Milano offre il più ampio programma di mostre e appuntamenti culturali della penisola. In questa pagina puoi trovare una selezione sempre aggiornata delle migliori mostre di Milano che Milanoguida ha scelto per te, tra le quali spiccano quelle organizzate da Palazzo Reale. Trovi informazioni pratiche, una breve descrizione della mostra e le visite guidate disponibili, sempre condotte da guide turistiche abilitate e laureate in storia dell'arte per garantirti la massima qualità nella scoperta delle mostre e dei grandi tesori del panorama culturale di Milano.
Milanoguida: le visite guidate alle migliori mostre di Milano
La mostra di Edvard Munch a Palazzo Reale di Milano offre l'imperdibile occasione di approfondire la conoscenza di uno dei più importanti interpreti della pittura europea a cavallo tra XIX e XX secolo, che ha saputo rielaborare gli stimoli della pittura del proprio tempo dando vita a un'arte personalissima ma al contempo in grado di rappresentare le angosce e le paure del genere umano.
Profondamento turbato dai lutti familiari - la morte per tubercolosi della madre e della sorella maggiore quando era ancora bambino e la successiva scomparsa del padre, medico dalla fede religiosa rigorosissima - Munch riversò la propria sofferenza in una pittura tragica e malinconica che, partendo da premesse naturalistiche, giunse a immagini sempre più visionarie, in sintonia con il Simbolismo europeo.
Organizzata in collaborazione con il Munch Museet di Oslo, l'istituzione che presenta la più ampia raccolta al mondo di opere dell'artista, l'esposizione di Palazzo Reale a Milano ripercorre l'intera carriera di Munch evidenziando l'influenza esercitata su di lui dagli artisti conosciuti a Parigi, quali Toulouse-Lautrec, Degas, Van Gogh e Gauguin, che lo indirizzarono verso una tecnica essenziale e una stesura bidimensionale, con ampie zone non campite, particolarmente adatta a esprimere i sentimenti di sofferenza e di angoscia provati dall'artista.
Temi quali malattia, pazzia, amore e morte risultano veicolati attraverso precise soluzioni formali, quali ardite fughe prospettiche, accensioni cromatiche e ombre minacciose, che fanno di Munch un artista capace di visualizzare sentimenti ed emozioni con un'intensità raramente eguagliata.
La mostra di Munch a Palazzo Reale a Milano sarà un viaggio alla scoperta di uno dei più originale interpreti della pittura europea, che, attraverso i traumi della propria esistenza, ha saputo rappresentare le paure e le ossessioni dell'essere umano, ponendosi così come precursore dell'Espressionismo e del Surrealismo.
La mostra "Obey" alla Fabbrica del Vapore di Milano, prima personale in Italia di Shepard Fairey che celebra i trentacinque anni della sua carriera, è un mix vincente e variegato tra le opere più significative dello street artist e lavori inediti realizzati appositamente per quest'occasione.
Artista ribelle, figlio delle culture americane punk rock e hip hop dalle quali trae la forza per scandagliare le regole imposte dalla società e lanciare messaggi trasgressivi, inizia la sua carriera ideando un'immagine del wrestler André the Giant associata al suo nome d'arte che dal 1989 viene stampata su adesivi che circolano in tutta la comunità.
Il corpus di opere presente in mostra ci permetterà di comprendere a fondo la modalità di ideazione e realizzazione che si trova alla base dei lavori dell' artista. Dalla sperimentazione dei supporti alla semplicità formale delle raffigurazioni, le opere di Obey portano lo spettatore a riflettere su tematiche fondamentali per il futuro del nostro pianeta, dal rispetto di ciò che ci circonda fino alla ricerca della pace nel mondo.
Parte integrante di questo interessante progetto sarà la realizzazione di un murale, un segno duraturo della presenza di "Obey" a Milano che darà grande ispirazione a chi si fermerà ad osservarlo e arricchirà uno dei quartieri della città.
La mostra dedicata allo street artist Obey, organizzata da Wunderkammer, è un percorso immersivo nella storia e nell'universo urban di Shepard Fairey che con il suo stile essenziale ha trovato la chiave per rendere la sua arte universalmente comprensibile.
La mostra di Gae Aulenti alla Triennale di Milano rende omaggio a una delle figure più importanti dell'architettura italiana del Novecento attraverso uno spettacolare allestimento che riproduce in scala 1:1 alcuni dei più suggestivi interventi di design e architettura.
Laureatasi in architettura al Politecnico di Milano, Gae Aulenti si forma nel clima della Milano degli anni Cinquanta al fianco di personalità del calibro di Ernesto Nathan Rogers, di cui è assistente, e del giovane Renzo Piano. Durante la sua carriera Gae Aulenti si è dedicata alla progettazione di elementi di arredo, come la celebre lampada Pipistrello, di interni domestici, di allestimenti museali, come quello del Museo d'Orsay di Parigi, di scenografie teatrali e di riqualificazioni architettonico-urbanistiche, come l'intervento che ha interessato la stazione delle Ferrovie Nord e Piazza Cadorna.
L'intensa e poliedrica attività di Gae Aulenti rivive in mostra grazie alla riproposizione in scala 1:1 di alcuni dei suoi importanti interventi; tra questi il negozio Olivetti di Buenos Aires (1968), il concessionario Fiat di Zurigo (1973), il salotto di casa Brion a San Michele di Pagana (1973). Accompagnano le ricostruzioni fedeli suggestioni che rimandano ad altri progetti come la scenografia per l'Elektra di Richard Strauss, messa in scena al Teatro alla Scala con regia di Luca Ronconi nel 1994 o l'ultimo intervento, l'aereoporto "San Francesco d'Assisi" di Perugia.
Arricchiscono l'esposizione fotografie e disegni originari che documentano la stretta connessione tra la sua idea di architettura e il contesto urbanistico circostante.
La mostra di Gae Aulenti alla Triennale di Milano è un affascinante viaggio attraverso la carriera di una grande architetta e designer italiana, che ha lasciato traccia della sua genialità in Italia e in tutto il mondo.
La mostra "Picasso lo straniero" a Palazzo Reale, realizzata in collaborazione con il Museo Picasso di Parigi e il Museo Nazionale di Storia dell’Immigrazione, presenta in una veste inedita e poco conosciuta uno dei più grandi artisti del XX secolo, soffermandosi su temi cari all'artista ed ancora oggi molto attuali.
La mostra di Picasso a Palazzo Reale a Milano, con oltre ottanta opere esposte, tra dipinti, sculture, ceramiche, disegni, collage, stampe, fotografie, video e documenti, intende approfondire tematiche sociali vicine all'artista come l'accoglienza, l'immigrazione e le relazioni personali, vissute in prima persona.
Il percorso espositivo riflette sullo status dell'artista spagnolo, che durante la propria vita venne considerato e si sentì come uno straniero nella città che lo ospitò dal 1904 e dove rimase per tutta la vita: Parigi. Picasso non otterrà mai la cittadinanza francese, ma solo quella onoraria nel 1948, anche a causa della propria difficoltà linguistica. Sospettato di essere sovversivo a causa sua arte troppo avanguardistica e trasgressiva, la condizione di straniero influirà fortemente sull'identità di Picasso e verrà trasposta nel suo modo di approcciarsi alla vita e nella sua produzione artistica, riflettendo pienamente i suoi pensieri e la sua preoccupazione riguardo al tema.
La mostra "Picasso, lo straniero" a Milano è un'occasione unica per scoprire opere inedite dell'artista spagnolo e per conoscere il lato più personale e intimo di uno dei più grandi artisti del Novecento.
La mostra di Niki de Saint Phalle al Mudec di Milano rappresenta la prima esposizione monografica che un museo italiano dedica all'artista franco-americana, una delle più originali interpreti dell'arte del Novecento.
Nata a Neuilly-sur-Seine da madre statunitense e padre francese, Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle - questo il suo nome all'anagrafe - manifesta sin da giovane le proprie inclinazioni artistiche dedicandosi dapprima alla letteratura, poi al teatro e infine posando come fotomodella per le riviste Vogue e Life. Risale agli anni cinquanta la decisione di dedicarsi completamente all'arte. Nel 1956 l'incontro con Jean Tinguely - che sposerà in seconde nozze nel 1971 - la avvicina al Nouveau Realisme. Negli anni sessanta dà vita ai Tiri o Shooting paintings, vere e proprie azioni performative, e alle celebri Nanas, monumentali sculture dalle sembianze femminile. Tra gli interventi più originali e fantasiosi va ricordata la progettazione, assieme a Tinguely, del Parco dei Tarocchi di Garavicchio, nel comune di Capalbio, ispirato al Parco Guell di Gaudí.
Ideata in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation, la mostra di Niki di Saint Phalle al Mudec di Milano espone 110 opere dell'artista ripercorrendone la carriera, dagli esordi fino agli ultimi anni, ed evidenziando il carattere poliedrico della sua produzione che comprende dipinti, sculture e film sperimentali. Sarà un'occasione per apprezzare l'originalità, la sensibilità, il temperamento di una grande donna e artista la cui arte colorata e gioiosa ha spesso rappresentato una dimensione terapeutica nei confronti di un'esistenza segnata dalla sofferenza.
La mostra dedicata ad Enrico Baj, organizzata nelle sale espositive di Palazzo Reale a Milano, è pensata per omaggiare la produzione dell'artista a cento anni dalla sua nascita, raccontando la sua poetica attraverso numerosi rimandi al mondo letterario, molto caro al pittore.
Quella di Baj è una formazione dualistica, da una parte gli studi di giurisprudenza che gli permettono di diventare un avvocato e dall'alta le lezioni all'Accademia di belle arti di Brera, che alimentano la sua propensione e il suo autentico interesse verso il mondo dell'arte.
In aggiunta, un'innata passione per la letteratura, che lo vede cimentarsi nel corso del tempo anche come scrittore, teorico e illustratore di libri, arricchita dal valore dei legami che ha saputo intrattenere con grandi scrittori dell'epoca come André Breton, Marcel Duchamp, Umberto Eco ed altri ancora.
Il percorso espositivo presenta una chiave di lettura inedita: le opere d'arte di uno dei più importanti artisti del secondo dopoguerra presentano il suo universo bizzarro, abitato da figure dalle sembianze mostruose, che viene raccontato attraverso le parole dei grandi scrittori del Novecento, che legarono la proria produzione a quella di un personaggio dalle mille sfaccettature come Baj.
La mostra di Enrico Baj a Milano è un'occasione per conoscere da vicino la produzione variegata di un artista poliedrico, frutto di un ampio bagaglio di conoscenze in diversi campi e di un scambio intellettuale sempre attivo.
La mostra di Ugo Mulas a Palazzo Reale a Milano rappresenta la prima ampia retrospettiva che la città dedica al grande fotografo internazionale del secondo dopoguerra. Un omaggio ad un acuto osservatore della realtà che ha saputo restituire attraverso il mezzo fotografico una testimonianza critica della società.
Autodidatta creativo e determinato, Ugo Mulas avvia una brillante carriera, focalizzata sul mantenimento di un approccio sensibile e partecipe nei confronti dei soggetti che immortala con la macchina fotografica. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, Mulas inizia a scattare fotografie ai grandi artisti del tempo e ai loro studi, anche vuoti, soffermandosi sui dettagli degli stessi, sintetizzando e raccontando storie non narrate, in cui il fotografo stesso partecipa al momento che sta immortalando. E’ così che diventa “Il fotografo degli artisti”, con i quali prende parte ai propri scatti per non rimanere solo uno spettatore al margine dell’azione.
La mostra di Ugo Mulas a Milano presenta oltre 200 fotografie e presenta un taglio inedito e si concentra sul rapporto di Ugo Mulas con la città di Milano, città in cui si trasferisce nel 1948 e in cui sceglie di vivere. Gli scatti meneghini sono il tema cardine del percorso espositivo e ritraggono i protagonisti del mondo dell’arte, del design, della moda, dell’industria e del lavoro, conosciuti nella vibrante Milano di quegli anni: Mulas frequenta l’Accademia di Brera, vive le serate del mitico bar Jamaica in Brera, entrando in contatto con il fervore artistico della capitale lombarda.
La mostra di Ugo Mulas a Milano permette di comprendere il grande contributo che l'artista diede all’arte fotografica, raccontando di un maestro capace di avviare, attraverso il mezzo fotografico, una vera e propria indagine sulla società, sull’uomo e anche su se stesso.
La mostra "Da Dubuffet all'Art Brut" al Mudec di Milano rappresenta un viaggio immersivo nella variegata produzione degli artisti che nel secondo dopoguerra hanno abbracciato un linguaggio espressivo privo di imposizioni, ideato dall'artista Jean Dubuffet soprattutto per esorcizzare gli orrori vissuti durante il conflitto mondiale e vicende esistenziali strazianti.
Il concetto di "Art Brut" si riferisce ad una tipologia di arte spontanea, un'idea che riporta alla mente i disegni e le pitture realizzate da chi è privo di un'educazione culturale ed artistica. Jean Dubuffet resta affascinato fin da subito dalle forme astratte di Paul Klee ma anche dall'arte primitiva africana e dalla spontaneità che emerge dai disegni dei bambini. Grazie a questi riferimenti ha un'intuizione vincente: ideare un genere artistico interessante, che mantenendo la prerogativa del libero utilizzo del mezzo artistico, lascia spazio a diverse declinazioni. Appoggiato da intellettuali come il teorico del surrealismo André Breton, anch'egli affascinato da quest'arte diretta e non convenzionale, Dubuffet nel 1945 conia il termine "Art Brut" e dà il via allo sviluppo di questo linguaggio artistico.
Organizzata in collaborazione con la Collection de l’Art Brut di Losanna, la mostra presenta una variegata esposizione di opere d'arte che mostrano l'immaginario personale di artisti autodidatti che hanno preso parte al genere. Forme indefinite, figure bizzarre, colori vivaci creano un'atmosfera caotica che dimostra una modalità di lavoro diretta ed impulsiva che non lascia spazio a modelli o allo studio della composizione.
Tra opere di artisti italiani ed internazionali, con una sezione speciale dedicata ai lavori di Jean Dubuffet, la mostra " Da Dubuffet all'Art Brut" al Mudec di Milano è un'occasione per scoprire le varie sfaccettature di un linguaggio artistico complesso e le vicende travagliate che si celano dietro ogni opera d'arte.
La mostra "Il genio di Milano" ospitata presso le Gallerie d'Italia di Piazza della Scala propone un inedito e affascinante approfondimento sul ruolo di Milano come polo di attrazione per gli artisti provenienti dal resto d'Italia e d'Europa e quale centro di elaborazione di alcuni dei più importanti indirizzi e movimenti artistici dal Medioevo al Novecento.
Sebbene le capitali dell'arte italiana siano sempre state riconosciute in Firenze, Roma e Venezia, Milano ha storicamente avuto un ruolo fondamentale quale fucina di idee e linguaggi figurativi grazie alla capacità attrattiva di grandi cantieri, illuminati committenti e intraprendenti galleristi che hanno saputo dare alla città un profilo internazionale. Caso esemplare il Duomo di Milano, tipico esempio di Gotico internazionale, per la cui costruzione furono interpellate maestranze da tutta Europa. Tra le personalità entrate in contatto con la Veneranda Fabbrica del Duomo va menzionato Leonardo da Vinci, il cui approdo a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, lasciò una profonda influenza sulla pittura lombarda del tempo. Il dialogo tra artisti locali e stranieri venne più tardi favorito dalla vicenda collezionistica di Federico Borromeo, grande estimatore di Caravaggio e dei fiamminghi e dall'istituzione dell'Accademia e della Pinacoteca Ambrosiana.
Il ruolo propulsivo di Milano crebbe all'epoca della dominazione austriaca, grazie all'istituzione, nel 1776, dell'Accademia di Belle Arti di Brera, i cui corsi di architettura e ornato, diretti rispettivamente da Giuseppe Piermarini e Giocondo Albertolli, favorirono la diffusione del gusto neoclassico nei principali cantieri dell'epoca, da Palazzo Serbelloni a Palazzo Belgiojoso, da Palazzo ducale (oggi reale) a Villa Belgiojoso (oggi Villa reale, sede della Galleria d'Arte Moderna). Sempre legata alle aule e alle esposizioni di Brera fu l'affermazione del Romanticismo, che vide nel veneziano Francesco Hayez il suo massimo interprete, e del Divisionismo, di cui fu uno dei protagonisti Giovanni Segantini, il cui talento fu scoperto proprio a Brera dal gallerista Vittore Grubicy.
Infine non vanno dimenticate le esperienze artistiche del Futurismo, che ebbe nell'evoluzione industriale e tecnologica di Milano l'ispirazione e la concretizzazione dei propri ideali, e del gruppo di Novecento sorto tra le due guerre attorno alla figura carismatica della critica d'arte Margherita Sarfatti.
Con un'ampia raccolta di sculture, dipinti e opere grafiche di artisti quali Leonardo da Vinci, Sebastiano Ricci, Francesco Hayez, Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Umberto Boccioni e Adolfo Wildt, provenienti da importanti musei italiani e internazionali, "Il genio di Milano" alle Gallerie d'Italia è una mostra imperdibile che rende finalmente omaggio alla centralità artistica e culturale di Milano,
Dopo la mostra allestita al Museo Nazionale del Cinema di Torino, anche la città di Milano rende omaggio al grande genio creativo di Tim Burton con un percorso immersivo realizzato negli spazi espositivi della Fabbrica del Vapore.
Dimostrando la sua precoce abilità del disegno e una grande passione per il cinema, Tim Burton, appena diciottenne, vince una borsa di studio grazie ad una selezione indetta da "The Walt Disney Company". Questa grande opportunità gli permette di continuare a studiare e di iniziare a sperimentare le sue abilità in campo cinematografico attraverso l'ideazione di cortometraggi frutto di una fantasia irrefrenabile pur sempre legata a temi realistici legati al quotidiano. E' nel 1985 che realizza il suo primo lungometraggio dal titolo “Pee Wee's Big Adventure”, una commedia che racconta le avventure di un bizzarro personaggio che, pur essendo un uomo adulto, si comporta da bambino.
Il titolo della mostra "Tim Burton’s Labyrinth" racconta il carattere dell'esposizione: un vero e proprio percorso all'interno dei mondi ideati da Tim Burton nel corso della sua carriera, ricreati attraverso scenografie, effetti audio-video ed opere d'arte, per immergersi appieno nei temi iconici ideati dal registra per i suoi grandi capolavori cinematografici.
La mostra dedicata a Tim Burton a Milano è un'esperienza immersiva e divertente negli ambienti abitati da personaggi cari al pubblico, che sono entrati a far parte di un immaginario collettivo come Edward Mani di Forbice, Beetlejuice, Jack Skeletron di Nightmare Before Christmas, La sposa cadavere, Willi Wonka, Sweeney Todd, Batman e molti altri.
A cent'anni dalla grande "Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne" organizzata a Parigi il 28 aprile del 1925, la mostra dedicata all'Art Déco a Milano presso gli spazi espositivi di Palazzo Reale, omaggia la nascita e la diffusione di uno tra i gli stili più diffusi in Europa a partire dagli anni Venti del Novecento, la cui influenza raggiunse anche gli Stati Uniti.
La cosiddetta Art Déco nasce proprio in concomitanza con l'esposizione internazionale, che accoglieva le nuove linee guida ideate nel primo dopoguerra, indirizzate ad un recupero della semplicità e ad un rimando alle forme classiche arricchite da decorazioni essenziali e geometriche. Questo rinnovamento pervade varie forme d'arte tra cui la pittura, l'architettura, l'artigianato, l'arredamento e il design. Le forme lineari e simmetriche, dalle eleganti influenze esotiche, vengono arricchite dall'uso di colori vivaci ed impreziosite dall'uso di metalli o di materiali come vetro smaltato.
Pienamente aderenti allo "Stile 1925" sono i ritratti della pittrice Tamara de Lempicka, le illustrazioni di moda ad opera di George Barbier, la linearità del Théâtre des Champs-Élysées fino all'imponente struttura dell'Empire State Building a New York.
Un percorso eterogeneo tra immagini, opere d'arte, manufatti accompagnati da riferimenti al periodo storico nei quali sono state ideate, che ci permetterà di conoscere a fondo un linguaggio artistico che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento. Dopo il primo conflitto mondiale, la società dimostra un'irrefrenabile voglia di libertà che viene tradotta nella sfera artistica in un ritorno alla stabilità e all'ordine.
La mostra di "Intorno al 1925. Il Trionfo dell'Art Déco" a Palazzo Reale a Milano ripercorre la nascita e la diffusione di un linguaggio artistico riconoscibile, che ha lasciato spazio anche ad interpretazioni nazionali pur mantenendo elementi caratteristici solidi e ben delineati.
La mostra di Felice Casorati a Milano, allestita negli spazi di Palazzo Reale, presenta la più estesa e completa retrospettiva meneghina dedicata ad uno dei più originali protagonisti del Novecento italiano.
La lunga carriera di Casorati (1883 -1963) gli permise di elaborare uno stile personale che, pur attraversando le maggiori Avanguardie del XX
secolo, ha saputo mantenere una cifra stilistica propria. Si avvicinò artisticamente a molti movimenti artistici, dai quali prese spunto per plasmare la sua poetica: dapprima al
Simbolismo, per poi risultare influenzato dalla Secessione Viennese e dal Postimpressionismo, fino a giungere, negli anni Venti, a quello stile
vicino al Ritorno all'Ordine che decretò per Casorati il trionfo del proprio talento a livello internazionale, per poi sfociare in esiti vicino agli stilemi
del Realismo magico.
Le opere di Casorati si caratterizzano per un'atmosfera sospesa e per un colto rimando alla tradizione figurativa rinascimentale e sono spesso popolate da
soggetti realistici e al contempo stranianti, quasi inquietanti.
La mostra di Casorati a Milano, con la sua ampia selezione di opere che spaziano dalla scultura alla grafica, dal disegno alle illustrazioni fino alle arti applicate e alla musica, permette di comprendere a fondo il valore della versatilità e della creatività di un grande artista che seppe apportare contributi significativi in molti campi artistici e di conoscere gli aspetti più personali di un grande protagonista del Novecento italiano.
La mostra "Leonor Fini. Lo Sguardo della Sfinge", ospitata nelle sale di Palazzo Reale a Milano, mette in luce la poetica e il linguaggio di un'artista donna che ha saputo interpretare in un modo del tutto personale le linee guida del movimento surrealista diventandone una grande interprete.
Quello di Leonor Fini è un surrealismo femminista, frutto della sua storia complicata che la vede lottare fin da piccola contro le regole e le imposizioni dettate soprattutto dal genere maschile. Uno dei temi più cari all'artista, quello del travestimento, nasce proprio da un'esperienza infelice legata al suo affidamento, quando a soli due anni dovette mascherarsi per sfuggire dal padre che intendeva riportarla a Buenos Aires, nella sua città natale. La sua spiccata personalità, caratterizzata da un'acuta intelligenza e da una voglia di ribellione, le permette di captare ed interpretare al meglio le numerose e diversificate influenze artistiche e culturali della Trieste del tempo.
L'esposizione milanese intende indagare la versalità di Leonor Fini, dalla pitture che risentono delle influenze parigine di Max Ernst, André Breton e Salvador Dalì, passando per le esperienze nel mondo della moda, arricchite dal valore dei contatti con i grandi stilisti del tempo conosciuti soprattutto a Milano, fino ad approdare alle sue ideazioni nella veste di scenografa e costumista.
La mostra dedicata a Leonor Fini a Milano rappresenta un'occasione imperdibile per conoscere una figura iconica che ha tentato di affermarsi come donna e come pittrice nel mondo dell'arte attraverso la sperimentazione di varie pratiche artistiche.
La mostra "Dalì e la moda", ospitata da Palazzo Reale a Milano, è un'occasione per scoprire un lato inedito e curioso della produzione del padre del Surrealismo, che ha saputo sperimentare la sua grande creatività anche nel campo della moda.
L'artista catalano si avvicina alla pratica del disegno sin da bambino; grazie al suo grande talento viene indirizzato agli studi artistici e frequenta l'Accademia di Belle Arti di Madrid senza, tuttavia, mai portare a termine gli studi poiché dimostra il suo spirito ribelle nei confronti dei docenti e della pratica artistica. Libero di seguire il suo istinto, si lascia influenzare dalla poetica surrealista conosciuta nella città spagnola ed effettua il suo primo viaggio nella fervente Parigi, un soggiorno che darà il via ad una carriera di successo tutta in ascesa, sia come artista che come personaggio dell'alta società.
Il percorso espositivo esplora il rapporto tra Salvadorì Dalì e il mondo della moda, a partire da sui primi contatti con i grandi stilisti del momento fino all'ideazione di una linea di moda surrealista.
Dalì compie i primi passi nel campo della moda a partire dall'incontro con la stilista Coco Chanel, con la quale nel 1929 ideò l’etichetta per il suo iconico profumo "Chanel N°5". Successivamente conosce anche Elsa Schiaparelli con la quale entra in una forte sintonia e per la quale disegna l'abito da sera "aragosta", una creazione provocatoria, legata ad un tema molto caro all'artista, quello dell'inconscio. Da non dimenticare la collezione di costumi da bagno surrealisti dal nome “Nightmare Beachwear”, che l'artista presentò in una sfilata irriverente a bordo piscina organizzata nella città di Parigi.
La mostra di "Dalì e la moda" a Milano, grazie alla collaborazione con importanti musei internazionali, permette di far luce sull'approccio utilizzato dall'artista in un campo artistico a lui poco familiare, nel quale ha dimostrato di saper trasporre il suo linguaggio originale e la sua forte personalità.
A cavallo tra il 2025 e il 2026 la città di Milano ospita la prima retrospettiva dedicata al pittore Chaïm Soutine, con un'esposizione pensata per gli spazi di Palazzo Reale, che omaggia la produzione dell'artista bielorusso riscoperto solo in tempi recenti.
L'infanzia di Soutine è il periodo esistenziale che più influenza la sua poetica artistica: nato in una famiglia ebrea molto povera vive tra precarietà ed emarginazione in una zona sotto il comando dell’Impero russo. Nonostante non gli fosse permesso, Soutine si avvicina fin da piccolo alla pratica del disegno portando avanti la sua ardente passione per l'arte. E' nel 1913 che l'artista incontra una grande opportunità: un viaggio a Parigi, una città ricca di riferimenti culturali ed artistici dove ha modo di sperimentare le sue abilità, frequentare musei come il Louvre e trarre spunti significativi sia dalle opere degli artisti contemporanei che dai capolavori dei grandi maestri del passato. Amante dello studio dal vero viene ricordato per aver conservato nella sua abitazione parigina carcasse di animali al fine di analizzarne la composizione e trarne la giusta ispirazione per esternare il suo malessere interiore.
Le opere in mostra ci permetteranno di analizzare il linguaggio intenso utilizzato da Soutine: un'espressività fatta di colori vivaci, linee vorticose e pennellate materiche che rivela emozioni esasperate liberate sul supporto attraverso il mezzo pittorico e una personalità molto complessa, a tratti oscura.
La mostra "Chaïm Soutine. Una retrospettiva" a Milano, intende indagare la produzione artistica di un artista attivo nel periodo tra le due guerre, caratterizzato dal capitalismo e dall’ascesa dei nazionalismi, che ha saputo trasporre le sue sensazioni ed emozioni in uno stile pittorico unico e riconoscibile.
Dopo una prima tappa nella città di Parigi la mostra di Paolo Troubetzkoy approda a Milano nelle sale della Galleria d’Arte Moderna. Un'importante monografica, frutto di un ampio progetto di studi, dedicata all'artista di origini russe che ha saputo dimostrare, plasmando la materia con una tecnica del tutto personale, la sua spiccata sensibilità psicologica.
Le origini aristocratiche si scontrano con il suo animo ribelle alimentato dalla difficoltà a sottostare a regole rigide, soprattutto in campo artistico. Quella di Troubetzkoy è una grande passione che lo porta a prediligere lo studio dal vero, per questo continua la sua scoperta della pratica artistica da autodidatta, pur rimanendo affascinato dalle tante e diverse influenze letterarie, artistiche, musicali derivanti dal vivace ambiente culturale che si sviluppa nella dimora familiare.
Influenzato dallo stile della Scapigliatura, grazie agli incontri con pittori come Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, Troubetzkoy realizza sia sculture di tipo celebrativo e commemorativo che opere più intime dedicate a temi familiari come la maternità e l'infanzia. Il suo stile, dal taglio impressionista, è caratterizzato da forme frastagliate e dall'incessante ricerca di un'espressività nei volti. Con il movimento artistico degli scapigliati condivide soprattutto l'anticonformismo e l'utilizzo della tecnica dello sfumato, che traspone in scultura ideando forme che si espandono nello spazio.
Da ricordare i numerosi busti dedicati a personaggi di spicco dell'epoca come Tolstoj, Gabriele D'Annunzio, Enrico Caruso tramite i quali cerca di immortalare la loro identità e personalità.
Frutto della cospicua collaborazione della Galleria d’Arte Moderna di Milano con il Museo d'Orsay, la mostra dedicata a Paolo Troubetzkoy è una grande occasione per scoprire il valore della produzione di un artista in grado di donare alla materia espressività e movimento, non accontentandosi della mera rappresentazione visiva dei soggetti.
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano intende far conoscere al grande pubblico l'intensa carriera del celebre autore del Quarto Stato, la cui produzione pittorica - fatta eccezione per il capolavoro conservato alla Galleria d'Arte Moderna di Milano - è ingiustamento poco nota rispetto ai lavori degli altri grandi maestri del Divisionismo, da Giovanni Segantini a Gaetano Previati.
Formatosi presso le principali istituzioni artistiche della penisola, dall'Accademia di Brera di Milano all'Accademia di san Luca di Roma, fino alle accademie di Firenze e Bergamo, Giuseppe Pellizza intrattenne per tutta la vita un forte legame con il borgo natio di Volpedo, in provincia di Alessandria, dove trascorse buona parte della propria carriera ambientando i propri dipinti tra le vie e i luoghi a lui familiari. Benché ritiratosi a Volpedo, Pellizza si tenne sempre aggiornato sulle proteste che avvenivano in città e sui rivolgimenti del proprio tempo, grazie anche a letture di stampo socialista che favorirono la maturazione del pensiero politico che lo portò, in un lungo processo durato più di dieci anni, alla redazione dell'opera manifesto del Realismo sociale, il Quarto Stato.
Oltre ad omaggiare il grande capolavoro recentemente riallestito alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dopo la lunga permanenza al Museo del Novecento, la mostra milanese intende ripercorrere l'intera carriera dell'artista evidenziandone l'iniziale vicinanza ai modi dei Macchiaioli, dovuta all'apprendistato con Fattori, l'abilità di ritrattista, debitrice della formazione con Cesare Tallone, e l'evoluzione tecnico-stilistica in direzione del Divisionismo nata dal confronto con i colleghi Nomellini, Morbelli e Segantini.
Con importanti prestiti di collezioni private e prestigiose istituzioni museali nazionali, l'esposizione illustrerà le diverse sfaccettature della produzione di Pellizza capace di coniugare armoniosamente e coerentemente naturalismo e simbolismo.
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano è una rara e preziosa esposizione monografica sul pittore piemontese, che consentirà di scoprire l'animo sensibile, il carattere determinato, l'impegno politico, il talento artistico che fecero di Pellizza uno dei più importanti interpreti dell'arte italiana a cavallo tra Otto e Novecento.