vestale, opera della collezione dell'Ottocento della Galleria d'Arte Moderna, la mostra "Canova. I volti ideali a Milano, propone un'esclusiva selezione di opere che permetterà di conoscere una fase affascinante e meno nota della produzione di Antonio Canova, ponendosi così a complemento della mostra "Canova e Thorvaldsen" alle Gallerie d'Italia di Milano.
La mostra "Divisionismo. La rivoluzione della luce" al Castello visconteo di Novara presenta un'importante selezione di dipinti, alcuni dei quali raramente visibili al pubblico, che documentano una delle più importanti esperienze artistiche della pittura italiana.
Un suggestivo percorso, che alterna sale di carattere tematico a sale monografiche, racconta la nascita di una tendenza artistica che a partire dalla fine dell'Ottocento mise a frutto le conoscenze scientifiche maturate nei decenni precedenti nel campo dell'ottica, giungendo ad effetti di luminosità fortemente innovativi.
All'interno dell'esperienza divisionista un ruolo primario fu ricoperto da Vittore Grubicy, gallerista d'arte già sostenitore dei pittori della Scapigliatura come Ranzoni e Cremona, e più tardi pittore a sua volta. Fu lui, in qualità di giornalista e critico d'arte a divulgare presso i pittori italiani le teorie di scienza ottica che poco prima avevano dato vita in Francia al Puntinismo.
La mostra prende le mosse proprio dalla figura di Grubicy e degli artisti sostenuti dalla sua galleria, quali Longoni, Segantini, Morbelli e Pellizza da Volpedo per illustrare gli sviluppi dell'esperienza divisionista, la cui prima apparizione ufficiale avvenne alla Triennale di Brera del 1891. Sale monografiche sono dedicate ai principali esponenti del Divisionismo, Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Gaetano Previati. Degli ultimi due si possono ammirare grandi quadri abitualmente non visibili al pubblico quali, rispettivamente, Sul fienile e Maternità.
Le settanta opere esposte, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, illustrano i diversi indirizzi presi a livello stilistico e tematico dagli interpreti del Divisionismo, capaci di reinterpretare in maniera originale e personale le tendenze del Simbolismo europeo e di documentare le trasformazioni economiche e sociali dello Stato italiano dando visita al cosiddetto Realismo sociale.
La mostra "Divisionismo. La rivoluzione della luce" a Novara racconta una pagina fondamentale dell'arte italiana, ponte tra la pittura dell'Ottocento e l'esperienza d'avanguardia di primo Novecento del Futurismo, i cui esponenti, Boccioni in primis, mossero i primi passi applicando proprio il principio della frammentazione del colore di origine divisionista.
La mostra "Tiziano e Caravaggio in Peterzano" alla Gamec di Bergamo porta il grande pubblico alla scoperta del pittore di origini bergamasche Simone Peterzano (1535 ca - 1599), allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio, attraverso un percorso di rilettura della pittura italiana a cavallo tra Cinque e Seicento.
Grazie ad eccezionali prestiti concessi da importanti musei nazionali e internazionali (Pinacoteca di Brera di Milano, Galleria Borghese di Roma, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Museo del Prado di Madrid, Metropolitan Museum of Art di New York), l'esposizione mette a confronto capolavori di Tiziano, Tintoretto, Veronese e Caravaggio con la produzione di Simone Peterzano per evidenziare la capacità del pittore bergamasco di coniugare il colorismo veneto appreso presso la bottega di Tiziano, di cui si firmava orgogliosamente alunno, e la tradizione naturalistica lombarda, di cui si fa erede e tramite verso Caravaggio dopo il trasferimento a Milano.
Allestita in nove sezioni, che alternano il racconto storico-biografico ad approfondimenti tematici, da cui emerge la predilezione di Peterzano per i soggetti profani e amorosi, la mostra "Tiziano e Caravaggio in Peterzano" alla Gamec di Bergamo ricostruisce il contesto artistico e culturale in cui operò Peterzano, facendo luce al contempo sugli anni giovanili di Caravaggio. Una mostra imperdibile su un maestro ingiustamente poco noto del Manierismo italiano, tramite tra il tardo Rinascimento veneto e la rivoluzione naturalistica di Caravaggio.
La mostra "L'esercito di terracotta e il primo imperatore della Cina" alla Fabbrica del Vapore a Milano propone al pubblico italiano la più completa esposizione mai dedicata allo straordinario complesso di statue del mausoleo del primo imperatore Qin a Xi'an, fortuitamente scoperto nel 1974 durante lo scavo di un pozzo. Un insieme di sculture composto da circa 8000 guerrieri, 18 carri di legno e 100 cavalli di terracotta, pensato per servire simbolicamente l'imperatore cinese nell'aldilà e perciò collocato nel luogo della sua sepoltura.
Attraverso oltre 300 riproduzioni contemporanee di statue, carri, armi, e altri oggetti rivenuti nella necropoli, tutte minuziosamente e dettagliatamente realizzate da artigiani cinesi residenti nella regione degli scavi, la mostra permetterà di compiere un viaggio nel tempo nella Cina di oltre 2000 anni fa per scoprirne la storia, al tempo dell'unificazione dei regni preesistenti sotto l'impero di Qin Shi Huangdi, e usi e costumi della vita quotidiana e militare.
Per coinvolgere il visitatore in un'esperienza immersiva, accanto ai pregevolissimi pezzi esposti sono state allestite videoproiezioni di grandi dimensioni e speciali zone interattive.
La mostra "L'esercito di terracotta e il primo imperatore della Cina" a Milano offre un'occasione imperdibile per compiere un viaggio nella storia e nella cultura dell'antico e glorioso impero cinese ammirando la più fedele riproduzione dell'Esercito di terracotta, uno dei capolavori assoluti dell'arte mondiale di tutti i tempi, dal 1987 inserito nel Patrimonio dell'umanità dell'Unesco.
La mostra "Canova e Thorvaldsen" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano mette a confronto i due più importanti interpreti della scultura neoclassica evidenziandone tratti in comune e differenze.
Giunto a Roma ventiduenne nel 1779 per completare la sua formazione artistica avviata a Venezia, Antonio Canova ebbe possibilità di studiare la statuaria antica e di frequentare la scuola di nudo dell'Accademia di Francia e dei Musei Capitoli. Nell'ambiente romano Canova approfondì le teorie del Neoclassicismo formulate dal tedesco Winckelmann, impostando la sua produzione scultorea verso il raggiungimento del bello ideale.
Autore di opere incentrate sul tema dell'azione e della lotta, come il gruppo di Ercole e Lica della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, Canova dovrà la sua fama soprattutto nelle opere di soggetto mitologico ispirate al principio della grazia, da intendersi come la capacità di tradurre nel marmo leggerezza e sensualità depurandole dai tratti più estremi della Natura. Gli esiti più alti della ricerca canoviana della grazia si ritrovano nelle numerose versioni di Amore e Psiche, nella figura di Ebe - di cui il gesso originale si conserva nella collezione dell'Ottocento della Gam di Miano - e nel celebre gruppo delle Tre Grazie.
Di tredici anni più giovane del maestro di Possagno, il danese Bertel Thorvaldsen giunge a Roma nel 1797. Da subito si distinse per opere ispirate alla statuaria antica come il Giasone, riferito al canone di Policleto delle proporzioni umane. Ammirato da intellettuali e collezionisti al pari di Canova, Thorvaldsen si differenziò dallo scultore veneto per uno stile più rigoroso, di grande purezza formale, privo della dolce sensualità addomestica del suo collega italiano.
Con importati prestiti provenienti dal Museo Ermitage di San Pietroburgo, la mostra "Canova e Thorvaldsen" alle Gallerie d'Italia di Milano offre un'occasione imperdibile per vedere a confronto alcune delle più importanti opere dei due grandi maestri del Neoclassicismo e di sottolineare il loro lascito nei confronti delle generazioni successive di scultori. La loro arte, in particolare quella di Canova, lascerà traccia nelle tendenze del Purismo e del Romanticismo, dove echi delle opere di Canova si ritroveranno persino nella pittura di Francesco Hayez.
Dopo l'esposizione "Impressionisti e Avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art" Milano torna a presentare al grande pubblico una delle più prestigiose raccolte americane di arte moderna europea con la mostra "La collezione Thannhauser del Guggenheim Museum" a Palazzo Reale.
Figlio del mercante d'arte Heinrich Thannauser, fondatore nel 1909 della prima galleria di famiglia, la Moderne Galerie di Monaco, Justin K. Thannhauser (1892–1976) affiancò il padre fin da giovane, contribuendo ad allestire una ricca e articolata programmazione di mostre che comprendeva impressionisti e postimpressionisti, futuristi italiani e artisti tedeschi contemporanei. Attenta ai protagonisti delle avanguardie, la Moderne Galerie promosse in particolare l'opera di Vasily Kandinsky, che tenne la prima esposizione del gruppo Il Cavaliere Azzurro proprio alla galleria Thannauser di Monaco, e Pablo Picasso, con cui Justin Thannhauser instaurò un rapporto di amicizia durato per tutta la vita.
Aperta una seconda galleria a Lucerna e una terza a Berlino, Justin K. Thannhauser si strafserì dapprima a Parigi e in seguito a New York. Qui, nel 1963 decise di donare al Guggenheim Museum una ricca selezione della propria collezione d'arte che si sarebbe ulteriormente arricchita con le successive donazioni (nel 1984 e 1991) di Hilde Thannhauser, la vedova di Justin.
Dopo aver fatto tappa al Guggenheim di Bilbao, la mostra "La collezione Thannhauser del Guggenheim di New York" giunge per la prima volta in Italia, a Palazzo Reale a Milano. Dipinti, sculture e opere grafiche di artisti impressionisti, postimpressionisti ed esponenti delle avanguardie storiche, tra cui Edgar Degas, Édouard Manet, Claude Monet, Paul Cézanne, Pablo Picasso e Vincent van Gogh, documentano l'acuta sensibilità e la lungimiranza di Justin Thannhauser proponendo al visitatore un esaltante percorso nell'arte europea tra Otto e Novecento.
Luigi Filippo Tibertelli nasce a Ferrara nel 1896, talento creativo e versatile, dimostra fin dalla fanciullezza un intelletto fuori dal comune e inclinazioni letterarie. Non frequenta scuole pubbliche o collegi, ma i suoi studi sono affidati ad alcuni precettori che ne curano l'educazione tra le mura domestiche. Così comincia, attorno al 1904, a disegnare sotto la guida del maestro Odoardo Domenichini.
Si iscrive quindi alla Facoltà di Lettere all'Università di Bologna e, fin dai primi scritti, insieme alla sorella maggiore Ernesta (anche lei brillante intellettuale) recupera, dall'avo Filippo Tibertelli de Pisis, la parte decaduta del cognome firmandosi "Filippo de Pisis".
Il suo lavoro è molto originale e non si può inserire all’interno di una corrente artistica precisa, De Pisis ha tratto ispirazione da più avanguardie, come il Cubismo e il Dadaismo, facendole proprie, per poi abbandonarle e diventare l’outsider che ancora oggi la critica gli riconosce di essere. Distante da stilemi e regole rigide, il suo segno sulla tela diventa unico, stenografico, a “zampa di mosca”, riconoscibile e inimitabile.
La mostra monografica dedicata al maestro al Museo del Novecento in collaborazione con l’Associazione per Filippo De Pisis, oltre a delineare le diverse fasi pittoriche dell’artista, descrive il percorso culturale e approfondisce le vicissitudini della vita di un uomo passionale, che amava la musica e la poesia, devoto agli amici, franco e diretto, ben distante dall’idea di semplice pittore decorativo come, a una prima lettura, può sembrare.
In occasione del centenario della nascita dell’artista, la mostra di Emilio Vedova a Palazzo Reale a Milano ripercorre le tappe della carriera del grande artista che seppe scuotere l’ambito dell’arte contemporanea italiana.
Nato a Venezia da una famiglia di artigiani-operai, Emilio Vedova divenne il compimento del desiderio segreto della nonna che, come scrisse l’artista, “aveva sempre covato in cuor suo che uno dei suoi nipoti potesse un giorno diventare un pittore...”. Iniziò dapprima con una serie di schizzi e disegni di interni ed esterni di chiese e edifici veneziani che ancora sanno suscitare un grande fascino, cui seguì l’esperienza che segnerà l’espressività della sua più tarda produzione artistica, ossia il conflitto bellico e l’esperienza tra le file della Resistenza.
Negli anni ’40 Vedova aderisce alla corrente d’avanguardia “Fronte Nuovo delle Arti", e si muove poi con determinazione verso l’astrattismo e la pittura gestuale, in sintonia con le sperimentazioni dell'action painting americana di Jackson Pollock. Inizia così ad esporre le proprie opere in contesti prestigiosi come la Biennale di Venezia e Documenta a Kassel, ricevendo numerosissimi premi internazionali.
Sono decenni febbrili, pieni di intuizioni artistiche che porteranno Emilio Vedova a realizzare opere poi divenute iconiche, come ad esempio i Plurimi - quadri non più ancorati a una parete ma installati nello spazio, la cui superficie pittorica è costituita da agglomerati di elementi, le Lacerazioni – caratterizzate da una vigorosa gestualità, e i Plurimi/Binari – dove su rotaie scorrono pannelli lacerati.
La mostra di Emilio Vedova a Milano intende rendere omaggio a un gigante dell’arte contemporanea, offrendo ai visitatori la possibilità di attraversare le sperimentazioni artistiche del Novecento anche come occasione unica di riflessione sul presente.
La mostra “Milano e gli anni ‘60” presso Palazzo Morando-Museo di Milano intende proseguire l’apprezzata tradizione di mostre dedicate alla storia del capoluogo lombardo; dopo l'esposizione "Milano. Storia di una rinascita" incentrata sugli anni della ricostruzione urbanistica e morale postbellica, quest’anno verrà trattato un periodo storico particolarmente significativo per la città di Milano: gli anni ’60.
Lasciata alle spalle la distruzione della guerra, negli anni ’60 Milano vive una scoppiettante stagione caratterizzata da un intenso sviluppo industriale oltre che urbanistico che la trasformeranno in una grande metropoli. La vita della città verrà infatti definitivamente trasformata con l’inaugurazione nel 1964 della Linea Rossa (M1) della metropolitana, e lo skyline urbano si modificherà con la costruzione di due grattacieli divenuti poi simboli della città: il cosiddetto Pirellone e la Torre Velasca (su progetto di Gio Ponti il primo, e dello Studio BBPR la seconda).
Il dinamismo edilizio rispecchia la vita esuberante cui si poteva partecipare nei locali in voga all’epoca, come il celeberrimo Santa Tecla che divenne punto di riferimento per la musica jazz ed il cabaret. Fu proprio al Santa Tecla che si esibirà ad esempio Giorgio Gaber, che negli anni ’60 scriverà canzoni che resteranno immortali, come Porta Romana (1963), seguita poi da altre canzoni milanesissime di cantanti come Adriano Celentano (Il ragazzo della Via Gluck, 1966), Enzo Jannaci (Faceva il palo, 1966) e Ornella Vanoni (Innamorati a Milano, 1965).
La città è ulteriormente elettrizzata dalla presenza di artisti come Lucio Fontana e Piero Manzoni, così come Dario Fo e Giorgio Strehler. Sono anni vivaci, che presto sfoceranno nelle contestazioni giovanili che porteranno alle occupazioni delle università milanesi, tra cui quella sorprendente della Cattolica nel novembre 1967.
La spensieratezza del capoluogo lombardo e la corsa verso un benessere sempre maggiore verranno bruscamente interrotte il 12 dicembre 1969, quando una bomba esplose nella sede di Piazza Fontana della Banca Nazionale dell’Agricoltura, generando un clima di grave tensione che caratterizzerà gli anni a seguire.
La mostra “Milano e gli anni ’60” a Palazzo Morando a Milano è quindi l’occasione per viaggiare negli anni di un decennio luminoso e cupo insieme, muovendosi alla scoperta (o ri-scoperta) di un passato recente ed ancora attuale.
La mostra di Raffaello a Milano, organizzata in occasione del cinquecentenario dalla morte del grande artista del Rinascimento è una mostra multimediale e immersiva che cala lo spettatore all'interno delle opere e dei luoghi del pittore urbinate.
Ospitata negli spazi della Permanente di Milano, la mostra di Raffaello a Milano fa parte di un ricco palinsesto italiano che celebra Raffaello a 500 anni dalla morte, insieme alla grande mostra di Raffaello a Roma alle Scuderie del Quirinale e le iniziative che ruotano attorno allo splendido Cartone di Raffaello alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano e allo Sposalizio della Vergine conservato alla Pinacoteca di Brera.
Le opere di Raffaello, proiettate in 5 stanze e a 360° attorno al visitatore, permettono di immergersi nella vita e nei capolavori del pittore, cogliendone quella grandezza - nascosta anche nei dettagli più minuti - che lo resero celebre e che ne determinarono la fortuna, fino agli anni trascorsi a Roma e alla morte prematura, avvenuta a soli 37 anni.
La mostra di Raffaello a Milano è un'occasione per un'esperienza sensoriale di gusto rinascimentale, nonché un omaggio ad uno dei più grandi pittori mai esistiti.
La mostra "Impressioni d'Oriente. Monet, Van Gogh, Gauguin, gli Italiani e il Giappone" al Mudec di Milano analizza l'influenza che la cultura figurativa giapponese esercitò sugli artisti europei a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, quando il Giappone pose fine al suo isolazionismo attraverso una serie di trattati che videro protagonisti dapprima gli Stati Uniti e a seguire Gran Bretagna, Russia e Francia. I nuovi accordi commerciali consentirono l'arrivo in Europa dei più disparati manufatti giapponesi, quali abiti, porcellane, ventagli e stampe, che grazie alle occasioni delle Esposizioni Universali destarono in immediato interesse presso artisti e collezionisti.
Tra i primi a subire quell'attrazione verso l'arte giapponese che nel 1873 il pittore Philippe Burty avrebbe definito Japonisme (Giapponismo) ci furono i principali esponenti della pittura francese di quegli anni, da Manet agli impressionisti Monet e Degas, dagli italiani De Nittis e Boldini ai postimpressionisti Toulouse-Lautrec, Gauguin e Van Gogh.
Se in primo momento il Giapponismo prese le forme di un gusto per la citazione, in dipinti di interni che mostrano le opere orientali allora collezionate, progressivamente introdusse nell'arte europea principi cardine dell'arte orientale quale la campitura piatta dei colori, la ricercata asimmetria delle composizioni, la tendenza alla bidimensionalità, la fluttuazione delle figure nello spazio. Tali elementi, riscontrabili nelle splendide stampe giapponesi, in particolare nelle opere di Hokusai, Hiroshige e Utamaro, allontaneranno l'arte europea dalla tradizionale visione impostata sul principio della prospettiva rinascimentale in favore di un forte decorativismo che raggiungerà i suoi vertici nelle opere di arte applicata dell'Art Nouveau e nelle sinuose forme degli esponenti del Simbolismo, da Klimt a Segantini.
In un percorso interdisciplinare che unisce studi di storia dell'arte, di storia della culura giapponese e storia del gusto, la mostra "Impressioni d'Oriente. Monet, Van Gogh, Gauguin, gli Italiani e il Giappone" al Mudec di Milano pone a confronto dipinti impressionisti e capolavori Ukiyo-e documentando una delle più fasi della pittura francese e uno dei più interessanti fenomeni di sincretismo culturale sviluppatosi in Europa.
La mostra di De Chirico a Palazzo Reale a Milano ripercorre le tappe salienti della produzione del pittore in un percorso che procede per stanze tematiche, dai primi segni dell’alfabeto metafisico alla cosiddetta Neometafisica: il visitatore incontra l’opera di De Chirico scoprendo in successione il mistero e la ricchezza di riferimenti della sua produzione.
De Chirico maturò uno stile complesso e originale che giunse al successo negli anni Dieci del Novecento, tra il 1912 e il 1913 comparvero nelle sue opere i primi manichini che divennero il tratto distintivo della sua produzione e che oggi sono vere e proprie icone della pittura del XX secolo.
Dopo la Prima guerra mondiale, alla quale partecipò in veste di volontario, l’attività di De Chirico si rinnovò spaziando tra numerosi soggetti pittorici e dedicandosi alla scultura di terracotta.
La mostra intende proporre al grande pubblico le opere più significative realizzate da questo grande artista che coprono l’arco temporale che va dal primo soggiorno a Parigi (1912) e dall’incontro con le avanguardie (Picasso, Apollinaire) fino al viaggio a New York del 1938 e alla Biennale del 1940.
Ad apertura del programma "Milano e Leonardo" con cui la città celebrerà a partire da maggio 2019 il quinto centenario della morte di Leonardo, Il Museo della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" a Milano organizza la mostra "Leonardo da Vinci Parade", un affascinante percorso tra arte e scienza che espone in una spettacolare parata le collezioni storiche del museo: i modelli leonardeschi realizzati negli anni Cinquanta sulla base dei disegni originali di Leonardo e un gruppo di affreschi di maestri lombardi del Cinquecento concessi in deposito dalla Pinacoteca di Brera nel 1952.
Allestita da un prestigioso comitato di studiosi grazie all’interpretazione dei manoscritti vinciani, la raccolta dei modelli leonardeschi è una collezione unica al mondo, dal grande valore divulgativo per la sua capacità di documentare l'ampiezza della ricerca tecnico-scientifica di Leonardo, nonché dall'elevato valore artistico e museologico dovuto alla precisione e alla perizia con cui i modelli vennero realizzati. Modelli di architetture, studi di ingegneria militare e di idraulica, macchine da lavoro o dedicate al tema del volo vengono esposti, molti dei quali in anteprima, a rivelare la convivenza, nella sperimentazione di Leonardo, tra ricerca di soluzioni pratiche e tensione verso modelli ideali, in un costante dialogo tra pensiero scientifico e umanistico.
La ricerca artistica di Leonardo è invece documentata dall'eredità da lui lasciata sulla cultura figurativa lombarda del primo Cinquecento. Affreschi provenienti da edifici oggi scomparsi come la chiesa di Santa Maria di Brera o di Santa Marta o da complessi tuttora esistenti come il monastero di Santa Maria Incoronata illustrano come i pittori attivi a Milano, su tutti Bernardino Luini, riuscirono a mettere a frutto la lezione di Leonardo nelle campagne decorative dei più importanti complessi monastici e conventuali del territorio.
Organizzata in collaborazione con la Pinacoteca di Brera, la mostra "Leonardo da Vinci Parade" al Museo di Scienza e tecnologia di Milano offre un'ampia panoramica dello stato dell'arte e della scienza della Milano rinascimentale: da un lato gli spettacolari modelli leonardeschi testimoniano il carattere di avanguardia delle ricerche del genio toscano, dall'altro i preziosi affreschi provenienti dai più importanti edifici religiosi di Milano rivelano quanto la sua eredità artistica abbia alimentato una delle stagioni pittoriche più alte dell'arte lombarda.
Allestita in collaborazione con la prestigiosa istituzione museale della Tate Britain di Londra, la mostra "I Preraffaelliti. Amore e Desiderio" presso Palazzo Reale a Milano illustra una delle più importanti esperienze artistiche della pittura europea della seconda metà dell'Ottocento. Nata nell'Inghilterra di età vittoriana, la confraternita dei Preraffaellisti deve il proprio nome alla volontà dei suoi esponenti di ispirarsi all'autenticità dell'arte precedente l'affermazione di Raffaello, resosi a loro giudizio colpevole di aver condotto l'arte sulla strada dell'idealizzazione e del conseguente accademismo.
Alla ricerca di un senso di autenticità e di adesione alla natura, i Preraffaelliti coltivarono un culto nostalgico verso il passato che li portò a prediligere episodi tratti dalla storia medievale, dal testo biblico e dalla letteratura, con un particolare interesse verso l'opera di Wiiliam Shakespeare, testimoniato in mostra dall'eccezionale prestito dell'Ofelia (1851-1852) di John Everett Millais. Il tema della fuga in un passato immaginario, espediente per criticare la volgarizzazione e la corruzione del gusto della moderna età capitalista, si concretizza in scene dai dettagli curatissimi, per lo più popolate da figure femminili raffinati ed eleganti contraltare dell'altrettanto sensuale ma più controverso e misterioso ideale femminile di Gustav Klimt.
Destinata a influenzare l'intero contesto europeo del Simbolismo, l'esperienza dei Prearaffaelliti avrà un forte impatto sull'arte italiana, grazie alla presenta dei pittori del gruppo alle esposizioni della Biennale di Venezia, a partire dalla prima edizione del 1895. In particolare l'immaginario e lo stile dei Preraffaelliti determinerà una svolta in chiave simbolista della ricerca di Giovanni Segantini, come visibile nell'Angelo della vita della Galleria d'Arte Moderna di Milano e nella produzione di Giuseppe Pellizza da Volpedo, che si ispirerà alle eleganti forme preraffaellite per la redazione di Fiumana della Pinacoteca di Brera.
Occasione eccezionale per poter ammirare alcuni capolavori della Tate Britain di Londra, la mostra "I Preraffaelliti e l'Italia" a Palazzo Reale a Milano illustra un movimento fondamentale dell'arte europea dell'Ottocento, che attraverso il recupero di tematiche care al Romanticismo, mise in evidenzia criticità e contraddizioni del pensiero positivista e della società capitalista. L'esposizione rappresenta anche un'imperdibile momento di analisi del panorama artistico italiano, significativamente influenzato, soprattutto nei protagonisti del Divisionismo, dalla sognante e raffinata pittura britannica.
La mostra di Roy Lichtenstein al Mudec di Milano porta all'attenzione del pubblico uno dei più importarti esponenti della Pop Art americana accanto a Andy Warhol, diventato celebre per il suo caratteristico e inconfondibile stile ispirato al retino tipografico.
Nato a New York nel 1923, Lichtenstein intraprende una lunga e approfondita formazione artistica che lo porta ad esordire in ambito espositivo all'inizio degli anni Cinquanta con opere ispirate alle avanguardie storiche del Cubismo e dell'Espressionismo. Avvicinatosi poco dopo all'espressionismo astratto di Pollock, a partire dagli anni Sessanta Lichenstein darà vita alla sua produzione più nota, che vede protagonisti le immagini tratte dal mondo dei fumetti e della pubblicità.
L'ingrandimento delle figure estrapolate dalla carta stampata, ottenuto attraverso la meticolosa riproduzione a mano e a olio dei punti del retino tipografico, si pone l'obiettivo di elevare ad "arte alta" la cultura visiva bassa e al contempo di favorire una mediazione tra gli strumenti di comunicazione contemporanea e lo spettatore.
Accanto alle più note opere derivate dai fumetti, Lichtenstein dà avvio ad alcune serie che attingono da un lato la storia dell’arte, dall’altro al tema dell’astrazione pittorica. Nel primo caso Lichenstein, forte dei suoi studi artistici, rielabora secondo il suo inconfondibile stile le opere dei più importanti esponenti delle avanguardie storiche, da Picasso a Matisse fino ai pittori del Surrealismo. Nel secondo caso, l'artista prende spunto da motivi naturali, come nei Paesaggi, o da un tema tradizionale dell'arte classica, come nei Fregi, per giungere all'astrazione pura o decorativa, rivelando così la pluralità di stimoli e la varietà di esiti della sua ricerca artistica.
Grazie ad importanti prestiti di collezioni museali private americane e europee, attraverso settanta Editions - multipli, la mostra di Roy Lichtenstein al Mudec di Milano, ripercorre l'intensa carriera dell'artista americano dai soggetti Pop degli anni Sessanta fino agli anni Novanta, sottolineandone i riferimenti alla grafica orientale dei grandi maestri della tradizione cinese e giapponese, che già a fine Ottocento aveva esercitato forte suggestione sui pittori europei, da Manet agli Impressionisti, da Van Gogh a Gauguin, come ben documenterà la mostra Sogni d'Oriente in programma al Mudec di Milano da ottobre 2019.
La mostra "Dall’argilla all’algoritmo" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano propone un'interessante riflessione sul rapporto che fin dall'antichità l'uomo ha intrattenuto con la tecnologia e sull'importanza che la tecnologia ha svolto nei secoli non solo nella vita quotidiana, con conseguenti ricadute sugli aspetti sociali, culturali ed economici dell'esistenza, ma anche e soprattutto nella produzione artistica.
Dalle tecniche di modellazione e cottura dei vasi, attraverso la fabbricazione e il trattamento dei pigmenti e dei loro leganti, fino ad arrivare all'applicazione delle moderne tecniche digitali, l'arte si è sempre avvalsa di competenze tecniche che sono servite agli artisti per esprimere concretamente le proprie emozioni, i propri pensieri, in una parola la propria visione del mondo.
Sulla base del presupposto della inscindibilità tra saperi tecnici e soggettività umana nel fare artistico, la mostra affianca a una selezione delle opere delle collezioni Intesa Sanpaolo alcuni prestigiosi prestiti del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli. Manufatti artistici di diversa tipologia e di epoche molto distanti tra loro sono oggetto di sorprendenti accostamenti volti a testimoniare come nei secoli l'uomo abbia cercato di raccontare la realtà attraverso gli strumenti della propria contemporaneità, spesso incentivando in prima persona lo sviluppo tecnologico.
Con opere che spaziano da vasi attici del V-IV secolo a.C. a dipinti di arte moderna e contemporanea di artisti quali Tintoretto, Luca Giordano, Umberto Boccioni, Giacomo Balla e Giorgio de Chirico, dai Concetti spaziali di Lucio Fontana agli interventi di l’arte povera di Mario Merz fino alla video-arte attuale, la mostra "Dall'argilla all'algoritmo" alle Gallerie d'Italia di Milano offre una densa enciclopedia dell'arte di tutti i tempi facendoci riflettere sul significato stesso della ricerca e della produzione artistica.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 13 marzo al 14 luglio 2019
Orari Mostra:
Lunedì: 14.30–19.30; Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; Giovedì e sabato: 9.30-22.30
In occasione dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci, Palazzo Reale a Milano ospita la mostra "Il meraviglioso mondo della natura", una sorprendente esposizione che illustra come la rappresentazione della natura in Lombardia sia cambiata grazie alle ricerche condotte dall'artista toscano e alle opere da lui eseguite durante i soggiorni milanesi.
Da sempre acuto osservatore e fine indagatore della fenomeni naturali, dei quali cercava di scoprire leggi e meccanismi, Leonardo ha mutato l'approccio dell'artista nei confronti della natura, da un lato facendo di specifici elementi o fenomeni naturali l'oggetto della sua ricerca tanto grafica quanto teorica, dall'altro avviando una riproduzione sempre più realistica del dato di natura accompagnata da una restituzione sempre più fedele della percezione visiva che porterà all'elaborazione della prospettiva aerea.
L'approccio proto-scientifico di Leonardo sarà alla base delle ricerche degli artisti lombardi del suo tempo, nella cui opera è possibile riscontrare una progressiva evoluzione del ruolo nell'arte della natura, che da semplice sfondo di quadri a soggetto sacro o mitologico diventerà essa stessa soggetto dei dipinti, come testimonia la nascita del Seicento dei generi pittorici della natura morta e del paesaggio.
Con importanti dipinti delle collezioni civiche milanesi tra cui i dipinti del Maestro di Palazzo Lonati Verri della Pinacoteca del Castello Sforzesco e prestigiosi prestiti, la mostra "Il meraviglioso mondo della natura" a Palazzo Reale a Milano, propone un suggestivo percorso tra arte e natura, impreziosito dallo spettacolare allestimento che vedrà dialogare le opere pittoriche con i reperti naturalistici provenienti dal Museo di Storia Naturale di Milano.
La mostra di Ingres a Milano mette in luce la proverbiale capacità ritrattistica dell’artista delle odalische, Realista e Manierista al tempo stesso, affascinante tanto per le sue esagerazioni espressive quanto per il suo gusto del vero. Le sue celebri figure femminili, la sua innata propensione al disegno, le sue opere di soggetto mitologico ben illustrano la modernità della sua produzione artistica, nel contesto culturale europeo tra il 1780 e il 1820, con una particolare attenzione al ruolo fondamentale che ebbe la città di Milano, uno dei centri più importanti dell’Europa Napoleonica.
Una rassegna completa della produzione di uno dei più grandi maestri dell’Ottocento europeo, ispiratore di artisti come Degas, Matisse e Picasso, viene presentata al grande pubblico del Palazzo Reale di Milano facendo emergere la portata rivoluzionaria dell'opera di questo grande artista del Neoclassicismo europeo.
Amante delle atmosfere esotiche, appassionato di musica e attento osservatore delle suggestioni classiche, a dispetto del "talento, avaro, crudele, collerico, sofferente, straordinario miscuglio di qualità in contrasto" (così lo definì Charles Baudelaire), Ingres rivela nella pittura una calma e una serenità che ne avvicina la produzione agli ideali Neoclassici di Winckelmann in cui la purezza della linea e la sobrietà del colore sposano una grande varietà di tematiche desunte da ispirazioni differenti, rendendo Ingres una figura estremamente poliedrica e interessante.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, influenzato dalla pittura di Raffaello e dai soggiorni a Roma e a Firenze dove ebbe modo di confrontarsi con i capolavori del Rinascimento Italiano e con la cultura della penisola, creò opere di estrema raffinatezza ed eleganza coniugando la morbidezza del tratto con le armonie cromatiche più dolci.
Dove: Galleria d'Arte Moderna di Milano
Quando: dal 14 marzo al 16 giugno 2019
Orari Mostra:
Lunedì: chiuso; martedì-domenica: 9.30-17.30
Nella ricorrenza del centenario della morte, la Galleria d'Arte Moderna di Milano dedica un'importante mostra monografica all'artista piemontese Angelo Morbelli, esponente di spicco del Divisionismo italiano accanto a Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati e Giovanni Segantini.
A partire dai capolavori provenienti dalla collezione dell'Ottocento della Galleria d'Arte Moderna, il museo propone un'occasione di approfondimento sulla figura del pittore originario di Alessandria attraverso due ambiti di ricerca, uno volto a illustrare la sua sperimentazione tecnica in direzione di una sempre più meticolosa applicazione del divisionismo, l'altro incentrato su alcune tematiche specifiche su cui Morbelli tornò a più riprese durante l'intero arco della sua carriera.
Ogni sala dell'esposizione documenterà i soggetti più ricorrenti all'interno della produzione del pittore piemontese. Dalla prima sezione dedicata a Milano, città d'adozione per Morbelli, rappresentata dai monumenti simbolo del Duomo e della Stazione Centrale, la mostra passa poi a documentare l'attenzione di Morbelli per i grandi temi della questione sociale. Si succedono così le opere dedicate agli ospiti del Pio Albergo Trivulzio, i dipinti che trattano del lavoro nelle risaie e le tele che affrontano la piaga della prostituzione minorile.
In un ricco percorso impreziosito dal confronto con opere di artisti contemporanei quali Medardo Rosso e Giuseppe Pellizza da Volpedo la mostra documenta l'evoluzione della pittura di Morbelli, il quale, partendo da soggetti propri del Realismo sociale affermatosi alla fine dell'Ottocento, giungerà nella maturità a risultati di chiara impronta simbolista grazie a un'approfondita ricerca sugli effetti della luce.
Grazie a prestiti di importanti istituzioni nazionali e internazionali quali la Galleria d'Arte Moderna di Torino, la Pinacoteca Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, la Galleria Galleria internazionale d’Arte Moderna – Ca’ Pesaro di Venezia, la mostra di Angelo Morbelli alla Galleria d'Arte Moderna di Milano evidenzia la totale dedizione del pittore di Alessandria alla ricerca artistica tra scrupolosa documentazione sui testi scientifici e spiccata sensibilità nell'interpretare temi centrali della contemporaneità come il lavoro, l'infanzia e la vecchiaia.
Organizzata in collaborazione con la Regione Siciliana, la mostra di Antonello da Messina a Palazzo Reale a Milano raccoglie una eccezionale selezione di capolavori del pittore siciliano che documentano la capacità dell'artista di coniugare le suggestioni fornite dal ricco contesto culturale mediterraneo con le influenze dell'arte fiamminga e la conoscenza dei più alti risultati del Rinascimento italiano.
Assai celebre presso i contemporanei, la figura di Antonello da Messina è tuttavia avvolta nel mistero per la scarsa presenza di informazioni biografiche certe. Nato attorno al 1430 nella località siciliana, Antonello svolse un importante tirocinio presso Colantonio a Napoli, città allora segnata da una grande vivacità artistica grazie al mecenatismo e alla sensibilità di Renato d'Angiò prima e di Alfonso d'Aragona poi. Qui entrò in contatto con l'arte fiamminga, allora apprezzata e collezionata in tutta Europa, dalla quale ereditò quell'abilità nella resa dei dettagli che mise a frutto soprattutto nei suoi splendidi ritratti.
Nel contempo, forse attraverso viaggi nell'Italia centrale, si documentò sulle ricerche dei maestri del Rinascimento toscano che lo portarono e dipingere figure dalla spiccata resa plastica, addolcite dall'abilissimo uso della luce appreso durante il soggiorno a Venezia del 1474 che lo aveva messo in contatto con artisti del calibro di Giovanni Bellini.
L'Ecce Homo, l'Annunciata, i ritratti virili sono i soggetti più ricorrenti di una produzione in cui Antonello da Messina ha coniugato uno stupefacente realismo descrittivo e una grande capacità di introspezione psicologica dei personaggi ritratti con uso virtuosistico della pittura a olio, di cui fu uno dei primi sperimentatori.
Grazie a eccezionali prestiti di prestigiosi musei nazionali e internazionali, la mostra di Antonello da Messina a Palazzo Reale a Milano è un'occasione unica per vedere affiancati i capolavori di uno degli artisti più importanti del Rinascimento europeo, al pari di Leonardo, e di ripercorrerne la vita e le opere in un viaggio attraverso l'arte e la cultura del Nord e del Sud Europa.
Dopo il grande successo della prima edizione, la mostra Real Bodies torna a Milano, con un nuovo percorso espositivo arricchito da tre sezioni tematiche aggiuntive, dedicate alla biomeccanica, all'anatomia comparata e agli studi di Leonardo Da Vinci.
Fulcro dell'esposizione è l'atlante umano tridimensionale: corpi e organi appositamente trattati per poter illustrare al meglio tutte le funzioni biologiche permettono di comprendere il funzionamento dei diversi apparati e sistemi: scheletrico, digerente, respiratorio, riproduttivo, nervoso, cardiocircolatorio e muscolare. Accanto agli organi umani saranno per la prima volta esposti organi del regno animale: un vero e proprio laboratorio di anatomia comparata che consentirà di cogliere analogie e differenze fra le strutture anatomiche umane e quelle animali, facendo luce sui processi evolutivi.
In un percorso che delinea le conquiste della scienza nell'ambito dell'anatomia da Leonardo fino ai nostri giorni, la mostra offrirà un'occasione di approfondimento sulla figura del genio toscano anticipando così le iniziative del programma "Milano e Leonardo" che nel 2019 celebrerà il quinto centenario della sua morte. Trenta reperti umani ispirati ai disegni di Leonardo riveleranno la incredibili conoscenze da lui acquisite attraverso la pratica dell'autopsia.
Volgendo poi alle frontiere della scienza moderna, la mostra permetterà al pubblico di comprendere i principi della meccanica che azionano il corpo umano, evidenziando come la conoscenza del comportamento delle strutture fisiologiche sia fondamentale per lo sviluppo della bioingegneria, oggi impegnata nella ricerca di soluzioni di avanguardia nell'elaborazione di protesi in grado di riprodurre i movimenti delle varie parti del corpo umano.
Con un percorso che combina tecniche di conservazione all'avanguardia con studi scenografici e artigianali, la mostra Real Bodies a Milano rappresenta un'esperienza unica per scoprire la funzionalità e la potenzialità del nostro corpo, e i progressi compiuti dalla scienza anatomica da Leonardo fino alle conquiste della ricerca scientifica contemporanea.
Organizzata presso il Museo di Storia Naturale di Milano, in collaborazione con la National Geographic Society e con la curatela scientifica di Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, la mostra "Capire il cambiamento climatico" a Milano offre al grande pubblico un'occasione di approfondimento e di riflessione su uno dei temi più urgenti e sentiti del mondo contemporaneo.
Attraverso quasi trecento scatti realizzati dai grandi fotografi della National Geographic, la mostra documenta le profonde trasformazioni che, a causa del riscaldamento globale, il pianeta Terra sta progressivamente subendo, con una significativa ricaduta sulla nostra vita di tutti i giorni, dal ritiro dei ghiacci perenni ai fenomeni atmosferici estremi, quali episodi di siccità, incendi forestali, ondate di calore, alluvioni.
Per sensibilizzare maggiormente i visitatori invitandoli a prendere coscienza dello stato di salute del pianeta Terra la mostra si avvale di un apparato di installazioni digitali e interattive, che renderanno l'esperienza di visita ancora più efficace e immersiva.
La mostra "Capire il cambiamento climatico" presso il Museo di Storia Naturale di Milano ci invita a riflettere sui dati messi a disposizione dagli scienziati e ad assumere un atteggiamento responsabile nei confronti del clima e dell'ambiente affinché l'impegno di tutti possa colmare le lacune delle finora insufficienti misure adottate dalla politica.
La mostra di Banksy al Mudec di Milano omaggia uno dei più celebri artisti della street art londinese la cui identità rimane ancora sconosciuta. Individuato da alcuni in un famoso musicista rock inglese, da altri in collettivo di artisti, da altri ancora in un ex studente della Bristol Cathedral Choir School, Banksy resta ancora un personaggio avvolto nel mistero, aspetto che contribuisce a definirne i tratti di un mito dei nostri tempi.
La mostra al Mudec di Milano illustra il percorso dell'artista dai suoi esordi da writer di strada a fenomeno mondiale di massa esponendo alcuni dei suoi lavori più caratteristici, nei quali emerge la sua lampante e amara provocazione nei confronti dell’establishment, del potere, del conformismo e del consumismo. Tematiche quali le incoerenze della società occidentale, la guerra, i media, l'omologazione, l'inquinamento, lo sfruttamento minorile, la brutalità della repressione poliziesca e il maltrattamento degli animali vengono veicolate attraverso un approccio satirico che vede protagonista figure ricorrenti come scimmie, topi, poliziotti, bambini, gatti e membri della famiglia reale britannica.
Argomenti impegnati e immagini spesso provocatorie vengono rese attraverso il linguaggio semplice dello stencil, che ideato per poter sfuggire in fretta dalla polizia, è diventato un tratto inconfondibile dell'arte di Banksy.
Dopo le rassegne dedicata a Keith Haring e Jean-Michel Basquiat con la mostra di Banksy al Mudec Milano torna a far conoscere al grande pubblico i protagonisti della street art, cercando di delineare i tratti di una personalità sfuggente ma profondamente radicata nelle realtà urbane di tutto il mondo, come rivelano i suoi interventi in Palestina e le sue incursioni nei musei di tutto il mondo, dal Louvre al MoMA di New York.
Una mostra che strapperà più di un sorriso ma che al contempo inviterà il pubblico a riflettere e a confrontarsi sui grandi temi della realtà contemporanea.
La mostra "Romanticismo" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano intende illustrare i molteplici aspetti del movimento letterario e artistico che nella prima metà dell'Ottocento segnò un radicale mutamento della sensibilità e dell'immaginario della cultura europea. Dai primi fermenti preromantici fino alle ultime manifestazioni del movimento, l'esposizione mette in luce il vivace dibattito culturale svoltosi tra Inghilterra, Francia, Germania e Impero austriaco negli anni tra il Congresso di Vienna e i moti rivoluzionari del 1848, con un occhio di riguardo al contributo fornito dall'Italia, dove il Romanticismo si affermò negli anni del Risorgimento, caricandosi così di forti valenze politiche e patriottiche.
Emblematico del rapporto tra cultura e politica tipico della civiltà romantica è il caso di Milano, dove nella prima metà dell'Ottocento si trovarono raccolti i più importanti esponenti del mondo artistico, letterario e musicale, da Ugo Foscolo ad Alessandro Manzoni, da Francesco Hayez a Giuseppe Verdi, tutti impegnati attraverso la propria opera a sostenere la causa nazionale.
Un'ampia selezione di opere provenienti da prestigiosi istituzioni nazionali e internazionali e da collezioni private vengono allestite in 12 sezioni tematiche per raccontare la progressiva affermazione di generi pittorici un tempo considerati "minori" quali il paesaggio, il ritratto, la pittura di genere, progressivamente equiparati per importanza alla pittura di storia e alla pittura sacra che nel frattempo subiscono un radicale rinnovamento. In ciascun ambito pittorico si assiste a sottolineatura dell'aspetto emotivo e soggettivo dell'artista; questa si manifesta in una maggiore spiritualità in ambito religioso, in una forte introspezione della ritrattistica e in una proiezione del sentimento nella natura in ambito paesaggistico.
A documentare simili mutamenti le opere dei più importanti protagonisti di questa nuova interpretazione dell'arte: i grandi maestri del Romanticismo europeo come il tedesco Friedrich, l'inglese Turner, il francese Corot sono posti a confronti con gli interpreti del Romancismo italiano, da Hayez ai fratelli Induno, dai paesaggisti e vedutisti lombardi quali Canella, Inganni, Migliara agli interpreti della Scuola di Posillipo.
A restituire la multidisciplinarietà del Romanticismo contribuiranno infine la presenza delle opere di tre dei più importanti interpreti della scultura italiana dell'epoca - Lorenzo Bartolini, Pietro Tenerani e Vincenzo Vela - e l'allestimento di alcuni costumi provenienti dalla Scala dei più famosi melodrammi ottocenteschi, ancora oggi rappresentati nei teatri lirici di tutto il mondo.ancora
Attraverso affascinanti ritratti, scenari naturalistici mozzafiato, grandiose narrazioni storiche, la mostra "Romanticismo" alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano ci riporta alle origini della moderna sensibilità occidentale documentando uno dei movimenti più importanti della cultura europea e uno dei momenti più importanti della storia politica nazionale.
La mostra "Paul Klee e il primitivismo" al Mudec di Milano intende offrire una nuova prospettiva dell'opera del pittore svizzero, considerato uno dei più originali interpreti della pittura del Novecento. Formatosi a Monaco con Franz Von Stuck, grande maestro del Simbolismo, nei primi anni del Novecento ebbe modo di visitare l'Italia e Parigi facendo così la conoscenza degli Impressionisti e della pittura moderna, da Leonardo a Rembrandt.
All'inizio degli anni dieci entrò in contatto con il gruppo del Cavaliere Azzurro di Kandinskij e, a seguire, con l'ambiente cubista di Parigi. Un successivo viaggio in Tunisia lo indurrà a fare del colore uno dei principi della sua arte. Da allora i suoi quadri si caratterizzeranno per un dialogo tra colore e segno grafico, in composizioni dove il reale viene tradotto in dato immaginario.
Il repertorio di immagini incantate e ricche di mistero di Klee, se da un lato sembra provenire dal mondo dell'infanzia, dall'altro affonda le proprie origini nel fenomeno del Primitivismo che attraversa la cultura europea tra fine Ottocento e inizio Novecento, influenzando l'opera di artisti quali Gauguin, Picasso, Carrà.
La mostra "Paul Klee e il primitivismo" al Mudec di Milano indaga questo specifico aspetto della produzione dell'artista svizzero ponendo a confronto una significativa selezione dei suoi dipinti, acquerelli e disegni con oggetti dell'antichità classica e manufatti della collezione etnografica del Mudec, in un percorso arricchito dalla presenza di riviste e documenti d’epoca legati alla formazione di Klee.
Il Museo del Novecento di Milano ospita la mostra “Corrente 1938” in occasione degli 80 anni dalla nascita della rivista Corrente di vita giovanile, fondata da Ernesto Treccani. L’esposizione è dedicata all’importante movimento culturale milanese che radunò gli artisti e gli intellettuali che dominarono la scena italiana del dopoguerra in tutti gli ambiti della cultura: dal cinema al teatro, dalla letteratura alle arti figurative. Tra i collaboratori si contano i registi Alberto Lattuada e Luigi Comencini, lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan, gli scrittori Carlo Emilio Gadda, Vasco Patrolini, Salvatore Quasimodo, Umberto Saba ed Elio Vittorini.
Questa rivista si proponeva come foglio autonomo rispetto alla linea dei Gruppi Universitari Fascisti e come punto di riferimento per la cultura antifascista degli anni Trenta. Nonostante la chiusura nel 1940 da parte della censura, il movimento di Corrente proseguì la sua attività diffondendosi in diverse città italiane.
A Milano, epicentro del movimento, un gruppo di scultori e di pittori espressero una nuova visione dell’arte che trovò la sua più netta definizione nel manifesto pubblicato nel 1940: l’arte doveva ristabilire il suo legame con la vita e la realtà, rifuggendo lo stupore e il mistero della pittura metafisica di De Chirico e del Surrealismo e ponendosi come strumento per interpretare le contraddizioni, le paure e le speranze di un’epoca che ha conosciuto grandi sofferenze.
Al Museo del Novecento, in questa occasione, le opere della collezione permanente vengono messe a confronto con importanti prestiti per raccontare l’impegno politico e la ricerca artistica di una delle vicende culturali più importanti della Milano del Novecento. Vengono proposte anche un ciclo di conferenze in diverse sedi espositive che coinvolgono il Castello Sforzesco, la Casa museo Boschi di Stefano e la Biblioteca Sormani.
La mostra "Margherita Sarfatti" al Museo del Novecento di Milano intende far conoscere al grande pubblico una grande protagonista della cultura italiana della prima metà del Novecento. Nata a Venezia nel 1880 nella ricca famiglia ebraica Grassini, Margherita Sarfatti ricevette un'ottima istruzione alimentata dalle lezioni private di illustri insegnanti e dagli incontri con grandi letterati del tempo, amici del padre, come Gabriele D'Annunzio e i fratelli Fogazzaro.
Sposato nel 1898 l'avvocato Cesare Sarfatti, del quale assunse il cognome, seguendo l'orientamento politico del marito, Margherita Sarfatti aderì al Partito socialista giungendo più tardi a collaborare con l'organo di stampa del partito, l'Avanti!, e ponendosi al fianco di Anna Kuliscioff nella battaglia per l'emancipazione femminile. Fu in quel contesto che conobbe Benito Mussolini, al quale per molti anni fu legata da un lungo e forte sentimento, destinato più tardi a oscurare il suo ruolo di mecenate e di critica d'arte.
A partire dagli anni Venti la sua casa milanese in corso Venezia divenne luogo di ritrovo e confronto dei maggiori artisti e intellettuali dell'epoca, tra cui gli esponenti del movimento futurista e gli scultori Medardo Rosso e Arturo Martini. La sua capacità di catalizzare le ricerche artistiche votate al ritorno all'ordine e alla figurazione la portò a fondare nel 1922 il gruppo Novecento a cui aderirono gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi. Il gruppo espose per la prima volta nel 1923 alla Galleria Pesaro per poi ribadire l'unità della propria ricerca nella grande mostra alla Permanente del 1926, a cui parteciparono tutti i principali interpreti dell'arte italiana tra le due guerre, tra cui Gino Severini, Fortunato Depero, Carlo Carrà e Giorgio De Chirico.
Organizzata in collaborazione con il Mart di Rovereto, che ne conserva l'archivio, la mostra "Margherita Sarfatti" al Museo del Novecento a Milano racconta la mille sfaccettature di una donna dalla personalità complessa e affascinante che con la sua attività di giornalista e di critica d'arte ha saputo farsi interprete di uno dei momenti culturali più importanti attraversati dall'Italia, contribuendo in massimo grado a dettare il gusto e lo stile del proprio tempo.
La mostra Inside Magritte mette in primo piano Il figlio dell’uomo (1964), probabilmente un autoritratto del pittore belga. L’ artista veste abiti conformisti e anonimi e porta una tipica bombetta, il suo volto però viene celato dalla mela. Ed è proprio così che Magritte sottolineava la contraddizione intrinseca del suo essere: uomo all’apparenza omologato, uguale a chiunque altro, era in realtà una persona stravagante, amante dell’umorismo, irriverente e visionario.
"Ebbene, qui abbiamo qualcosa di apparentemente visibile poiché la mela nasconde ciò che è nascosto e visibile allo stesso tempo, ovvero il volto della persona. Questo processo avviene infinitamente. Ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un'altra; noi vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo. Proviamo interesse in quello che è nascosto e in ciò che il visibile non ci mostra. [...] un tipo di disputa, potrei dire, fra ciò che è nascosto e visibile e l'apparentemente visibile."
Proprio alla propensione dell’uomo alla ricerca di qualcosa che vada oltre l’ordinario, oltre il visibile, si ispira l’arte di Magritte, che desidera sconvolgere ma soprattutto portare lo spettatore ad una riflessione che vada oltre l’immagine, concetto che il pittore elabora a partire dall'incontro con l'arte di Giorgio de Chirico e perfettamente espresso dalla sua prima opera surrealista La Trahison des images (Ceci n'est pas une pipe).
La mostra Inside Magritte alla Fabbrica del Vapore di Milano promette di immergere lo spettatore in queste contraddizioni surrealiste che l’artista tanto amava rappresentare tra sogni, visioni, allusioni e sorprese.
N.B.: Non è possibile organizzare visite guidate alla mostra Inside Magritte per la natura stessa dell'esposizione, multimediale e immersiva.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 18 ottobre 2018 al 17 febbraio 2019
Orari Mostra:
Lunedì: 14.30–19.30; Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; Giovedì e sabato: 9.30-22.30
Con la mostra "Picasso Metamorfosi" il comune di Milano prosegue la collaborazione con il Museo di Picasso di Parigi inaugurata nel 2012 per la mostra di Picasso a Palazzo Reale. La nuova esposizione approfondisce il ruolo che il repertorio mitologico ha svolto nella produzione del grande artista spagnolo.
Artista innovatore per eccellenza della pittura del Novecento, capofila dell'avanguardia storica del cubismo, Picasso tenne sempre in grande considerazione l'arte antica, di cui poté approfondire la conoscenza grazie ai viaggi a Roma, Napoli, Pompei.Il rapporto con la classicità si manifestò tanto con un ritorno alla figuratività quanto nella frequente rappresentazione di figure mitologiche, con una predilezione per gli esseri ibridi come fauni, centauri e minotauri, simboli di una condizione di ambivalenza tra umanità e animalità, bene e male, vita e morte.
In tale immaginario il riferimento alla classicità si fonde ai temi della contemporaneità, come le violenze della guerra, o a suggestioni legate alle origini e al carattere dell'artista, dal mondo delle corrida all'erotismo.
Allestita in cinque sezioni, la mostra "Picasso Metamorfosi" a Palazzo Reale a Milano espone 350 opere tra i capolavori del Museo Picasso di Parigi, importanti pezzi d’antiquariato e opere ispirate ai canoni della bellezza classica, in un affascinante percorso che illustra il lavoro di rielaborazione dei dati della cultura antica e contemporanea svolta da Picasso, con una fantasia mai eguagliata.
La "mostra Capitani coraggiosi. L'avventura umana dello scoprire, dal Buco del piombo a Marte" al Mudec di Milano si propone di raccontare la propensione dell'uomo all'esplorazione focalizzandosi sulle grandi scoperte e conquiste del Novecento. Articolata in cinque sezioni di carattere tematico, l'esposizione trova la sua ideale collocazione negli spazi del Museo delle culture di Milano in quanto la collezione permanente del Mudec è frutto dell'esperienza di grandi viaggiatori dell'Ottocento come Antonio Raimondi, coinvolto nella mappature delle risorse del Perù e di Gaetano Osculati, scopritore delle fonti del fiume Napo in Amazzonia.
A partire dall'eredità dei secoli precedenti e con uno sguardo sulla contemporaneità, la mostra approfondisce gli ambiti in cui si è concentrata la ricerca scientifica. Tra questi, oggetto della prima sezione, la cartografia dove si assiste al progressivo affiancamento alle mappature per specialisti, come quelle prodotte dall'Istituto Geografico Militare, delle immagini rese accessibili a tutti dall'applicazione Google Earth.
La parte centrale della mostra si concentra poi sui temi dell'esplorazione dell'aria e del sottosuolo. La ricerca delle grandi altezze è documentata dai momenti topici della storia dell'alpinismo, come la la conquista italiana del K2, dallo sviluppo dell'aviazione, dagli studi pionieristici di Enrico Forlanini sui dirigibili alla produzione industriale di aerei della Caproni e dell'Aermacchi, e dalle prospettive delle missioni spaziali, particolarmente focalizzate su Marte.
L'esplorazione delle profondità viene narrata attraverso la storia della speleologia, con un occhio di riguardo all'esperienza di Milano, dove nel 1897 nasce il Gruppo Grotte Milano, di cui faceva parte tra gli altri Vittorio Bertarelli, fondatore del Touring Club Ciclistico.
L'esposizione si conclude con una serie di interviste a professionisti di diversi settori in un dialogo mirato a definire la "geografia del futuro".
La "mostra Capitani coraggiosi. L'avventura umana dello scoprire, dal Buco del piombo a Marte" al Mudec di Milano è un'affascinante immersione nella storia dell'esplorazione, tra scienza e fantasia, ma anche un viaggio nel futuro che tenta di tracciare le prossime strade della conoscenza.
Miracolo a Milano di Vittorio de Sica, Totò, Peppino e la... malafemmina di Camillo Mastrocinque. Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti sono solo i titoli più noti dei tanti film che hanno contribuito a fare di Milano un set cinematografico per eccellenza, facendo dei suoi monumenti principali, dal Duomo alla Stazione Centrale, lo scenario di irresistibili commedie e di film drammatici che hanno raccontato con grande sensibilità la storia sociale dell'Italia del secondo dopoguerra.
In realtà il rapporto di Milano col cinema affonda le sue radici agli albori della storia della settima arte, quando, prima del trasferimento a Roma a Cinecittà, Milano rappresentò il centro nevralgico delle produzioni cinematografiche in Italia. La mostra "Milano e il cinema" a Palazzo Morando a Milano racconta l'evoluzione del legame della città col cinema nel corso del Novecento, dalle prime produzioni e dai primi teatri di posa alla predilezione riservata da grandi maestri come Antonioni, De Sica, Visconti, Pasolini, dalla nascita del genere poliziesco allo sviluppo del cosiddetto cinema industriale.
Una ricca selezione di oggetti, cimeli, fotografie inedite, manifesti, locandine trasporterà il visitatore nelle atmosfere sognanti dell'arte cinematografica intrecciando pagine fondamentali della storia del cinema italiano e momenti chiave dell'evoluzione economica, sociale, culturale della città di Milano. Una testimonianza del forte legame esistente registi, attori, cinefili e spettatori e la città di Milano, legame negli ultimi tempi rinsaldato dall'apertura del Museo Interattivo del Cinema e della Biblioteca Morando Morandini sul naviglio della Martesana.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 27 giugno al 9 settembre 2018
Orari Mostra:
Lunedì: 14.30–19.30; Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; Giovedì e sabato: 9.30-22.30
La mostra di Alik Cavaliere a Palazzo Reale a Milano presenta un'importante selezione di opere che illustrano le diverse fasi e tematiche della produzione di uno dei protagonisti più originali ed eclettici dell'arte italiana del Novecento a vent'anni dalla sua scomparsa.
Alla ricerca di nuove forme di espressività, Alik Cavaliere ha saputo utilizzare in modo innovativo le tecniche della tradizione classica e dell’avanguardia dadaista reinterpretandole in chiave moderna. Sperimentatore di vocazione, Cavaliere ha realizzato le proprie opere con i materiali più tradizionali della scultura, come rame, bronzo, oro e argento, cui ha affiancato materiali più inconsueti come acciaio, ghisa, plastiche, stoffe, legni, carte, fotografie, porcellane, vetri, specchi e materiali di recupero.
Promossa dal Comune di Milano in collaborazione con l’Archivio Alik Cavaliere, la mostra di Palazzo Reale si sofferma sulla centralità che il tema della natura ha progressivamente assunto nella ricerca di Cavaliere. Opere aventi come soggetto alberi, cespugli, frutti, radici, rami, in una serie ispirata al De rerum natura di Lucrezio e al naturalismo filosofico di Tommaso Campanella svelano come Cavaliere abbia anticipato di decenni le problematiche di instabilità dell’universo e della natura che oggi percepiamo come fondamentali.
Allestita nella prestigiosa Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, la mostra offre numerose occasioni di approfondimenti in altre sedi espositive (il Giardinetto di Palazzo Reale, il Centro Cavaliere, a cui si affiancano i focus al Museo del Novecento, a Palazzo Litta, alle Gallerie d’Italia, al Conservatorio), in un percorso ampio e articolato che coinvolge l’intera città.
La mostra di Alik Cavaliere a Palazzo Reale a Milano è una rassegna imperdibile per gli amanti dell'arte contemporanea e della sperimentazione, nonché un'occasione di riflessione per tutti sulla capacità dell'arte di sensibilizzare il pubblico sulle tematiche che riguardano il presente e il futuro dell'umanità.
N. B. La visita guidata di Milanoguida è dedicata solo alla sede espositiva di Palazzo Reale.
Arriva a Milano la mostra di Harry Potter, il maghetto più famoso di tutti i tempi che, dopo aver registrato il tutto esaurito a Chicago, Boston, Seattle, Toronto, New York, Sydney, Singapore, Tokyo, Shanghai, Parigi, Bruxelles e Madrid, vi aspetta alla Fabbrica del Vapore! Tra costumi, oggetti di scena e giochi interattivi la kermesse di Milano promette di emozionare tutti i fan di Harry, Ron e Hermione...
La mostra di Harry Potter a Milano vi trasporterà nel mondo incantato di Hogwarts tra potenti streghe, maghi leggendari, cappelli parlanti, scope (e automobili) volanti, pozioni magiche, oscuri Horcrux e intricati incantesimi. Scoprirete finalmente a quale casa appartenete: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero o… Serpeverde?!
Oltre 1600 metri quadrati di mostra tra oggetti ispirati alla celeberrima saga, costumi originali (compreso il l’abito rigorosamente rosa confetto della terribile Dolores Umbridge!) e creature (tra le quali l’elfo domestico Dobby, la fedele fenice Fanny e un terribile Dissennatore) provenienti dai set degli otto film campioni d’incassi. La mostra di Harry Potter a Milano vi farà entrare negli uffici dei professori, nella Sala Comune dei Grifondoro, nell’aula di pozioni e in alcuni ambienti molto speciali: la Capanna del guardiacaccia Hagrid, il campo di Quidditch dove mettersi alla prova lanciando la pluffanegli anelli come un vero cacciatore, la serra di erbologia dove estrarre dalla terra una mandragola urlante, la spaventosa Foresta Proibita.
La visita alla mostra di Harry Potter a Milano sarà un viaggio unico per bambini, ragazzi e per tutti gli appassionati della saga che quest'anno festeggia il suo ventunesimo compleanno, un tuffo nell’universo creato dalla scrittrice J.K. Rowling; ovviamente con partenza dal binario 9 e ¾!
N.B.: Non è possibile organizzare visite guidate alla mostra di Harry Potter.
Nel centenario della fine del primo conflitto mondiale, Palazzo Morando, sede del Museo di Milano, ospita la mostra “Milano e la Prima Guerra Mondiale. Caporetto, la Vittoria, Wilson” organizzata per ricordare il grande contributo alla ripresa fornito dalla città e dai suoi abitanti in uno dei momenti più difficili della storia nazionale.
Documenti e materiali fotografici, buona parte dei quali esposti per la prima volta, tracciano un percorso espositivo che ripercorre gli anni della Grande Guerra, dalla rotta di Caporetto dell’ottobre 1917, attraverso la vittoria del 4 novembre 1918 fino alla visita del presidente americano Woodrow Wilson nel gennaio del 1919.
Fotografie di ospedali, di fabbriche e di scorci cittadini, restituiscono l'immagine di una Milano in piena espansione industriale, economica e demografica, in prima linea nel mettere a disposizione le proprie risorse in nuove forme di solidarietà e di assistenza verso i soldati dagli ospedali specializzati precursori della moderna ortopedia, ai luoghi di incontro come le Case del soldato, fino alle case per i feriti e per le loro famiglie.
Nella mostra “Milano e la Prima Guerra Mondiale. Caporetto, la Vittoria, Wilson” presso Palazzo Morando a Milano preziosi materiali provenienti da archivi e collezioni di enti pubblici e privati permettono di immergersi in una pagina fondamentale della storia cittadina e nazionale, in un racconto documentario che trova la sua ideale integrazione artistica, negli stessi mesi, nella mostra "La Grande Guerra. I racconti pittorici di Italico Brass" alla Galleria Gammanzoni di Milano.
Dopo la mostra "Da Raffaello a Schiele" con prestiti Szépművészeti Múzeum di Budapest e la mostra di Manet organizzata con il Musée d'Orsay di Parigi, Palazzo Reale di Milano prosegue la sua collaborazione con le più prestigiose istituzioni museali internazionali con la mostra "Capolavori dal Philadelphia Art Museum". Fondato nel 1876 in occasione dell'Esposizione Universale che celebrava il primo centenario della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, il Philadelphia Art Museum è uno dei più importanti musei americani con la sua raccolta di 225.000 opere d'arte che documentano duemila anni di storia orientale e occidentale.
All'esposizione organizzata presso la sede milanese sono presenti capolavori dell'Impressionismo e del Postimpressionismo e importanti testimonianze delle avanguardie storiche del Novecento, in un percorso in cui spiccano i nomi di Pierre-Auguste Renoir, Claude Monet, Paul Cézanne, Vincent Van Gogh, Henri Matisse, Pablo Picasso e Paul Klee.
La mostra "Capolavori dal Philadelphia Art Museum" a Palazzo Reale a Milano rappresenta pertanto un'occasione per ripercorrere le tappe salienti della storia dell'arte europea, attraverso gli artisti che tra Otto e Novecento rivoluzionarono il modo di concepire la pittura, e per raccontare la storia del collezionismo americano che ha contribuito alla fortuna critica dei più grandi pittori occidentali che ancora oggi riscuotono successo di pubblico in tutto il mondo.
La mostra "Arte come rivelazione" alle Gallerie d'Italia di Milano racconta la grande passione per l'arte dei fratelli Luigi e Peppino Agrati, noti esponenti della borghesia industriale lombarda che a partire dalla fine degli anni Sessanta hanno formato una ricchissima collezione in cui sono documentate le ricerche più originali dell'arte italiana e internazionale del secondo Novecento.
In particolare, la mostra evidenzia l'acume critico dei fratelli Agrati i quali, grazie ai rapporti personali instaurati con gli artisti e alla frequentazione dei più aggiornati spazi espositivi internazionali, si interessarono precocemente a quegli artisti e a quei movimenti che solo più tardi la critica avrebbe considerato momenti fondamentali della storia dell'arte del Novecento.
In un percorso che espone per la prima volta al pubblico una selezione di più di settanta opere della collezione Agrati, si viene così a delineare una vera e propria storia dell'arte contemporanea. La sezione dedicata alla produzione italiana vede emergere un grande nucleo di sculture di Fausto Melotti, cui fanno seguito i lavori di Lucio Fontana, Alberto Burri, e Piero Manzoni. Il percorso approfondisce poi la pittura di “nuova figurazione” italiana con opere, tra gli altri, di Jannis Kounellis e Mario Schifano, per giungere infine a documentare l'esperienza dell'Arte Povera con le ricerche di Giulio Paolini, Mario Merz e Luciano Fabro.
Per quanto riguarda l'arte americana la mostra illustra la varietà degli interessi dei fratelli Agrati affiancando i lavori dei principali esponenti sia della corrente Pop – tra cui spicca il Triple Elvis di Andy Warhol agli esiti delle tendenze minimaliste, rappresentate dal grande neon di Dan Flavin, e dell'arte concettuale.
In un allestimento di forte suggestione, dove dipinti, sculture e installazioni dialogano con gli eleganti interni del palazzo sede storica della Banca Commerciale d'Italia, la mostra "Arte come rivelazione" alle Gallerie d'Italia di Milano unisce il racconto della sconfinata passione per l'arte dei fratelli Agrati a una panoramica di grande valore sull'arte italiana e internazionale del secondo Novecento.
Con oltre 500 opere di più di 100 autori, la mostra “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” alla Fondazione Prada di Milano rappresenta la più ampia e approfondita manifestazione espositiva dedicata all'arte italia a cavallo tra le due guerre. Attraverso la presentazione di fotografie, pubblicazioni originali, lettere, e filmati d'epoca, la mostra racconta il contesto storico, politico, culturale nel quale sorsero i più importanti movimenti e gruppi artistici dell'epoca, dal Futurismo alla Metafisica, da Novecento italiano a Corrente, con un occhio di riguardo anche alla storia dell'architettura e del design.
Le opere dei più importanti esponenti dell'arte italiana del Novecento sono allestite in un percorso immersivo, dove la riproduzione in scala naturale delle fotografie degli ambienti espositivi privati e pubblici, quali studi d'artista, abitazioni di collezionisti o spazi delle rassegne nazionali e internazionali, consentirà al pubblico di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo e di entrare nella vita di relazione tra artisti, letterati, intellettuali e politici. Oltre a presentare la produzione di artisti del calibro di Giacomo Balla, Carlo Carrà, Fortunato Depero, Arturo Martini, Giorgio Morandi, Mario Sironi, Adolfo Wildt, la mostra offre, infatti, un'occasione di approfondimento su alcune figure chiave della cultura italiana del tempo, come Alberto Moravia, Luigi Pirandello, Margherita Sarfatti.
La mostra “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” alla Fondazione Prada di Milano permetterà di comprendere al meglio il ricco e complesso clima culturale dell'Italia a cavallo tra le guerre, nel suo problematico rapporto con il regima fascista, nonché di ammirare l'intervento di riqualificazione e di conversione a sede museale degli spazi di Fondazione Prada a opere di Rem Koolhaas.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 21 febbraio al 24 giugno 2018
Orari Mostra:
Lunedì: 14.30–19.30; Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; Giovedì e sabato: 9.30-22.30
Una grande mostra a Milano dedicata al genio di Albrecht Dürer, considerato a buona ragione il principale esponente dell'arte del Rinascimento in Germania: pittore, matematico, trattatista, incisore, studioso del mondo naturale, l'estro poliedrico di Dürer può facilmente essere associato a Leonardo da Vinci, suo contemporaneo, col quale condivise più di un interesse.
Grande viaggiatore e innamorato dell'Italia, di cui seppe apprezzare le ricerche rinascimentali più raffinate, Albrecht Dürer fu in grado di coniugare la ricercatezza intellettualistica delle corti italiane con la maniera tedesca, attenta al dettaglio e alla teorizzazione, dando alla propria opera un taglio originalissimo in cui arte, scienza, esoterismo e modernità si intersecano in suggestioni assolutamente uniche.
L'opera di Dürer spazia tra i generi pittorici più disparati, dal ritratto all'arte sacra, dal paesaggio alla pittura di genere, dalla pittura naturalistica al mito, sempre raggiungendo vette di ineguagliata perfezione, tutte supportate da un parallelo lavoro teorico che con le sue intuizioni di matematica, geometria, prospettiva e astronomia, tocca i vertici più altri del pensiero rinascimentale europeo.
La mostra di Dürer a Palazzo Reale a Milano è una grande occasione per ammirare una panoramica completa della grande produzione di uno dei maggiori artisti della storia dell'arte, messa a confronto con i più grandi interpreti dell'arte tedesca del tempo, da Lucas Cranach a Albrecht Altdorfer e con i grandi protagonisti della scuola veneta da Giovanni Bellini a Giorgione, di cui è eccezionalmente esposta La vecchia.
La mostra "Boldini. Ritratto di signora" alla Galleria d'Arte Moderna di Milano nasce dalla collaborazione di uno dei più importanti musei della città con la prestigiosa istituzione del Museo Giovanni Boldini di Ferrara. Le opere del pittore conservate alla Gam, quali Treccia bionda e L'americana, dialogano con i più bei dipinti provenienti dalla collezione del museo ferrarese, in un percorso che intende evidenziare l'elaborazione da parte di Boldini di una particolare versione del ritratto femminile borghese e aristocratico, destinato ad avere una grande fortuna internazionale nei primi del Novecento.
Formatosi a Ferrara con il padre Antonio, Giovanni Boldini approda a Firenze dove entra in contatto con il gruppo dei Macchiaioli e propone un rinnovamento della pittura di ritratto, passando dalla soluzione a mezzo busto nel formato ovale al ritratto ambientato adottato nel Diego Martelli del 1867.
Dopo aver visitato Parigi nel 1867, in occasione dell'Esposizione Universale, e aver soggiornato in Inghilterra all'inizio degli anni settanta, nel 1871si trasferisce definitivamente nella capitale francese dove inizia ad affermarsi grazie alla collaborazione con il mercante d'arte Adolphe Goupil, con cui interrompe i rapporti alla fine degli anni ottanta. A partire da questo momento Boldini diventerà uno dei migliori rappresentanti della Belle Époque, grazie alla maturazione di uno stile originalissimo basato su pennellate guizzanti che rendono perfettamente la vitalità di quel momento storico.
La mostra "Boldini. Ritratto di signora" alla Galleria d'Arte Moderna di Milano illustra gli anni del successo internazionale di uno dei più grandi "italiani a Parigi" all'interno di una panoramica sull'arte della Belle Époque, resa possibile dalla presenza, accanto alle opere di Boldini, delle raffinate puntesecche di Paul Helleu, amico e seguace di Boldini, e di tre piccole e intime sculture di Paul Troubetzkoy, scultore cresciuto nel contesto della Milano della Scapigliatura.
Dopo le mostre dedicate a Paul Gauguin e a Joan Mirò, il Mudec di Milano dedica una nuova mostra a un altro geniale e originalissimo protagonista dell'arte del Novecento, la grande pittrice messicana Frida Kahlo.
Frida Kahlo nelle sue opere esprime una vita fatta di dolore fisico e psichico: nasce con una spina dorsale bifida, subisce un incidente in autobus che la costringe a letto per vari mesi, sperimenta un aborto spontaneo e svariate infedeltà coniugali da parte del famoso marito e a sua volta pittore Diego Rivera.
Frida Kahlo saprà tradurre le difficoltà della propria esistenza nella forza della sua arte. Nelle sue opere comunica una coinvolgente passione per la vita e per se stessa: sono, infatti, numerosi gli autoritratti della donna, in cui utilizza spesso un linguaggio simbolico per comunicare il proprio dolore, con riferimenti alla mitologia azteca e al Messico.
Nella sua produzione non mancano richiami al suo incontro con i Surrealisti europei, con cui fu in contatto grazie al tramite di Andrè Breton, personalità da ascrivere nel numero delle sue numerose relazioni artistiche e amorose, tra le quali si contano quelle con il rivoluzionario russo Lev Trockij e la fotografa italiana Tina Modotti.
La mostra di Frida Kahlo al Mudec di Milano permetterà al visitatore di approfondire la conoscenza della biografia e dell'arte di questa figura icona del Novecento, immergendolo in un appagamento visivo dato dalle sue variopinte opere, e in un coinvolgimento spirituale ed esistenziale.
La mostra "L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri" presso le Gallerie d'Italia di Milano assieme alla mostra "Dentro a Caravaggio" presso Palazzo Reale, di cui costituisce l'ideale prosecuzione offre un'occasione unica di approfondimento sugli ultimi anni di vita di Caravaggio e sull'influenza che la sua opera esercitò sulla pittura italiana del primo Seicento, in concomitanza con l'emergere del magniloquente linguaggio del Barocco.
L'esposizione ruota attorno all'ultimo grande capolavoro di Caravaggio, Il martirio di Sant'Orsola, dipinto a Napoli nella primavera del 1610, poco prima della tragica morte a Porto Ercole e destinato alla residenza genovese di Marcantonio Doria. Proprio a Genova il dipinto di Caravaggio si troverà a confronto con il dipinto di soggetto analogo del pittore locale Bernardino Strozzi, i cui colori preziosi e cangianti contrastano con la dimensione scabra e cupa del dipinto del maestro lombardo rivelando ancora forti debiti con il tardomanierismo.
Nella sua panoramica sull'arte italiana del primo Seicento, la mostra illustra le diverse vie intraprese dall'arte tra Milano, Genova e Napoli. Nella città ligure, dove trovano fortuna artisti legati all'opera di Caravaggio come Orazio Gentileschi e Simone Vouet, emergono al contempo figure che sembrano non seguire la lezione del maestro lombardo; tra questi l'emiliano Giulio Cesare Procaccini, che fonde gli esempi di Correggio e Parmigianino con la conoscenza di Rubens in un elegante linguaggio, testimoniato in mostra dalla grandiosa Ultima Cena per Santissima Annunziata del Vastato di Genova.
A Napoli il dirompente naturalismo di Caravaggio, che lascia nella città campana i capolavori della Flagellazione e nelle Sette opere di misericordia, trova un'immediata ricezione nell'opera di Battistello Caracciolo e Ribera.
Con oltre cinquanta opere di seguaci di Caravaggio e di nuovi maestri del Barocco, alcune esposte per la prima volta a Milano, la mostra "L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri" a Milano documenta l'effetto dirompente della pittura di Caravaggio sul corso dell'arte italiana e racconta la contemporanea nascita della grande stagione del Barocco.
Dopo il grande successo riscosso nel suo tour mondiale, approda per la prima volta in Italia, nello Spazio Ventura XV di Milano, la spettacolare e affascinante mostra "NASA - A Human Adventure", che attraverso il racconto delle imprese della NASA (National Aeronautics and Space Administration), l'agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale e della ricerca aerospaziale degli Stati Uniti, illustra la fascinazione dell'uomo per lo spazio e i passi compiuti negli anni nella scoperta dell'universo.
Estesa per 1500 metri quadri, in un percorso che unisce la vocazione didattica e scientifica alla dimensione emozionale e interattiva, la mostra espone 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali NASA - molti dei quali hanno viaggiato nello spazio -cui si affiancano le spettacolari ricostruzioni come la fedele replica della pioneristica navicella Mercury con la quale venivano condotte le prime missioni spaziali, e un modulo dell’Apollo che portò per la prima volta l'uomo sulla Luna.
Grazie a una sezione specificatamente dedicata, sarà possibile vedere il ponte di volo e il ponte di mezzo dove gli astronauti mangiano, dormono e lavorano sugli esperimenti, scoprendo così la quotidianità di questi straordinari "uomini volanti".
La mostra "NASA - A Human Adventure" allo Spazio Ventura XV di Milano offre un'occasione imperdibile per rivivere momenti che hanno segnato la storia dell'umanità e della scienza, dallo sbarco sulla Luna alle esplorazioni di Marte, e per catapultarsi di un mondo popolato da buchi neri e remote galassie che da sempre affascina grandi e bambini e stimola costantemente l'uomo ad allargare gli orizzonti della propria conoscenza.
La mostra "Sotto il cielo di cristallo. Un racconto della Galleria Vittorio Emanuele II a 150 anni dall'inaugurazione" presso la Sala del Tesoro del Castello Sforzesco ripercorre l'affascinante storia di uno dei monumenti simbolo della città di Milano. Aperta al pubblico il 15 settembre 1867, dopo solo due anni e mezzo di lavori, da subito la Galleria suscitò l'ammirazione di cittadini e turisti, tanto da meritarsi sulle pagine della carta stampata entusiastici appellativi come "magnifica sala", "atrio incantato".
Sebbene per l'inaugurazione ufficiale bisognerà attendere il gennaio del 1878, quando venne ultimato il grande arco trionfale di accesso, fin dalla sua apertura la Galleria Vittorio Emanuele II divenne il cuore della città, luogo di incontro per artisti, intellettuali, musicisti e polo di attrazione per i cittadini per la presenza di esercizi commerciali, caffè e ristoranti.
La mostra "Sotto il cielo di cristallo. Un racconto della Galleria Vittorio Emanuele II a 150 anni dall'inaugurazione" allestita presso la Sala del Tesoro del Castello Sforzesco illustra la storia della Galleria, approfondendone gli aspetti amministrativi, architettonici, tecnici e urbanistici, attraverso il prezioso materiale appartenente alle Civiche Raccolte Storiche di Milano. Disegni, lettere, atti legali, fotografie e dipinti, cimeli, esposti eccezionalmente al pubblico, sveleranno tutti i segreti del monumento attraverso il quale Milano manifestò la sua vocazione nazionale e internazionale, presentandoci un interessante spaccato storico dell'Italia postunitaria.
La mostra “Macchiaioli. Capolavori da collezioni lombarde” presso la Galleria GamManzoni a Milano costituisce un’occasione imperdibile di approfondimento sull’esperienza pittorica che segnò il nuovo corso dell’arte italiana alla metà dell’Ottocento.
Negli anni precedenti l’unità d’Italia, mentre in Francia si diffondeva la poetica del Realismo, a Firenze, presso il Caffè Michelangelo, si radunò un gruppo di artisti provenienti da tutta Italia, decisi a superare la tradizione accademica attraverso un rinnovamento dei generi pittorici. Così da un lato, nel quadro di storia, complice la partecipazione in prima persona di molti pittori alle guerre risorgimentali, si abbandonarono progressivamente i temi del passato a favore dei temi della contemporaneità. Dall’altro, sull’esempio francese, l’esigenza della rappresentazione del vero, portò all’affermazione della pittura di paesaggio e della scena di genere che vide rispettivamente protagonisti i territori agresti e marittimi della Toscana e gli esponenti della borghesia fiorentina.
Al rinnovamento dei generi pittorici si accompagnò la rivoluzione dello stile, basata sull’accostamento dei colori attraverso pennellate essenziali , “macchie”, metodo che valse ai pittori del Caffè Michelangelo l’appellativo derisorio di “Macchiaioli”. Tale tecnica, usate nelle accademie solo per i bozzetti, venne elevata dai Macchiaioli a strumento per ottenere una presa rapida ed efficace della realtà, con effetti di straordinari contrasti tra luce e ombra.
Nella mostra “Macchiaioli. Capolavori da collezioni lombarde” della Galleria GamManzoni è possibile ammirare trentacinque capolavori provenienti da collezioni private lombarde, realizzati dai principali protagonisti dell'esperienza artistica macchiaiola; spiccano in particolare Educazione al lavoro di Silvestro Lega, L’analfabeta di Odoardo Borrani, Silvestro lega che dipinge sugli scogli di Giovanni Fattori e Settignano di Telemaco Signorini. Tra scene di vita quotidiana al femminile, paesaggi popolati da butteri e buoi e assolate marine un importante omaggio al movimento che ha rivoluzionato il corso dell’arte italiana dell’Ottocento.
La mostra di Toulouse-Lautrec a Milano presenta oltre 180 opere del grande artista francese che, con un tratto sagace e anticonformista, seppe immortalare la vita della Montmartre nei suoi aspetti più veri e umani.
Nato in una famiglia aristocratica, Henri de Toulouse- Lautrec fin da bambino soffre di una grave malattia che lo condannerà a una serie di disturbi fisici che lo avvicineranno a quel "mondo degli esclusi e dei derelitti" che popola le sue opere. Prostitute, circensi, artisti, avventori dei cafè concerto di Montmartre sono i protagonisti dell'indagine psicologica che Toulouse-Lautrec, attraverso il proprio abile pennello, farà delle individualità umane, studiate nei loro aspetti più quotidiani e più veri.
A Parigi Toulouse-Lautrec entra in contatto con le correnti artistiche più recenti come l'Impressionismo e con i pittori che diventeranno per lui dei modelli come Edgar Degas. L'arrivo a Parigi lo proietta inoltre nella dimensione frenetica della Ville Lumière: i fasti notturni del quartiere di Montmartre diventano il tema prediletto della sua pittura. Accanto ai dipinti di scene ambientante nei caffè-concerto, a renderlo famoso al grande pubblico saranno i suoi manifesti, a partire da quello per il celebre locale del Moulin Rouge. Inizia così a disegnare locandine, frontespizi e illustrazioni per le riviste elevando la litografia a vera e propria forma d'arte.
Mentre la sua arte si fa sempre più sperimentale e innovativa, la sua vita diventa via via più sfrenata e dissoluta segnata com'è dalle relazioni con cantanti e ballerine, dalla frequentazione delle case chiuse e dalla dipendenza dall'alcol.
La mostra di Toulouse-Lautrec" a Palazzo Reale a Milano espone capolavori provenienti da grandi musei di tutto il mondo, che consentono di sottolineare gli aspetti di straordinaria modernità dell'opera dell'artista francese, che avvalendosi della sua profonda conoscenza dell’arte giapponese e della sua passione per la fotografia, seppe interpretare e rappresentare come pochi altri l'intensa, frenetica e contraddittoria stagione della Belle Époque, anticipando il linguaggio salace e immediato della nascente arte pubblcitaria.
Dopo il successo dell'esposizione "Milano. Storia di una rinascita", Palazzo Morando ospita un'altra importante mostra fotografica, stavolta dedicata a uno degli aspetti più controversi della storia novecentesca di Milano: la criminalità. Allestita in sette sale, la mostra racconta la storia della criminalità e la sua capacità di organizzarsi secondo forme di associazione sempre più efferate e di concentrarsi in personalità carismatiche entrate nell'immaginario collettivo.
Dal fenomeno della Ligera, forma di criminalità caratterizzata dalla mancanza di organicità e dalla leggerezza di piccole bande che si coalizzano in vista di uno specifico colpo, si passa, negli anni Sessanta, a forme di malavita organizzata e violenta, che sfruttano le possibilità consentite dal boom economico, giungendo alla fine del decennio a spartirsi il controllo del gioco d’azzardo, della prostituzione e del traffico di stupefacenti. Protagonisti di quella stagione sono personaggi che ancora oggi riportano alla memoria scenari da far west: il re della bische, Francis Turatello, Angelo Epaminonda e il "bandito della Comasina", Renato Vallanzasca, per tutti il Bel Renè, autore di sanguinarie rapine.
Negli anni Settanta la situazione è drammatica: lo spaccio di droga, dove si insinua il potere mafioso, il timore dei sequestri, la diffusione dei fenomeni di microcriminalità creano un clima di paura che spinge i Milanesi a non uscire la sera, cambiandone così le abitudini sociali. Saranno l'impegno delle forze dell'ordine e gli strumenti sempre più sofisticati messi a loro a disposizione a riportare progressivamente in città un clima di vivibilità e tranquillità.
Tra fotografie di volti di banditi, di rappresentanti delle Forze dell'Ordine, e di strade buie e deserte, la mostra "Milano e la Mala" a Palazzo Morando permetterà di ripercorrere le pagine più intense della storia criminale di Milano, una città che ancora oggi continua combattere la criminalità che con moderne forme sotterranee cerca di infiltrarsi nel tessuto urbano.
La mostra di Caravaggio presso Palazzo Reale a Milano rappresenta un’occasione unica per vedere riuniti 20 capolavori di questo pittore geniale e dannato, dalla vita breve e turbolenta, autore di dipinti famosi in tutto il mondo.
Caravaggio (1571-1610), definito “mostro di naturalezza” dai critici del’600, nelle sue opere ha sempre dipinto il vero interpretando la realtà scegliendo tra popolani e prostitute i suoi modelli per rappresentare le figure sacre, scontrandosi contro le consuetudini dell’iconografia ufficiale imposta ai tempi. E fu proprio il suo carattere ribelle e controcorrente che lo portò ad eccellere nell’arte, ad essere molto ammirato da artisti di tutta Europa tra cui Pieter Paul Rubens, ma anche a costringerlo a fughe precipitose per problemi con la giustizia, in varie tappe che da Roma, città molto amata dal pittore, lo portarono a Napoli, a Malta e in Sicilia, luoghi nei quali l’artista ha creato opere di straordinaria bellezza, arricchendosi di nuove influenze artistiche e lasciando una forte impronta sui pittori locali che saranno poi per questo definiti caravaggeschi.
L’arte di Caravaggio è caratterizzata dalla piena realizzazione delle ricerche sulla luce, sul movimento e sui cosiddetti “moti dell’anima”, ovvero esperimenti di rappresentazione di espressioni estreme ispirati dagli studi su Leonardo Da Vinci e Giorgione. Nonostante all'epoca la sua arte fosse considerata sacrilega sotto diversi aspetti, è proprio la veridicità delle espressioni dei suoi personaggi che colpì gli spettatori del tempo e che ancora oggi riesce ad affascinarci.
La mostra di Caravaggio a Palazzo Reale a Milano presenta una galleria di capolavori dell’artista di inestimabile bellezza, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali del mondo, messi in rapporto con i risultati delle indagini scientifiche che negli ultimi anni hanno permesso di gettare nuova luce sulla sempre misteriosa vicenda biografica e artistica di Caravaggio.
Dopo la retrospettiva dedicata a Hokusai, Hiroshige e Utamaro, Milano torna a omaggiare l'arte giapponese con la mostra "Kunyioshi. Il visionario del mondo fluttuante" presso il Museo della Permanente di Milano. Divisa in cinque sezioni tematiche, "Beltà", "Paesaggi", "Eroi e guerrieri", "Animali e parodie" e "Gatti", l'esposizione illustra l'intera produzione di Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), grande maestro dell’ukiyoe (tipologia di stampa artistica su carta, impressa con matrici di legno).
Diventato famoso per le sue immagini di gatti - sua grande passione - e degli eroi del romanzo Suikoden (I briganti), Kuniyoshi è riuscito a influenzare senza interruzioni la cultura dei manga, dei film di animazione giapponesi e non, dei tatuaggi e della cultura pop contemporanea in generale. Accanto alle opere che lo hanno reso celebre, Kunyoshi si è inoltre dedicato a ritratti di donne, di bambini, di attori del teatro kabuki e alla rappresentazione di fantasmi, così dimostrando la sua grande poliedricità e fantasia.
Le 165 silografie policrome esposte, tutte provenienti dal Giappone, permettono di avventurarsi nel mondo visionario e coloratissimo di Kuniyoshi, dove delicatezza e ironia si mescolano giocando sul sentimento e sull'emozione come pochissimi altri artisti prima di lui.
Nella mostra "Kunyioshi. Il visionario del mondo fluttuante" al Museo della Permanente di Milano, luoghi insoliti, forzuti guerrieri, eleganti signore, gatti, carpe e animali fantastici si susseguono per rivelarci un grande artista innovativo per soggetti e tecnica, tanto ammirato dagli artisti europei dell'Ottocento come Monet, e ancora oggi amato dal pubblico di tutto il mondo.
La mostra "Egitto" al Mudec di Milano presenta una straordinaria raccolta di reperti utili a comprendere
a fondo la complessa e affascinante civiltà egizia.
Sviluppata attorno alla figura del faraone Amenofi II (1427 - 1401 a.C.), uno dei faraoni che contribuì maggiormente allo sviluppo della civiltà egizia, la mostra "Egitto"
ripercorre le principali caratteristiche della vita di questo popolo, illustrandone la vita quotidiana, la religiosità, l'edilizia, le
conquiste militari, la moda e l'arte, per comprendere lo stato sorprendentemente moderno della società e della tecnologia dell'antico Egitto.
Un'intera sezione è dedicata al complesso culto dei morti dell'antico Egitto e della sua concezione nell'aldilà, per introdurre il visitatore all'esperienza centrale della mostra, costituita dalla tomba del faraone Amenofi II, dentro la quale sarà possibile entrare. La tomba di Amenofi II, scoperta nel 1898 nella Valle dei Re, aveva una struttura particolare che la rendeva più sicura rispetto alle costruzioni precedenti, tanto che venne riutilizzata 400 anni dopo per custodire diverse salme regali.
La mostra "Egitto" a Milano è un'occasione per fare un viaggio nell'Egitto di quasi 3500 anni fa, dove tra importanti reperti e grandi emozioni, si andrà alla scoperta di una delle più grandiose e sviluppate civiltà del mondo antico.
Dopo le rassegne monografiche dedicate ad Alberto Giacometti, Medardo Rosso e Adolfo Wildt, la Galleria d'Arte Moderna di Milano conferma la sua vocazione a spazio espositivo dedicato alla scultura con la mostra "100 anni di scultura a Milano" dai dalla Gam" che per la prima volta rende visibile buona parte del ricchissimo patrimonio scultoreo abitualmente conservato dei depositi.
L'occasione espositiva consente di ripercorrere cento anni di storia della scultura italiana, dal 1815 al 1915, con particolare attenzione all'ambito lombardo e milanese. Le opere in mostra ci accompagnano in un percorso che narra il passaggio dal linguaggio neoclassico di Canova e degli artisti italiani formatisi al seguito del danese Thorvaldsen, come Fraccaroli, alla svolta romantica che sull'esempio di Vincenzo Vela trova manifestazione nella cosiddetta Scuola di Milano. Il racconto prosegue illustrando gli sviluppi scultorei della Scapigliatura che trovano i maggiori interpreti in Giuseppe Grandi ed Ernesto Bazzaro e influenzano gli esordi di Enrico Butti che assieme a Leonardo Bistolfi sarà tra fine Ottocento e inizio Novecento uno dei importanti esponenti del Simbolismo.
L'opera di questi assoluti protagonisti della scultura italiana è documentata attraverso numerosi gessi che, nella loro dimensione di modelli originari, consentono di ripercorrere le fasi di realizzazione di alcune celebri sculture come il Monumento alle Cinque Giornate di Milano di Giuseppe Grandi, e al contempo di documentare nelle repliche da loro tratte la fortuna assoluta delle soluzioni figurative della scultura lombarda dell'Ottocento.
Un percorso unico ed esclusivo per approfondire la conoscenza di quelle personalità che in cento anni di scultura italiana hanno cambiato il volto di Milano operando nei suoi più importanti cantieri, dalle piazze ai parchi cittadini, dal Duomo al Cimitero Monumentale.
La prestigiosa sede delle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala inaugura la rassegna espositiva Corrispondenze, volta a far dialogare obiettivo i capolavori delle collezioni Intesa Sanpaolo con singole opere provenienti da collezioni nazionali e internazionali, con la mostra "De Chirico incontra Boccioni".
Per il primo appuntamento della rassegna il dipinto Officine di Porta Romana di Boccioni viene esposto accanto a due opere della serie Piazze d'Italia di De Chirico provenienti dal Mart di Rovereto, in un confronto tra due diverse concezioni dello spazio urbano: da un lato un luogo reale, la Milano dell'espansione edilizia, economica e industriale, dall'altro spazi caratterizzati da immobilità e silenzio, dove si stagliano monumenti di memoria classica e rinascimentale, frutto della rielaborazione da parte di De Chirico di città da lui visitate.
Il confronto tra i due grandi artisti del Novecento permette un approfondimento su due importanti movimenti della storia dell'arte italiana: il Futurismo, cantore della modernità della società industriale, e la Metafisica, interprete della crisi d’identità e delle inquietudini dell’uomo moderno.
La mostra Corrispondenze: "De Chirico incontra Boccioni" presso le Gallerie d'Italia di Piazza della Scala a Milano rappresenta un omaggio ai protagonisti dell'arte del Novecento e presenta un approfondimento sul tema del rapporto tra l'uomo e lo spazio urbano, ampliato nel corso della visita guidata da una panoramica di opere dedicate all'immagine della città, con dipinti di Mosè Bianchi, Giovanni Segantini e altri grandi interpreti della pittura italiana tra Otto e Novecento.
In attesa di accogliere il Martirio di Sant'Orsola di Caravaggio che sarà al centro della mostra "L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri", la prestigiosa sede delle Gallerie d'Italia di Milano diventa protagonista di una invasione di curiosi e coloratissimi animali. La mostra di Cracking Art "Il giardino incantato" rende omaggio all'attività del gruppo artistico milanese, protagonista negli ultimi anni di numerose e grandiose installazioni allestite in tutto il mondo.
Con i propri interventi che invadono tanto i musei quanto gli spazi del vivere quotidiano, il gruppo Cracking Art intende proporre un concetto di arte contemporanea più direttamente e facilmente fruibile dal pubblico e al contempo sollecitare una riflessione sull'importanza, a livello sociale e ambientale del tema del riciclo.
Nell'intervento presso le Gallerie d'Italia di Milano, rane, lupi e chiocciole andranno ad accompagnare il coccodrillo che da dieci anni risiede nel cortile di Casa Manzoni, dialogando con le preziose ed eleganti decorazioni dei palazzi sede del museo: Palazzo Anguissola Antona Traversi, Palazzo Brentani e il Palazzo della Banca Commerciale Italiana.
La mostra Cracking Art: "Il giardino incantato" alle Gallerie d'Italia di Milano offre un'occasione per godere del lato divertente e al contempo impegnato dell'arte contemporanea in un contesto architettonico di incredibile bellezza.
In occasione del centenario del suo nome, ideato da Gabriele D'Annunzio su richiesta di Senatore Borletti, che aveva rilevato i grandi magazzini Bocconi nel 1917 e ne aveva favorito la rinascita dopo l'incendio del 1918, Palazzo Reale di Milano dedica una ricca e interessante mostra alla Rinascente.
Attraverso una grande varietà e quantità di opere d’arte, che spaziano dalla grafica, agli oggetti di design, da immagini storiche a dipinti e sculture, è possibile ripercorrere la storia di un negozio che ha scritto capitoli fondamentali nella storia del costume, della comunicazione e della grande distribuzione, elevando Milano a centro economico dell’Italia postunitaria.
Per sottolineare il ruolo di motore di modernità e innovazione della Rinascente, la mostra si articola in sezioni tematiche dedicate agli ambiti in cui l’azienda ha dimostrato una straordinaria capacità progettuale e realizzativa, tra cui la cartellonistica che vede emergere la figura di Marcello Dudovich, il rapporto con il cinema e la televisione, gli allestimenti e gli eventi, la moda con la rivoluzione del prêt-à-porter; il design, fino agli orizzonti futuri.
Una grande mostra che riunisce storia della società e dell’economia, dell’architettura e del design, dell’arte e della grafica, della moda e della comunicazione, arricchita dalla presenza di opere di artisti del calibro di Depero, Munari, Melotti, Fontana, Rotella, Warhol, e Manzoni.
Ospitata in due prestigiose sedi espositive milanesi, quali le Gallerie d'Italia e il Museo del Novecento, la mostra "New York New York" raccoglie 150 opere di artisti italiani che hanno viaggiato, lavorato ed esposto negli Stati Uniti, in particolar modo a New York, alla ricerca di nuove ispirazioni e di modelli differenti da quelli forniti dalla tradizione artistica europea.
Gli esiti di tale rapporto artistico, che perdurò per tutto il Novecento, furono duplici. Da un lato il mito di New York lasciò una forte impronta sull'immaginario di artisti quali Giorgio De Chirico, Fortunato Depero, Lucio Fontana, Emilio Isgrò, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Rotella, Alberto Savinio, influenzando soggetti e stile delle loro opere. Dall'altro, furono i più prestigiosi musei americani ad interessarsi all'arte italiana e ai suoi sviluppi, a partire della celebre mostra "XX Century Italian Art ”presso il MoMa di New York.
La sezione della mostra allestita presso le Gallerie d'Italia, oggetto della visita guidata, approfondisce i rapporti con le istituzioni, le gallerie e i collezionisti americani che hanno valorizzato l'arte italiana negli Stati Uniti.Tra le opere in mostra capolavori di Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Renato Guttuso, Enrico Baj, Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Rotella e Mario Schifano.
La mostra "New York New York" presso le Gallerie d'Italia di Milano rappresenta un'occasione imperdibile di approfondimento sui rapporti tra l'arte italiana e gli Stati Uniti, nonché un'opportunità per ripercorrere la storia dell'arte italiana del Novecento, dal Futurismo alla Metafisica, dall'Informale alla Pop Art.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: 8 marzo - 2 luglio 2017
Orari mostra:
Lunedì: 14.30–19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
Giovedì e sabato: 9.30-22.30
La mostra di Manet a Palazzo Reale di Milano è una grande esposizione che, attraverso oltre 50 capolavori di Manet, Renoir, Degas e altri maestri della Parigi di fine Ottocento, illustra l'epoca in cui la capitale francese si affaccia alla modernità innovando la propria arte e la propria cultura.
Edouard Manet nasce in una ricca famiglia che ostacola la sua volontà di diventare artista, ma che dovette infine cedere davanti all'ostinazione e al talento del giovane pittore. Ostile al metodo accademico tradizionale, Manet svilupperà ben presto uno stile assolutamente originale e moderno, spesso molto provocatorio e in anticipo sui propri tempi.
La sua storia d'amore con Berthe Morisot lo introdusse nel circolo degli Impressionisti, dove divenne amico di Monet, Cezanne, Degas, Renoir, Pissarro, ma dai quali volle sempre prendere le distanze, in nome di una libertà d'espressione di cui Manet fu fermo sostenitore per tutta la vita.
Dopo aver viaggiato ed essersi aggiornato sulla pittura europea, Manet aprì il proprio studio a Parigi, dove realizzò le sue opere più moderne e contestate come l'Olympia e la Colazione sull'Erba.
Malato di sifilide e di reumatismi, nel 1866 Manet fu costretto a farsi amputare il piede sinistro, morendo un mese dopo a soli 51 anni.
Nonostante la morte precoce, la sua produzione vasta e variegata fa di Manet uno dei più grandi artisti dell'Ottocento francese, ispiratore dell'Impressionismo e audace paladino di una modernità piccante e sagace che ben illustra la Parigi dei suoi anni, tutti elementi che ben si evincono dalla grande mostra di Manet che verrà ospitata a Milano e che rende omaggio al grande maestro.
Dove: Mudec di Milano
Quando: dal 15 marzo al 9 luglio 2017
Orari mostra:
Lunedì: 14.30–19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
Giovedì e sabato: 9.30-22.30
La mostra di Kandinskij al Mudec di Milano combina la vocazione del Museo al connubio arte e scienza e all'esplorazione di diverse culture con il percorso di ricerca artistica del fondatore dell'astrattismo.
Nato a Mosca da genitori di origini russe e tedesche - la famiglia paterna era originaria della Siberia orientale mentre la nonna materna, baltica, era di lingua tedesca - grazie all'alto grado di istruzione ricevuto durante l'infanzia, quando è avviato agli studi classici, alla pratica della musica e del disegno, Kandinskij matura fin da giovane un approccio scientifico alla realtà e un grande interesse per le esplorazioni.
La mostra "Kandinskij, il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione" presso il Mudec di Milano ricostruisce il periodo di formazione del linguaggio artistico del pittore fino al 1921, anno del trasferimento in Germania, andando alla ricerca delle fonti visive da lui reperite durante i suoi viaggi.
Attraverso opere provenienti dai più importanti musei russi, alcune per la prima volta esposte in Italia, messe a confronto con esempi della cultura popolare, cui si ispirò, il percorso della mostra costituisce un vero e proprio viaggio alla scoperta delle esperienze biografiche e culturali di Kandinskij e delle tappe che hanno portato il pittore all'approdo all'astrattismo che ha rivoluzionato il corso dell'arte occidentale del Novecento.
La mostra "Dinosauri. Giganti dall'Argentina" al Mudec di Milano presenta una straordinaria panoramica sulla storia dei dinosauri, dalle loro origini fino alla loro scomparsa.
Un mondo, quello dei dinosauri, la cui conoscenza è in continua evoluzione: la mostra "Dinosauri" infatti prende spunto da alcune importanti nuove scoperte paleontologiche argentine per presentare al grande pubblico l'affascinante storia dei grandi giganti del Cretaceo, che ancora nascondono tanti misteri e tante incognite.
La mostra espone una straordinaria selezione di reperti provenienti dai più importanti musei scientifici al mondo e ricostruzioni sofisticate che illustrano la storia, l'evoluzione e l'estinzione delle tante specie di dinosauri che si avvicendarono nell'arco di 150 milioni di anni sul nostro Pianeta, dal Triassico fino al Cretaceo.
Dall'Eoraptor lunensis del Triassico si assiste poi all'esplosione di nuove specie e dei dinosauri piumati del Giurassico, fino a giungere ai grandi giganti del Cretaceo, riprodotti in mostra in dimensioni reali, come il Giganotosaurus carolinii, il più grande carnivoro terrestre finora conosciuto.
La mostra "Dinosauri" al Mudec di Milano è un'esposizione davvero imperdibile su una delle pagine più affascinanti della storia dell'evoluzione animale del pianeta Terra, in un percorso che non mancherà di incantare il pubblico di ogni età.
Dopo il grande successo riscosso a Pavia, la Johannesburg Art Gallery presenta i suoi grandi capolavori alla mostra "Da Monet a Bacon" alla Villa Reale di Monza, in una pregevole selezione che attraversa un secolo di arte europea.
La meravigliosa cornice della Villa Reale di Monza fa da sfondo all'esposizione, consentendo al visitatore una vera e propria immersione nei secoli XIX e XX, presentando opere che spaziano fra le maggiori correnti del periodo, tra cui spiccano i grandi nomi di Degas, Dante Gabriel Rossetti, Van Gogh, Gauguin, Giovanni Boldini, Pablo Picasso e Francis Bacon.
La mostra "Da Monet a Bacon" alla Villa Reale di Monza è una rassegna imperdibile per calarsi nello spirito dell'Ottocento e del Novecento, dando uno sguardo ad opere provenienti dal lontano Sudafrica, in prestito in Italia in un'occasione speciale.
La mostra "Orientalismo. In viaggio dall'Egitto a Costantinopoli" presso la Galleria GAMMAnzoni di Milano illustra, attraverso 30 opere di collezione privata, il fascino esercitato dall'Oriente sulla pittura italiana a cavallo tra Otto e Novecento.
Diffusosi in Francia agli inizi del Settecento, a seguito della traduzione delle Mille e una notte, l’interesse occidentale per tutto ciò che fosse orientale coinvolse ben presto tutto il resto dell'Europa, facendo comparire nei quadri del pittori neoclassici e romantici, quali Ingres, Delacroix e Hayez, sensuali figure di odalische e paesaggi esotici.
L'Italia fu particolarmente interessata da questo fenomeno culturale e artistico nella seconda metà dell'Ottocento, come testimonia l'opera di autori quali Alberto Pasini e Fausto Zonaro, che intrapresero lunghi viaggi nelle terre d'Oriente, o come Gerolamo Induno e Domenico Morelli, che non vi si erano mai recati e dipinsero un Oriente frutto di suggestioni e fantasia.
L'esposizione è articolata in quattro sezioni, di cui la prima è dedicata alla figura della donna in costumi orientali; la seconda illustra la dimensione del viaggio inteso come documento della missione coloniale; la terza offre una panoramica sulle città predilette dagli orientalisti italiani e 'ultima è dedicata all'Oriente mistico.
Arricchita dalla presenza del capolavoro di Domenico Morelli, La figlia di Iorio, a lungo ritenuto disperso, la mostra "Orientalismo. In viaggio dall'Egitto a Costantinopoli" presso la Galleria GAMMAnzoni di Milano offre un'occasione di approfondimento sull'affascinante tema del rapporto tra l'Europa e l'Oriente.
Dove: Castello Sforzesco
Quando: dal 21 marzo al 25 giugno 2017
Orari Mostra
Da martedì a domenica:
9.00 - 17.30.
La mostra "Archeologia del Cenacolo" al Castello Sforzesco di Milano è un'occasione per osservare il Cenacolo di Leonardo da vicino, nei suoi dettagli storici, artistici e simbolici e andando a riflettere sulla straordinaria fortuna iconografica del più celebre dipinto murale di Leonardo da Vinci, mettendo a confronto materiali, tecniche e fantasia di tutti quegli artisti che si avvicinarono alla copia del celebre dipinto.
Patrimonio dell'Unesco, il Cenacolo di Leonardo a Milano è una delle opere più famose al mondo e una delle più copiate: le tante riproduzioni del Cenacolo leonardesco, in tutti i secoli e in tecniche che spaziano dalla scultura all'incisione, dall'arazzo alla fotografia, si spiegano non solo con l'immensa celebrità del dipinto vinciano, ma sono da mettere in relazione anche con le precarie condizioni di conservazione in cui il dipinto da sempre versa.
La mostra "Archeologia del Cenacolo" a Milano si pone anche in un interessante dialogo con la contemporanea mostra dedicata ad Andy Warhol "Sixty Last Suppers" al Museo del Novecento e si inserisce in un programma di iniziative culturali che dal 2017 a 2019 vedranno protagonista Leonardo da Vinci e la sua presenza milanese, mentre la città che lo ospitò per quasi vent'anni e che il maestro tanto amò si appresta a celebrarne il V centenario della morte.
La mostra "Ranzoni. Lo scapigliato Maudit" presso le Galleire Maspes di Milano omaggia la figura di un grande interprete della pittura italiana attraverso dieci tra i suoi più celebri capolavori, provenienti da collezioni private.
L'esposizione si apre con le opere che documentano l'adesione alla Scapigliatura come La villa del principe Dolgoroncki a Belgirate, cui si affiancano i dipinti legati al soggiorno in Inghilterra tra il 1877 e il 1879, quando divenne il pittore della nobiltà terriera e della facoltosa borghesia.
La rassegna si concentra poi sull'ambito della ritrattistica, campo a cui Ranzoni attuò una vera rivoluzione, abbandonando il ritratto psicologico romantico per affermare immagini intrise della sensibilità dell'artista. Tra i capolavori del genere Il ritratto della signora Antonietta di Saint-Léger, oggetto per l'occasione di un intervento di restauro e di un'ampia indagine documentaria.
Un'occasione imperdibile per approfondire la conoscenza di un grande interprete della pittura italiana e internazionale, dalla vicenda biografica travagliata e intensa e della ricerca artistica rivoluzionaria.
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: 21 febbraio - 18 giugno 2017
Orari mostra:
Lunedì: 14.30–19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
Giovedì e sabato: 9.30-22.30
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 24 marzo al 4 giugno 2017
Orari mostra: Lunedì: 14.30–19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
Giovedì e sabato: 9.30-22.30
La mostra "Santi d'Italia" a Palazzo Reale di Milano, presenta una selezione di preziosi capolavori provenienti in particolare dai Musei Vaticani e dal Tesoro di San Pietro, collegandosi idealmente con la visita papale nel capoluogo lombardo, prevista nel 2017.
Se si pensa che l'arte profana è un concetto assolutamente recente nella storia dell'arte e che la Chiesa, dalla sua nascita, è sempre stata il maggior committente dell'arte italiana, ben si capisce come nella storia dell'arte della nostra penisola il legame tra arte e religione, tra arte e fede sia assolutamente indissolubile e fornisca una chiave di lettura fondamentale per comprendere la nascita e l'evoluzione della nostra cultura visiva e della nostra produzione artistica.
La mostra di Palazzo Reale a Milano "Santi d'Italia" propone ai visitatori una lettura cronologica della storia dell'arte attraverso le sue iconografie religiose più fortunate e più popolari, mettendo l'accento in particolare sul dialogo figurato tra le due grandi città italiane di Milano e di Roma, tra il culto ambrosiano e il rito romano.
Dove: Gallerie d'Italia
Quando: dal 25 novembre 2016 al 5 marzo 2017
Orari mostra:
Lunedì chiuso.
Da martedì a domenica: 9.30 - 19.30
Giovedì: 9.30 - 22.30
La grande mostra "Bellotto e Canaletto. Lo stupore della luce" a Milano è dedicata a due straordinari interpreti del Vedutismo.
In funzione del suo ruolo di "opera-ricordo", alla veduta viene richiesta la massima fedeltà alla realtà, la quale è ricercata dagli artisti attraverso lo strumento della "camera ottica" che agevola la definizione delle distante e delle prospettive, senza limitare la parte di creatività del pittore.
Tra i più grandi interpreti del vedutismo, il veneziano Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, per il quale è fondamentale il viaggio a Roma dove conosce i padri del vedutismo come Giovanni Paolo Pannini e l'olandese Gaspar van Wittel. Rientrato a Venezia, realizza splendide vedute della città che riscuotono ammirazione fino in Inghilterra, dove Canaletto si trasferirà per un decennio, per poi fare ritorno nella città natale.
L'eredità di Canaletto viene presa dal nipote Bernardo Bellotto, che dopo una formazione svoltasi tra Roma, la Toscana, la Lombardia e Torino, ottiene il successo internazionale, lavorando a Dresda, Vienna e Varsavia.
La grande mostra "Bellotto e Canaletto. Lo stupore della luce" a Milano, che vanta numerosi prestiti internazionali, riunisce il meglio della produzione dei due vedutisti veneziani, in cui la precisione dettaglio si sposa con la capacità nell'uso della luce e del colore. Una nuova, imperdibile mostra su una delle pagine più gloriose della storia dell'arte italiana!
Dove: Palazzo Reale di Milano
Quando: dal 27 ottobre 2016 al 27 febbraio 2017
Orari mostra:
Lunedì: 14.30–19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
Giovedì e sabato: 9.30-22.30
La mostra di Rubens al Palazzo Reale di Milano ospita una straordinaria selezione di capolavori del maestro fiammingo precursore del Barocco Europeo.
Attraverso suggestivi confronti con la statuaria classica e con le opere del Rinascimento Europeo con cui Rubens si confrontò, l'esposizione mira a sottolineare gli aspetti innovativi dell'arte di Rubens, il quale, partendo da una matrice classicheggiante, arrivò ad ingigantire le figure, esasperarne i colori, smaterializzarne le forme, dilatare spazi e prospettive, acuire le luci fino a giungere ad uno stile completamente nuovo che si diffuse grazie ai suoi numerosi viaggi.
La mostra di Rubens a Palazzo Reale a Milano, infatti, pone anche l'accento sul confronto con opere di artisti di più giovani, come Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona e Luca Gordano, i quali influenzati in maniera incisiva dall'arte di Rubens divennero gli incontrastati protagonisti della grande stagione del Barocco europeo.