Milano offre il più ampio programma di mostre e appuntamenti culturali della penisola. In questa pagina puoi trovare una selezione sempre aggiornata delle migliori mostre di Milano che Milanoguida ha scelto per te, tra le quali spiccano quelle organizzate da Palazzo Reale. Trovi informazioni pratiche, una breve descrizione della mostra e le visite guidate disponibili, sempre condotte da guide turistiche abilitate e laureate in storia dell'arte per garantirti la massima qualità nella scoperta delle mostre e dei grandi tesori del panorama culturale di Milano.
Milanoguida: le visite guidate alle migliori mostre di Milano
La mostra di George Hoyningen-Huene a Palazzo Reale a Milano offre l'occasione imperdibile per scoprire l'opera di uno dei più influenti fotografi del XX secolo.
Nato a San Pietroburgo nel 1900, figlio di un barone estone e di un'aristocratica americana, George Hoyningen-Huene lascia il paese natale dopo la Rivoluzione di Ottobre alla volta di Parigi, dove entra il contatto con i principali artisti del contesto culturale dell'epoca come Pablo Picasso, Salvador Dalì, Man Ray, Lee Miller e Coco Chanel. Influenzato da simili frequentazioni, Hoyningen-Huene matura uno stile raffinato e innovativo che gli vale, nel 1925, la nomina a primo fotografo dell'edizione francese di Vogue.
La chiave del successo del lavoro di Hoyningen-Huene risiede nella sua abilità compositiva che si coniuga con un approccio innovativo verso le tecniche di stampa che garantisce ai suoi scatti una gamma di toni e una profondità ineguagliabili.
Con oltre 100 opere, tra oggetti personali e fotografie storiche, l'esposizione milanese - la prima in Italia dedicata a Hoyningen-Huene - illustra la carriera e la concezione estetica dell'artista di origine russa attraverso dieci sezioni, ognuna delle quali dedicata a un specifico aspetto della sua produzione. In mostra sofisticati ritratti delle modelle parigine e rivoluzionari servizi realizzati per celebri maison di alta moda come Balenciaga, Schiaparelli e Chanel.
La mostra di George Hoyningen-Huene a Palazzo Reale a Milano ci trasporterà nell'affascinante atmosfera della Parigi degli anni Trenta facendoci conoscere uno dei più influenti e originali fotografi del XX secolo.
La mostra di Shirin Neshat al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano offre un'occasione davvero imperdibile per scoprire l'opera poliedrica e impegnata dell'artista iraniana, vincitrice di prestigiosi premi quali, nel 1999, il Leone d'oro alla Biennale di Venezia e, nel 2009, il Leone d'argento per la miglior regia al Festival di Venezia.
La mostra affianca una ricca selezione di fotografie a importanti videoinstallazioni, oggi proiettate nei più prestigiosi musei del mondo, dal MoMA di New York alla Tate Modern di Londra, illustrando la carriera ultratrentennale di Shirin Neshat. Tra le opere esposte si segnala Women of Allah, serie fotografica realizzata all'inizio degli anni Novanta che immortala corpi femminili coperti da eleganti calligrafie che riportano testi poetici di autrici iraniane. L'opera evidenzia l'attenzione dell'artista verso la storia del proprio paese e verso le donne, elemento che emerge con altrettanta forza nella video-installazione The Fury,
Fortemente legata alla sua esperienza biografica e alla cultura del suo paese, l'arte di Shirin Neshat parte dalla condizione delle donne iraniane per allargarsi verso un'ampia riflessione sull'età contemporanea e sul tema delle relazioni, come i rapporti uomo-donna, individuo-collettività e Oriente-Occidente.
La mostra di Shirin Neshat al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano ci farà immergere nell'opera potente e al contempo lirica di un'artista di caratura internazionale che, attraverso la fotografia, il cinema, il video e il teatro, riesce a trattare con rara sensibilità temi universali quali la questione di genere, il potere, la religione e la salute mentale.
La mostra di Felice Casorati a Milano, allestita negli spazi di Palazzo Reale, presenta la più estesa e completa retrospettiva meneghina dedicata ad uno dei più originali protagonisti del Novecento italiano.
La lunga carriera di Casorati (1883 -1963) gli permise di elaborare uno stile personale che, pur attraversando le maggiori Avanguardie del XX
secolo, ha saputo mantenere una cifra stilistica propria. Si avvicinò artisticamente a molti movimenti artistici, dai quali prese spunto per plasmare la sua poetica: dapprima al
Simbolismo, per poi risultare influenzato dalla Secessione Viennese e dal Postimpressionismo, fino a giungere, negli anni Venti, a quello stile
vicino al Ritorno all'Ordine che decretò per Casorati il trionfo del proprio talento a livello internazionale, per poi sfociare in esiti vicino agli stilemi
del Realismo magico.
Le opere di Casorati si caratterizzano per un'atmosfera sospesa e per un colto rimando alla tradizione figurativa rinascimentale e sono spesso popolate da
soggetti realistici e al contempo stranianti, quasi inquietanti.
La mostra di Casorati a Milano, con la sua ampia selezione di opere che spaziano dalla scultura alla grafica, dal disegno alle illustrazioni fino alle arti applicate e alla musica, permette di comprendere a fondo il valore della versatilità e della creatività di un grande artista che seppe apportare contributi significativi in molti campi artistici e di conoscere gli aspetti più personali di un grande protagonista del Novecento italiano.
A cent'anni dalla grande "Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne" organizzata a Parigi il 28 aprile del 1925, la mostra dedicata all'Art Déco a Milano presso gli spazi espositivi di Palazzo Reale, omaggia la nascita e la diffusione di uno tra i gli stili più diffusi in Europa a partire dagli anni Venti del Novecento, la cui influenza raggiunse anche gli Stati Uniti.
La cosiddetta Art Déco nasce proprio in concomitanza con l'esposizione internazionale, che accoglieva le nuove linee guida ideate nel primo dopoguerra, indirizzate ad un recupero della semplicità e ad un rimando alle forme classiche arricchite da decorazioni essenziali e geometriche. Questo rinnovamento pervade varie forme d'arte tra cui la pittura, l'architettura, l'artigianato, l'arredamento e il design. Le forme lineari e simmetriche, dalle eleganti influenze esotiche, vengono arricchite dall'uso di colori vivaci ed impreziosite dall'uso di metalli o di materiali come vetro smaltato.
Pienamente aderenti allo "Stile 1925" sono i ritratti della pittrice Tamara de Lempicka, le illustrazioni di moda ad opera di George Barbier, la linearità del Théâtre des Champs-Élysées fino all'imponente struttura dell'Empire State Building a New York.
Un percorso eterogeneo tra immagini, opere d'arte, manufatti accompagnati da riferimenti al periodo storico nei quali sono state ideate, che ci permetterà di conoscere a fondo un linguaggio artistico che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento. Dopo il primo conflitto mondiale, la società dimostra un'irrefrenabile voglia di libertà che viene tradotta nella sfera artistica in un ritorno alla stabilità e all'ordine.
La mostra di "Intorno al 1925. Il Trionfo dell'Art Déco" a Palazzo Reale a Milano ripercorre la nascita e la diffusione di un linguaggio artistico riconoscibile, che ha lasciato spazio anche ad interpretazioni nazionali pur mantenendo elementi caratteristici solidi e ben delineati.
La mostra "Leonor Fini. Lo Sguardo della Sfinge", ospitata nelle sale di Palazzo Reale a Milano, mette in luce la poetica e il linguaggio di un'artista donna che ha saputo interpretare in un modo del tutto personale le linee guida del movimento surrealista diventandone una grande interprete.
Quello di Leonor Fini è un surrealismo femminista, frutto della sua storia complicata che la vede lottare fin da piccola contro le regole e le imposizioni dettate soprattutto dal genere maschile. Uno dei temi più cari all'artista, quello del travestimento, nasce proprio da un'esperienza infelice legata al suo affidamento, quando a soli due anni dovette mascherarsi per sfuggire dal padre che intendeva riportarla a Buenos Aires, nella sua città natale. La sua spiccata personalità, caratterizzata da un'acuta intelligenza e da una voglia di ribellione, le permette di captare ed interpretare al meglio le numerose e diversificate influenze artistiche e culturali della Trieste del tempo.
L'esposizione milanese intende indagare la versalità di Leonor Fini, dalla pitture che risentono delle influenze parigine di Max Ernst, André Breton e Salvador Dalì, passando per le esperienze nel mondo della moda, arricchite dal valore dei contatti con i grandi stilisti del tempo conosciuti soprattutto a Milano, fino ad approdare alle sue ideazioni nella veste di scenografa e costumista.
La mostra dedicata a Leonor Fini a Milano rappresenta un'occasione imperdibile per conoscere una figura iconica che ha tentato di affermarsi come donna e come pittrice nel mondo dell'arte attraverso la sperimentazione di varie pratiche artistiche.
La mostra "The World of Banksy" a Milano offre l'occasione imperdibile per vedere riunite in un'unica sede espositiva alcune delle più importanti opere del celebre e al contempo misterioso street artisti britannico.
Ospitata nel nuovo spazio Varesina 2024, interessante progetto di riqualificazione all'interno del Quartiere Certosa, la mostra raccoglie oltre cento opere, tra fotografie, stampe, installazioni e graffiti, appositamente realizzate per il progetto "The World of Banky" allo scopo di portare all'attenzione di un pubblico più ampio possibile le riflessioni sulla contemporaneità che Banksy da anni propone attraverso i suoi interventi sparsi nel mondo.
Sarà possibile osservare la riproduzione di opere iconiche come Steve Jobs, Flower Thrower, Ozone Angel e Napoleon attraverso le quali Banksy ha provocatoriamente posto l'accento sui problemi, le contraddizioni e le ipocrisie che caratterizzano la società moderna, cercando di sensibilizzare il pubblico su temi quali la guerra, il potere e il consumismo.
Grazie all'ampiezza degli spazi e alla grande quantità di opere in mostra, l'esposizione "The World of Banksy" allo spazio Varesina 204 di Milano propone un'esperienza immersiva nell'opera ironica, dissacrante e politicamente impegnata di uno dei più originali e comunicativi interpreti della street art contemporanea.
La mostra di Leonora Carrington a Palazzo Reale a Milano si inserisce all'interno del palinsesto di iniziative espositive organizzate dal Comune di Milano per omaggiare i protagonisti dell'avanguardia del Surrealismo e far finalmente conoscere al grande pubblico le donne artiste del movimento.
Dopo l'italo-argentina Leonor Fini, sarà quindi la volta della britannica Leonora Carrington. Nata a Lancaster nel 1917, passa l’infanzia all’interno di una famiglia della ricca borghesia inglese. Carattere ribelle e anticonvenzionale, manifesterà da subito la sua avversione alle regole imposte dalla società ad una donna della sua classe sociale, vissute come ostacolo al proprio sviluppo culturale e intellettuale. Dopo gli anni passati in un collegio cattolico, la giovane dovrà infatti lottare con la famiglia per poter affrontare gli studi artistici: agli occhi del padre, ricco e burbero industriale del settore tessile, e della madre, nobildonna di origini inglesi, la carriera artistica sarebbe stata una strada senza sbocchi, soprattutto per una donna.
Riuscirà a imporre la propria volontà e a compiere la tanto desiderata formazione artistica dapprima a Firenze e poi alla Chelsea School of Art di Londra. Nella capitale inglese visita un'importante mostra sul Surrealismo che suscita in lei una profonda ammirazione per Max Ernst, con il quale inizierà più tardi un'intensa relazione professionale e sentimentale.
Dopo aver provato l'esperienza della malattia e del ricovero, trascorre buona parte della sua vita in Messico, dedicandosi all'attività pittorica e letteraria.
Con una ricca selezione di dipinti, libri e dipinti, la mostra di Leonora Carrington a Milano illustra le diverse anime di una donna che è stata artista, madre, femminista, migrante, ecologista, evidenziando il rapporto che Carrington ha sempre intrattenuto con l'Italia, fin dagli anni della formazione a Firenze.
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano intende far conoscere al grande pubblico l'intensa carriera del celebre autore del Quarto Stato, la cui produzione pittorica - fatta eccezione per il capolavoro conservato alla Galleria d'Arte Moderna di Milano - è ingiustamento poco nota rispetto ai lavori degli altri grandi maestri del Divisionismo, da Giovanni Segantini a Gaetano Previati.
Formatosi presso le principali istituzioni artistiche della penisola, dall'Accademia di Brera di Milano all'Accademia di san Luca di Roma, fino alle accademie di Firenze e Bergamo, Giuseppe Pellizza intrattenne per tutta la vita un forte legame con il borgo natio di Volpedo, in provincia di Alessandria, dove trascorse buona parte della propria carriera ambientando i propri dipinti tra le vie e i luoghi a lui familiari. Benché ritiratosi a Volpedo, Pellizza si tenne sempre aggiornato sulle proteste che avvenivano in città e sui rivolgimenti del proprio tempo, grazie anche a letture di stampo socialista che favorirono la maturazione del pensiero politico che lo portò, in un lungo processo durato più di dieci anni, alla redazione dell'opera manifesto del Realismo sociale, il Quarto Stato.
Oltre ad omaggiare il grande capolavoro recentemente riallestito alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dopo la lunga permanenza al Museo del Novecento, la mostra milanese intende ripercorrere l'intera carriera dell'artista evidenziandone l'iniziale vicinanza ai modi dei Macchiaioli, dovuta all'apprendistato con Fattori, l'abilità di ritrattista, debitrice della formazione con Cesare Tallone, e l'evoluzione tecnico-stilistica in direzione del Divisionismo nata dal confronto con i colleghi Nomellini, Morbelli e Segantini.
Con importanti prestiti di collezioni private e prestigiose istituzioni museali nazionali, l'esposizione illustrerà le diverse sfaccettature della produzione di Pellizza capace di coniugare armoniosamente e coerentemente naturalismo e simbolismo.
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano è una rara e preziosa esposizione monografica sul pittore piemontese, che consentirà di scoprire l'animo sensibile, il carattere determinato, l'impegno politico, il talento artistico che fecero di Pellizza uno dei più importanti interpreti dell'arte italiana a cavallo tra Otto e Novecento.
La mostra "Appiani. Lo splendore di Milano dall’età di Parini a Napoleone" ospitata a Palazzo Reale a Milano ripercorre la brillante carriera di uno dei massimi interpreti del Neoclassismo in Italia.
Formatosi inizialmente con Carlo Maria Giudici che lo avviò allo studio delle opere di Raffaello e Giulio Romano, Andrea Appiani si perfeziò frequentando l'Accademia Ambrosiana e gli studi di Martin Knoller e Giuliano Traballesi. I primi lavori vedono Appiani impegnato nella realizzazioni di scene e costumi peril Teatro alla Scala e nella realizzazioni di affreschi per dimore private e chiese, tra cui Palazzo Diotti a Milano e la parrocchiale di Rancate.
Tra i primi capolavori vanno ricordati gli affreschi per la chiesa milanese di Santa Maria presso San Celso, per i quali fu propedeutico il viaggio condotto tra Parma, Bologna, Firenze e Roma. Il successo arrivò con l'avvento della Repubblica Cisalpina: Napoleone apprezzò il talento del pittore milanese a tal punto da assegnargli numerosi incarichi quali il ruolo di selezionatore delle opere oggetto delle spoliazioni napoleoniche da destinare alle collezioni della Pinacoteca di Brera e il titolo di "primo pittore". Numerose furono poi le commissioni volte a celebrare Napoleone, dalla serie dei Fasti napoleonici, tempere su tela andate distrutte a seguito dei bombardamenti dell'agosto del 1943, all'affresco dell'Apoteosi di Napoleone, un tempo nella Sala del Trono di Palazzo Reale e oggi a Villa Carlotta a Tremezzo.
La carriera di Appiani fu interrotta da un ictus che lo colpì a pochi anni dall'esecuzione del Parnaso, affresco della sala da pranzo della Villa Reale di Milano, oggi sede della Galleria d'Arte moderna.
Organizzata in collaborazione con lo Châteaux de Malmaison et de Bois, dove si è svolta la prima tappa espositiva, la mostra di Andrea Appiani a Palazzo Reale a Milano raccoglie un'ampia selezione di dipinti, disegni e incisioni dell'artista che illsutrano il suo talento di frescante e di ritrattista e documentano le relazioni che il pittore riuscì a intesssere con i più raffinati collezionisti del tempo - oltre a Napoleone, Giovan Battista Sommariva, il viceré Eugenio di Beauharnais, la famiglia Litta - e le personalità artistiche di maggior spicco dell'età austriaca e napoleonica, da Giuseppe Parini ad Antonio Canova.
La mostra di Man Ray a Milano, ospitata negli spazi di Palazzo Reale, offre la possibilità di indagare la straordinaria produzione di uno degli artisti più irriverenti ed ironici del Novecento, capace di usare il linguaggio visivo per esplorare l’inconscio e il sogno e insieme il quotidiano e il banale, ponendoli sotto una nuova prospettiva.
Abilissimo nella sua capacità di unire l’irreale al quotidiano, Man Ray ha spaziato tra le tecniche più disparate - dalla fotografia alla pittura, dalla scultura al ready-made fino al cinema - con composizioni che sfidano la logica e stimolano l’immaginazione, invitando lo spettatore a riflettere sui rapporti tra corpo, oggetto e simbolo. Le sue opere celebrano il mistero dell’immagine, l’ambiguità e l’intensità emotiva, trasformando la fotografia in un terreno fertile per l’indagine del subconscio.
La mostra a Palazzo Reale esplora le molteplici forme d'arte di cui Man Ray si è servito per indagare la realtà, mettendone in luce le contraddizioni e i paradossi e per ricercarne la libertà più essenziale: una libertà intesa sia come libertà dai vincoli tecnici sia come emancipazione dai limiti della realtà percepita, facendo sì che le sue opere non si riducano mai a una sola interpretazione, ma rimangano aperte, enigmatiche, in grado di stimolare la mente e l’immaginazione di chi osserva.
La visita guidata alla mostra di Man Ray a Milano permette un'immersione nel mondo visionario di un artista che, attraverso il gioco, l’ironia e l’audacia, ha dato vita a un nuovo modo di vedere e creare, ancora oggi in grado di ispirare, sorprendere e far riflettere.
La mostra "Escher e l'arte Islamica" al Mudec di Milano intende indagare un aspetto affascinante e poco approfondito del noto incisore olandese, le cui invenzioni grafiche sono fortemente debitrici nei confronti dell'arte sviluppatasi nei territori segnati dalla dominazione araba.
Maurits Cornelis Escher nasce nel 1898 a Leeuwarden, Paesi Bassi. Dopo un percorso scolastico discontinuo, si iscrive alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, dove apprende l’arte dell’incisione, della xilografia e della litografia. Giovanissimo si trasferisce con la famiglia in Italia, paese che ama e che restituisce in straordinarie acqueforti dedicate alla costiera amalfitana, ai paesini calabresi e abruzzesi, e alle città d’arte, in particolare Siena e Roma, luogo in cui vive per quindici anni fino al 1935.
Lasciata l'Italia per la Svizzera, a seguito dell'affermazione del regime fascista, nel 1936 Escher compie un viaggio in Spagna che risulterà fondamentale per la sua arte. La visita al complesso dell'Alhambra di Granada gli permette di ammirare le piastrellature moresche che forniranno lo spunto per un approfondimento della tassellatura. L'appassionata consultazione di libri di ornamentazioni e di matematica lo porta così ad elaborare una metodologia geometrica per creare motivi decorativi in grado di coprire una superificie di dimensioni potenzialmente infinite.
Grazie a un confronto tra le più geniali e fantasiose invenzioni dell'artista olandese e una selezione di opere di origine araba, la mostra "Escher e l'arte islamica" al Mudec di Milano ci condurrà in un mondo di giochi visivi, costruzioni impossibili, trabocchetti grafici, popolato da esseri fantastici e animali, manifestazione degli alti esiti che l'arte può raggiungere grazie alla contaminazione tra culture differenti.
La mostra di Anselm Kiefer, allestita presso la Sala delle cariatdini di Palazzo Reale, offre un'ampia e suggestiva panoramica su una delle figure più interessanti dell'arte contemporanea.
Anselm Kiefer nasce a Donaueschingen, in Germania, nel 1945; dopo aver intrapreso gli studi in legge, si dedica stabilmente alla pittura, ambito che lo porterà ad incontrare il suo primo maestro e ispiratore, l’artista-sciamano Joseph Beuys. Da lui apprende una pratica che non è più solo pittorica o scultorea, ma che abbraccia ogni forma espressiva, filosofia che porterà Kiefer a prediligere materiali poveri o naturali (catrame, piombo, paglia, fiori di girasole bruciati, cenere), applicati su tele imponenti, quasi ambientali, capaci di modificare lo spazio. Il risultato è una “pittura” materica e tridimensionale, in cui non mancano riferimenti alla tradizione del Romanticismo tedesco e alla pittura di Van Gogh.
A partire dal 1969, l’artista crea provocatoriamente la serie Besetzung (“Occupazioni”), in cui si fa fotografare in varie località d’Europa occupate in passato dall’esercito tedesco, mentre fa il saluto nazista. Kiefer tentava così di sensibilizzare il pubblico e i media su un argomento che si tentava disperatamente di rimuovere dalla memoria tedesca.
Dopo il successo dell'esposizione tenutasi a Palazzo Strozzi a Firenze nel 2024, la mostra di Anselm Kiefer a Palazzo Reale offre una nuova imperdibile occasione per scoprire l'opera di un'artista che attingendo a una grande vastità di temi quali il mito, la religione, il misticismo, la poesia, la filosofia riesce a far riflettere il pubblico sull'importanza che memoria e passato esercitano sul presente.
La mostra dedicata ai Macchiaioli a Palazzo Reale a Milano è una straordinaria occasione per esplorare uno dei movimenti più originali e dirompenti della storia dell'arte italiana.
Il movimento dei Macchiaioli, nato a Firenze nella seconda metà dell'Ottocento, ha rappresentano il punto di incontro tra tradizione e modernità, tra radici locali e visioni universali, tra semplicità e complessità: con la loro attenzione al dato reale, alle luci e alle ombre, agli effetti cromatici delle macchie di colore giustapposte e con la loro sensibilità per le tematiche sociali, i Macchiaioli hanno saputo restituire nei loro dipintiil volto di un'Italia in mutamento, con le sue bellezze e le sue problematiche, ma sempre nella sua verità più schietta e immediata.
Anticipatori per molti aspetti dell’arte dell'Impressionismo, i Macchiaioli hanno saputo rinnovare l'arte rappresentando il reale attraverso una combinazione sapiente di colori e luci: mentre il legame con la luce è forse l’elemento più distintivo della pittura dei Macchiaioli, le pennellate solide e materiche concorrono a conferire solidità alla struttura pittorica e, rappresentando l’interazione tra luce e materia, riescono a comporre opere che vibrano di energia e dinamismo visivo. I contrasti cromatici non sono mai casuali, ma studiati per rendere l’atmosfera del momento, il passaggio di una nuvola, il calore di un pomeriggio estivo o l’ombra fresca di un albero.
Contadini, lavoratori, madri e soldati diventano i protagonisti di una pittura che restituisce con straordinaria immediatezza le fatiche e le gioie della vita quotidiana, nella quale i soggetti sono colti in gesti semplici ma densi di significato, illuminati da una luce che esalta la loro presenza umana e il contesto che li circonda.
La mostra sui Macchiaioli a Palazzo Reale a Milano permette di riscoprire, attraverso una nutrita selezione di capolavori dei più grandi esponenti del movimento, l’unicità di un gruppo di artisti che, con la loro “rivoluzione della macchia”, hanno saputo restituire la poesia del reale, aprendo nuove strade nell’arte e nella percezione del mondo, in cui il colore e la luce raccontano storie di paesaggi, persone e momenti, trasportando i visitatori nel cuore pulsante dell’Italia dell’Ottocento.
Dopo una prima tappa nella città di Parigi la mostra di Paolo Troubetzkoy approda a Milano nelle sale della Galleria d’Arte Moderna. Un'importante monografica, frutto di un ampio progetto di studi, dedicata all'artista di origini russe che ha saputo dimostrare, plasmando la materia con una tecnica del tutto personale, la sua spiccata sensibilità psicologica.
Le origini aristocratiche si scontrano con il suo animo ribelle alimentato dalla difficoltà a sottostare a regole rigide, soprattutto in campo artistico. Quella di Troubetzkoy è una grande passione che lo porta a prediligere lo studio dal vero, per questo continua la sua scoperta della pratica artistica da autodidatta, pur rimanendo affascinato dalle tante e diverse influenze letterarie, artistiche, musicali derivanti dal vivace ambiente culturale che si sviluppa nella dimora familiare.
Influenzato dallo stile della Scapigliatura, grazie agli incontri con pittori come Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, Troubetzkoy realizza sia sculture di tipo celebrativo e commemorativo che opere più intime dedicate a temi familiari come la maternità e l'infanzia. Il suo stile, dal taglio impressionista, è caratterizzato da forme frastagliate e dall'incessante ricerca di un'espressività nei volti. Con il movimento artistico degli scapigliati condivide soprattutto l'anticonformismo e l'utilizzo della tecnica dello sfumato, che traspone in scultura ideando forme che si espandono nello spazio.
Da ricordare i numerosi busti dedicati a personaggi di spicco dell'epoca come Tolstoj, Gabriele D'Annunzio, Enrico Caruso tramite i quali cerca di immortalare la loro identità e personalità.
Frutto della cospicua collaborazione della Galleria d’Arte Moderna di Milano con il Museo d'Orsay, la mostra dedicata a Paolo Troubetzkoy è una grande occasione per scoprire il valore della produzione di un artista in grado di donare alla materia espressività e movimento, non accontentandosi della mera rappresentazione visiva dei soggetti.