Milano offre il più ampio programma di mostre e appuntamenti culturali della penisola. In questa pagina puoi trovare una selezione sempre aggiornata delle migliori mostre di Milano che Milanoguida ha scelto per te, tra le quali spiccano quelle organizzate da Palazzo Reale. Trovi informazioni pratiche, una breve descrizione della mostra e le visite guidate disponibili, sempre condotte da guide turistiche abilitate e laureate in storia dell'arte per garantirti la massima qualità nella scoperta delle mostre e dei grandi tesori del panorama culturale di Milano.
Milanoguida: le visite guidate alle migliori mostre di Milano
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano intende far conoscere al grande pubblico l'intensa carriera del celebre autore del Quarto Stato, la cui produzione pittorica - fatta eccezione per il capolavoro conservato alla Galleria d'Arte Moderna di Milano - è ingiustamento poco nota rispetto ai lavori degli altri grandi maestri del Divisionismo, da Giovanni Segantini a Gaetano Previati.
Formatosi presso le principali istituzioni artistiche della penisola, dall'Accademia di Brera di Milano all'Accademia di san Luca di Roma, fino alle accademie di Firenze e Bergamo, Giuseppe Pellizza intrattenne per tutta la vita un forte legame con il borgo natio di Volpedo, in provincia di Alessandria, dove trascorse buona parte della propria carriera ambientando i propri dipinti tra le vie e i luoghi a lui familiari. Benché ritiratosi a Volpedo, Pellizza si tenne sempre aggiornato sulle proteste che avvenivano in città e sui rivolgimenti del proprio tempo, grazie anche a letture di stampo socialista che favorirono la maturazione del pensiero politico che lo portò, in un lungo processo durato più di dieci anni, alla redazione dell'opera manifesto del Realismo sociale, il Quarto Stato.
Oltre ad omaggiare il grande capolavoro recentemente riallestito alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dopo la lunga permanenza al Museo del Novecento, la mostra milanese intende ripercorrere l'intera carriera dell'artista evidenziandone l'iniziale vicinanza ai modi dei Macchiaioli, dovuta all'apprendistato con Fattori, l'abilità di ritrattista, debitrice della formazione con Cesare Tallone, e l'evoluzione tecnico-stilistica in direzione del Divisionismo nata dal confronto con i colleghi Nomellini, Morbelli e Segantini.
Con importanti prestiti di collezioni private e prestigiose istituzioni museali nazionali, l'esposizione illustrerà le diverse sfaccettature della produzione di Pellizza capace di coniugare armoniosamente e coerentemente naturalismo e simbolismo.
La mostra di Giuseppe Pellizza da Volpedo alla Galleria d'Arte Moderna di Milano è una rara e preziosa esposizione monografica sul pittore piemontese, che consentirà di scoprire l'animo sensibile, il carattere determinato, l'impegno politico, il talento artistico che fecero di Pellizza uno dei più importanti interpreti dell'arte italiana a cavallo tra Otto e Novecento.
La mostra di Man Ray a Milano, ospitata negli spazi di Palazzo Reale, offre la possibilità di indagare la straordinaria produzione di uno degli artisti più irriverenti ed ironici del Novecento, capace di usare il linguaggio visivo per esplorare l’inconscio e il sogno e insieme il quotidiano e il banale, ponendoli sotto una nuova prospettiva.
Abilissimo nella sua capacità di unire l’irreale al quotidiano, Man Ray ha spaziato tra le tecniche più disparate - dalla fotografia alla pittura, dalla scultura al ready-made fino al cinema - con composizioni che sfidano la logica e stimolano l’immaginazione, invitando lo spettatore a riflettere sui rapporti tra corpo, oggetto e simbolo. Le sue opere celebrano il mistero dell’immagine, l’ambiguità e l’intensità emotiva, trasformando la fotografia in un terreno fertile per l’indagine del subconscio.
La mostra a Palazzo Reale esplora le molteplici forme d'arte di cui Man Ray si è servito per indagare la realtà, mettendone in luce le contraddizioni e i paradossi e per ricercarne la libertà più essenziale: una libertà intesa sia come libertà dai vincoli tecnici sia come emancipazione dai limiti della realtà percepita, facendo sì che le sue opere non si riducano mai a una sola interpretazione, ma rimangano aperte, enigmatiche, in grado di stimolare la mente e l’immaginazione di chi osserva.
La visita guidata alla mostra di Man Ray a Milano permette un'immersione nel mondo visionario di un artista che, attraverso il gioco, l’ironia e l’audacia, ha dato vita a un nuovo modo di vedere e creare, ancora oggi in grado di ispirare, sorprendere e far riflettere.
Dopo il percorso dedicato al Futurismo e al Graffitismo, la Fabbrica del Vapore di Milano ospita la mostra "I tre grandi si Spagna. L'arte di di Dalí, Mirò e Picasso", un nuovo e appassionato omaggio alle avanguardie artistiche del XX secolo che prende le forme di un'esposizione dedicata alla produzione grafica dei tre maestri.
Vita e opere al centro di un'esposizione che celebra tre maestri assoluti della storia dell’arte, accomunati non solo dalla patria d’origine, ma anche da una visione che ha profondamente segnato il Novecento. Nati a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, i tre “grandi di Spagna” condividono l’influenza della tradizione pittorica iberica, da Velázquez a Goya, e una formazione culturale cosmopolita, forgiata nel vivace clima parigino delle avanguardie: dal Cubismo al Dadaismo, fino al Surrealismo. Le loro esistenze sono inoltre attraversate da eventi storici drammatici, come la Guerra civile spagnola, che hanno lasciato un’impronta profonda sulla loro produzione artistica.
Ciò che li unisce è anche la rottura radicale con la rappresentazione realistica, a favore di un linguaggio simbolico, personale e visionario. Pur mantenendo stili distinti e inconfondibili, tutti e tre condividono un interesse profondo per l’inconscio, il sogno, l’astrazione e la libertà formale. Ad accomunarli è inoltre lo sperimentalismo che li ha portati a praticare ogni ambito artistico, dalla pittura alla scultura, dal disegno all'incisione avviando collaborazioni anche con il mondo della moda, del teatro e del cinema. Esemplificativa in tal senso è la scenografia realizzata da Dalí nel 1939 per il balletto "Bacchanale" che viene esposta per la prima volta in Italia.
I lavori esposti, tutte opere su carta, consentono un confronto diretto tra le poetiche di questi tre giganti del Novecento, offrendo al pubblico l’opportunità di scoprire affinità e divergenze tra i loro mondi immaginifici. Tra le opere più significative le incisioni realizzate da Picasso per il mercante d'arte Ambroise Vollard, in cui l'artista ripropone i temi affrontati negli stessi anni in pittura, tra cui il mito del Minotauro, rivelando il suo grande talento nelle diverse tecniche incisorie, come il bulino, la puntasecca, l'acquaforte e l'acquatinta.
Attraverso disegni, bozzetti, prove di stampa, incisioni, litografie e disegni preparatori, la mostra "I tre grandi si Spagna. L'arte di di Dalí, Mirò e Picasso" alla Fabbrica del Vapore a Milano permette di ammirare grafiche dalla rivoluzionaria forza espressiva di tre protagonisti che hanno segnato per sempre la storia dell’arte moderna.
La mostra "Escher. Tra arte e scienza" al Mudec di Milano intende indagare un aspetto affascinante e poco approfondito del noto incisore olandese, le cui invenzioni grafiche sono fortemente debitrici nei confronti dell'arte sviluppatasi nei territori segnati dalla dominazione araba.
Maurits Cornelis Escher nasce nel 1898 a Leeuwarden, Paesi Bassi. Dopo un percorso scolastico discontinuo, si iscrive alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, dove apprende l’arte dell’incisione, della xilografia e della litografia. Giovanissimo si trasferisce con la famiglia in Italia, paese che ama e che restituisce in straordinarie acqueforti dedicate alla costiera amalfitana, ai paesini calabresi e abruzzesi, e alle città d’arte, in particolare Siena e Roma, luogo in cui vive per quindici anni fino al 1935.
Lasciata l'Italia per la Svizzera, a seguito dell'affermazione del regime fascista, nel 1936 Escher compie un viaggio in Spagna che risulterà fondamentale per la sua arte. La visita al complesso dell'Alhambra di Granada gli permette di ammirare le piastrellature moresche che forniranno lo spunto per un approfondimento della tassellatura. L'appassionata consultazione di libri di ornamentazioni e di matematica lo porta così ad elaborare una metodologia geometrica per creare motivi decorativi in grado di coprire una superificie di dimensioni potenzialmente infinite.
Grazie a un confronto tra le più geniali e fantasiose invenzioni dell'artista olandese e una selezione di opere di origine araba, la mostra "Escher. Tra arte e scienza" al Mudec di Milano ci condurrà in un mondo di giochi visivi, costruzioni impossibili, trabocchetti grafici, popolato da esseri fantastici e animali, manifestazione degli alti esiti che l'arte può raggiungere grazie alla contaminazione tra culture differenti.
La mostra di Leonora Carrington a Palazzo Reale a Milano si inserisce all'interno del palinsesto di iniziative espositive organizzate dal Comune di Milano per omaggiare i protagonisti dell'avanguardia del Surrealismo e far finalmente conoscere al grande pubblico le donne artiste del movimento.
Dopo l'italo-argentina Leonor Fini, sarà quindi la volta della britannica Leonora Carrington. Nata a Lancaster nel 1917, passa l’infanzia all’interno di una famiglia della ricca borghesia inglese. Carattere ribelle e anticonvenzionale, manifesterà da subito la sua avversione alle regole imposte dalla società ad una donna della sua classe sociale, vissute come ostacolo al proprio sviluppo culturale e intellettuale. Dopo gli anni passati in un collegio cattolico, la giovane dovrà infatti lottare con la famiglia per poter affrontare gli studi artistici: agli occhi del padre, ricco e burbero industriale del settore tessile, e della madre, nobildonna di origini inglesi, la carriera artistica sarebbe stata una strada senza sbocchi, soprattutto per una donna.
Riuscirà a imporre la propria volontà e a compiere la tanto desiderata formazione artistica dapprima a Firenze e poi alla Chelsea School of Art di Londra. Nella capitale inglese visita un'importante mostra sul Surrealismo che suscita in lei una profonda ammirazione per Max Ernst, con il quale inizierà più tardi un'intensa relazione professionale e sentimentale.
Dopo aver provato l'esperienza della malattia e del ricovero, trascorre buona parte della sua vita in Messico, dedicandosi all'attività pittorica e letteraria.
Con una ricca selezione di dipinti, libri e dipinti, la mostra di Leonora Carrington a Milano illustra le diverse anime di una donna che è stata artista, madre, femminista, migrante, ecologista, evidenziando il rapporto che Carrington ha sempre intrattenuto con l'Italia, fin dagli anni della formazione a Firenze.
La mostra "Appiani. Lo splendore di Milano dall’età di Parini a Napoleone" ospitata a Palazzo Reale a Milano ripercorre la brillante carriera di uno dei massimi interpreti del Neoclassismo in Italia.
Formatosi inizialmente con Carlo Maria Giudici che lo avviò allo studio delle opere di Raffaello e Giulio Romano, Andrea Appiani si perfeziò frequentando l'Accademia Ambrosiana e gli studi di Martin Knoller e Giuliano Traballesi. I primi lavori vedono Appiani impegnato nella realizzazioni di scene e costumi peril Teatro alla Scala e nella realizzazioni di affreschi per dimore private e chiese, tra cui Palazzo Diotti a Milano e la parrocchiale di Rancate.
Tra i primi capolavori vanno ricordati gli affreschi per la chiesa milanese di Santa Maria presso San Celso, per i quali fu propedeutico il viaggio condotto tra Parma, Bologna, Firenze e Roma. Il successo arrivò con l'avvento della Repubblica Cisalpina: Napoleone apprezzò il talento del pittore milanese a tal punto da assegnargli numerosi incarichi quali il ruolo di selezionatore delle opere oggetto delle spoliazioni napoleoniche da destinare alle collezioni della Pinacoteca di Brera e il titolo di "primo pittore". Numerose furono poi le commissioni volte a celebrare Napoleone, dalla serie dei Fasti napoleonici, tempere su tela andate distrutte a seguito dei bombardamenti dell'agosto del 1943, all'affresco dell'Apoteosi di Napoleone, un tempo nella Sala del Trono di Palazzo Reale e oggi a Villa Carlotta a Tremezzo.
La carriera di Appiani fu interrotta da un ictus che lo colpì a pochi anni dall'esecuzione del Parnaso, affresco della sala da pranzo della Villa Reale di Milano, oggi sede della Galleria d'Arte moderna.
Organizzata in collaborazione con lo Châteaux de Malmaison et de Bois, dove si è svolta la prima tappa espositiva, la mostra di Andrea Appiani a Palazzo Reale a Milano raccoglie un'ampia selezione di dipinti, disegni e incisioni dell'artista che illsutrano il suo talento di frescante e di ritrattista e documentano le relazioni che il pittore riuscì a intesssere con i più raffinati collezionisti del tempo - oltre a Napoleone, Giovan Battista Sommariva, il viceré Eugenio di Beauharnais, la famiglia Litta - e le personalità artistiche di maggior spicco dell'età austriaca e napoleonica, da Giuseppe Parini ad Antonio Canova.
La mostra "L'Italia dei primi italiani. Ritratto di una nazione appena nata", ospitata al Castello di Novara, racconta, attraverso una selezione di opere d'arte provenienti da importanti istituzioni museali italiane e collezioni private, l'Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, mettendo in luce le diverse sfaccettature di una fase complessa di consolidamento politico e sociale.
Dall'unificazione del territorio nazionale, che porta con sé problematiche ancora oggi da analizzare, come il divario tra classi sociali nelle stesse città e le differenze di sviluppo tra Nord e Sud, alla presa di Roma che diventa la capitale e al progressivo rinnovamento della classe dirigente, l’Italia attraversa un periodo storico dominato dal cambiamento e dallo slancio verso la modernità.
La mostra si propone di offrire uno spaccato dell’epoca attraverso sette sezioni tematiche: il mondo contadino, le località costiere, la realtà urbana, il tempo libero, il rapporto tra le donne borghesi e l’arte, la prostituzione e la vita nelle metropoli. Questi percorsi ci guidano idealmente attraverso la penisola italiana, nel tempo e nello spazio, accompagnati dalle opere di grandi maestri come Giuseppe De Nittis e i Macchiaioli tra i quali Giovanni Fattori e Telemaco Signorini.
Non solo esposizione artistica, ma anche approfondimento storico: "L'Italia dei primi italiani. Ritratto di una nazione appena nata" è un percorso pensato per conoscere meglio la varietà e le peculiarità locali che caratterizzano il nostro Paese, valorizzando la forza evocativa delle opere realizzate da grandi pittori italiani.
La mostra di Jack Vettriano alla Permanente di Milano rende omaggio al grande artista scozzese recentemente scomparso, autore di immagini fortemente evocative e cariche di sensualità.
Jack Vettriano, all'anagrafe Jack Hoggan, nasce nel 1951 in una famiglia dedita all'estrazione del carbone, per aiutare la quale inizia a lavorare in età infantile lasciando la scuola per diventare apprendista tecnico minerario. Inizia a dedicarsi alla pittura solo a ventun anni dopo aver ricevuto in regalo per il compleanno una scatola di pennelli e acquerelli. La prima esposizione in ambito professionale alla Royal Scottish Academy a Edimburgo nel 1988 segna l'inizio di una carriera caratterizzata dall'ostracismo della critica d'arte ufficiale, che gli ha sempre rimproverato la formazione da autodidatta e un'estetica leggera, ma da un grande successo di pubblico.
Le opere di Vettriano riescono, infatti, a trasportare lo spettatore in atmosfere sognanti e in situazioni ricche di romanticismo e sensualità. Esemplare è il dipinto Il maggiordomo che canta, in cui una coppia danza sulla battigia protetta dalla pioggia e dal vento dagli ombrelli sorrettii da una cameriera e da un maggiordomo che Vettriano immagina intonare le note di Fly me to the moon di Frank Sinatra.
La mostra di Jack Vettriano alla Permanente di Milano ci trasporta nelle atmosfere seducenti, a tratti misteriose, di piste da ballo, camere d'albergo, club esclusivi popolati da affascinanti donne ed eleganti uomini grazie all'eposizione di 80 opere tra cui nove dipinti a olio su tela, lavori su carta museale e tiratura unica e fotografie scattate nell'atelier dell'artista.
La mostra sul Necolassicismo a Milano mette in luce una stagione culturale di profondo cambiamento, in cui arte e politica si intrecciano.
Dopo il successo dell’esposizione "Il Genio di Milano", le Gallerie d’Italia presentano un nuovo progetto che mette in risalto la produzione artistica di Milano e Roma, considerate centri nevralgici del Neoclassicismo in un periodo di intenso fermento culturale e politico.
Classicità ed equilibrio sono i cardini di un movimento che, nel segno di un ritorno all’ordine, esalta la ragione, celebra la semplicità e si pone come espressione di un rinnovamento profondo e consapevole. Roma, erede per eccellenza dell’arte classica e fonte inesauribile di modelli, e Milano, che proprio in quel periodo acquisisce una nuova solennità attraverso architetture monumentali e palazzi eleganti volti a riflettere la grandezza del Regno di Napoleone, entrano in dialogo.
I protagonisti della mostra sono Canova, Appiani, Bossi e altri artisti che hanno pienamente abbracciato i valori del Neoclassicismo, traducendoli in opere capaci di coniugare idealismo, rigore formale e ricerca di armonia. Altrettanto centrale è la figura di Napoleone, il cui progetto politico e culturale ha profondamente influenzato la produzione artistica dell’epoca e non solo.
La mostra "Metafisica/Metafisiche" a Palazzo Reale propone un affascinante approfondimento su uno dei movimenti più importanti del Novecento italiano illustrandone le influenze nel campo dell'arte, della moda, dell'architettura, del teatro, della musica e del cinema.
Nata dalla fantasia di Giorgio De Chirico che con le sue Piazze d'Italia e i suoi manichini crea un repertorio di immagini di carattere straniante che invitano ad andare oltre l'aspetto visibile delle cose, la Metafisica si nutre ben presto dei contributi di Carlo Carrà, Giorgio Morandi,. Filippo De Pisis e Alberto Savinio. Ciascun artista ne offrirà la propria personale interpretazione esportando la Metafisica oltre i confini dell'arte figurativa nei campi della letteratura, del teatro, del cinema, della moda e della televisione.
La forza della poetica della Metafisica è documentata dall'influenza esercitata sugli artisti europei e americani del tempo, in particolar sugli esponenti del Surrealismo, avanguardia che condivide con la Metafisica un senso di spaesamento e di destabilizzazione che si crea nell'osservatore. L'eredità della Metafisica non si arresta con il superamento della metà del Novecento, lasciando le proprie tracce nella Pop Art e trovando forme di rielaborazione nell'architettura, nel cinema, nel design, nella fotografia, nel teatro e nella moda.
Con oltre trecento opere provenienti da importanti musei e archivi e da prestigiose collezioni private, la mostra "Metafisica/Metafisiche" a Palazzo Reale affinaca le più significative opere del gruppo della Metafisica - De Chirico, Carrà, Morandi, De Pisis e Savinio - alle creazioni di quegli artisti che in varie epoche e in vario modo ne rimasero influenzati, da Casorati a Sironi, da Magritte a Dalí, da Ernst a Warhol, senza dimenticare fotografi come Jodice e Basilico, architetti come Ponti e Portoghesi, registi come Sorrentino e Burton.
La mostra di Robert Mapplethorpe a Palazzo Reale offre al pubblico l'occasione per ammirare l'opera di uno dei più originali e rivoluzionari interpreti della fotografia del Novecento.
Nato a New York nel 1946, Robert Mapplethorpe si afferma ben presto come protagonista della controcultura che si afferma negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Ottanta svillupando la concezione dell'atto creativo come forma di gesto politico e di espressione di libertà e identità, soprattutto in ambito sessuale.
Seconda tappa di un progetto espositivo che ha già coinvolto le Stanze della Fotografia di Venezia e che approderà poi a Roma, la mostra milanese, dal significativo titolo "Le forme del desiderio", approfondisce la ricerca estetica di Mapplethorpe nell'ambito della fotografia di nudo, in cui corpi sensuali vengono ritratti in pose che ne esaltano la tensione fisica e la perfezione plastica in un richiamo formale alla statuaria greca.
La mostra di Robert Mapplethorpe "Le forme del desiderio" in programma a Palazzo Reale ci farà ammirare alcuni degli scatti più iconici e controversi di uno dei più grandi fotografi del Novecento.
La mostra dedicata ai Macchiaioli a Palazzo Reale a Milano è una straordinaria occasione per esplorare uno dei movimenti più originali e dirompenti della storia dell'arte italiana.
Il movimento dei Macchiaioli, nato a Firenze nella seconda metà dell'Ottocento, ha rappresentano il punto di incontro tra tradizione e modernità, tra radici locali e visioni universali, tra semplicità e complessità: con la loro attenzione al dato reale, alle luci e alle ombre, agli effetti cromatici delle macchie di colore giustapposte e con la loro sensibilità per le tematiche sociali, i Macchiaioli hanno saputo restituire nei loro dipintiil volto di un'Italia in mutamento, con le sue bellezze e le sue problematiche, ma sempre nella sua verità più schietta e immediata.
Anticipatori per molti aspetti dell’arte dell'Impressionismo, i Macchiaioli hanno saputo rinnovare l'arte rappresentando il reale attraverso una combinazione sapiente di colori e luci: mentre il legame con la luce è forse l’elemento più distintivo della pittura dei Macchiaioli, le pennellate solide e materiche concorrono a conferire solidità alla struttura pittorica e, rappresentando l’interazione tra luce e materia, riescono a comporre opere che vibrano di energia e dinamismo visivo. I contrasti cromatici non sono mai casuali, ma studiati per rendere l’atmosfera del momento, il passaggio di una nuvola, il calore di un pomeriggio estivo o l’ombra fresca di un albero.
Contadini, lavoratori, madri e soldati diventano i protagonisti di una pittura che restituisce con straordinaria immediatezza le fatiche e le gioie della vita quotidiana, nella quale i soggetti sono colti in gesti semplici ma densi di significato, illuminati da una luce che esalta la loro presenza umana e il contesto che li circonda.
La mostra sui Macchiaioli a Palazzo Reale a Milano permette di riscoprire, attraverso una nutrita selezione di capolavori dei più grandi esponenti del movimento, l’unicità di un gruppo di artisti che, con la loro “rivoluzione della macchia”, hanno saputo restituire la poesia del reale, aprendo nuove strade nell’arte e nella percezione del mondo, in cui il colore e la luce raccontano storie di paesaggi, persone e momenti, trasportando i visitatori nel cuore pulsante dell’Italia dell’Ottocento.
La mostra "Il senso della neve" al Mudec di Milano intende offrire un approfondimento di ampio raggio su un tema che si pone in chiara relazione con la grande manifestazione sportiva delle Olimpiadi invernali Milano Cortina che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio 2026.
La neve è al centro di un'esposizione che parte da un approccio scientifico per approdare verso orizzonti di carattare culturale e artistico. Elemento naturale di straordinario fascino per la sua caratteristica struttura a cristalli, la neve ha sempre catturato l'attenzione degli artisti, dall'epoca degli affreschi medievali dedicati ai mesi - si pensi alla torre dell'Aquila del Castello di Trento - alla pittura dell'Ottocento, in cui pianure e vette imbiancate popolano le tele di Monet, le vedute urbane della tradizione lombarda e i quadri dei Divisionisti. Accanto alle opere degli artisti europei non vanno dimenticate le splendide stampe giapponesi dedicate al tema. In mostra sarà possibile ammirare un suggestivo confronto sulla rappresentazine della neve tra la tradizione occidentale e quella orientale.
Arricchisce l'esposizione un approfondimento di taglio antropologico che, grazie ai prestiti della rete MIPAM (Musei Italiani con Patrimonio dal Mondo), illustra il rapporto le culture dei popoli artici e della Terra del Fuoco intrattengono con la neve per il tramite di pratiche magico-religiose.
La mostra "Il senso della neve" al Mudec di Milano è un'esposizione multidisciplinare di grande fascino che mettendo in dialogo scienza, arte e antropologia ci propone uno sguardo inedito sul fenomeno naturale che da sempre affascina di più l'essere umano.
La mostra "Kiefer. Alchimie", allestita presso la Sala delle cariatidi di Palazzo Reale, è un affascinante progetto site specific ideato dall'artista tedesco per la sede espositiva milanese finalizzato a far conoscere al grande pubblico figure femminili della storia spesso dimenticate.
Strutturato in trentotto monumentali teleri che dialogano con la potente bellezza delle cariatidini mutilate dai bombardamenti del 1943, il lavoro "Alchimiste" omaggia grandi figure di donne che hanno messo la loro intelligenza a servizio della medicina e della cosmesi grazie alla loro capacità di mescolare scienza e alchimia, magia e filosofia. Tra queste Caterina Sforza, figlia del duca Galeazzo Maria Sforza, condottiera, scienziata e autrice di un manoscritto contenente oltre 400 ricette per medicamenti e formule alchemiche. Accanto a lei altre donne - Isabella Cortese, Maria la Giudea, Marie Meudrac, Rebecca Vaughan, Mary Anne Atwood, Anne Marie Ziegler - le cui intelligenze furono denigrate, perseguitate e dimenticate.
Attento ai poteri creativi delle donne nella storia fin dai suoi esordi negli anni Settanta, Anselm Kiefer fa rivivere le alchimiste nelle sue tele dense di materia e dal forte valore simbolico dove le scarse notizie biografiche note offrono lo spunto per le visioni dell'artista. La manipolazione della natura attraverso pratiche in bilico tra scienza e magia trova il suo corrispettivo nella trasformazione della materia che avviene sotto le mani di Kiefer, artista da sempre attento ai temi della distruzione e rigenerazione.
La mostra "Alchimie di Anselm Kiefer" nello spazio della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale è un generoso omaggio che l'artista tedesco ha voluto fare a Milano, nell'occasione dei Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina 2026, celebrando una figura come Caterina Sforza che testimonia come già dall'età rinascimentale la città si sia distinta per la sua vocazione alla ricerca scientifica e culturale.
Dopo il successo al Musèe d'Orsay di Parigi, la mostra di Paolo Troubetzkoy approda a Milano per presentare la produzione originale e vibrante del "principe scultore".
Allestito negli spazi della Galleria d’Arte Moderna, il percorso espone circa 80 opere, mettendo a confronto la scultura di Troubetzkoy con alcuni capolavori pittorici suoi
contemporanei, come quelli di Giovanni Boldini e Joaquin Sorolla.
Le origini aristocratiche di Troubetzkoy, scontrandosi con il suo animo ribelle alimentato dalla difficoltà a sottostare a regole rigide, soprattutto in campo artistico, genera capolavori unici e straordinariamente efficaci, in grado di catturare ritratti, sensazioni ed atmosfere.
La passione per i soggetti colti dal vero si combina con il fascino delle tante e diverse influenze letterarie, artistiche, musicali derivanti dal vivace ambiente culturale che si sviluppa nella dimora familiare: le opere in mostra ben raccontano questo intrico di incontri con persone e con stili, che condurranno Troubetzkoy a magistrali ritratti come quelli di Giovanni Segantini, di Tolstoj e di Giacomo Puccini.
Influenzato dallo stile della Scapigliatura, grazie agli incontri con pittori come Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, Troubetzkoy realizza sia sculture di tipo celebrativo e commemorativo che opere più intime dedicate a temi familiari come la maternità e l'infanzia. Il suo stile, dal taglio impressionista, è caratterizzato da forme frastagliate e dall'incessante ricerca di un'espressività nei volti. Con il movimento artistico degli scapigliati condivide soprattutto l'anticonformismo e l'utilizzo della tecnica dello sfumato, che traspone in scultura ideando forme che si espandono nello spazio.
Da ricordare i numerosi busti dedicati a personaggi di spicco dell'epoca come Tolstoj, Gabriele D'Annunzio, Enrico Caruso tramite i quali cerca di immortalare la loro identità e personalità.
Frutto della cospicua collaborazione della Galleria d’Arte Moderna di Milano con il Museo d'Orsay, la mostra dedicata a Paolo Troubetzkoy è una grande occasione per scoprire il valore della produzione di un artista in grado di donare alla materia espressività e movimento, non accontentandosi della mera rappresentazione visiva dei soggetti.
La mostra “Attraverso i miei occhi. Frida Kahlo” è un progetto espositivo che mette in luce l’icona messicana nella sua essenza di donna, artista e simbolo senza tempo.
L’esposizione si concentra su come, attraverso la fotografia, Frida Kahlo sia riuscita a imporre la propria immagine al mondo. Attenta e consapevole, ma anche capace di affidarsi allo sguardo dei grandi maestri che l’hanno immortalata, Frida utilizza questo potente strumento artistico e comunicativo per definire un’identità precisa: una rappresentazione che descrive la sua esteriorità ma che, soprattutto, cattura la sua intima essenza.
Il legame con la fotografia nasce già in tenera età, grazie al padre Guillermo, fotografo di professione, che la volle spesso come aiutante e modella nei suoi scatti. Cresciuta in un ambiente dove la fotografia era parte integrante della vita quotidiana, Frida sviluppò una profonda familiarità con questo linguaggio, che divenne per lei mezzo privilegiato di autorappresentazione. Persino nel 1925, durante la lunga convalescenza seguita al grave incidente che la costrinse a letto, trovò nella fotografia sollievo e stimolo creativo.
A partire dagli anni Trenta, segnati dai primi successi e dai viaggi internazionali, Frida intrecciò amicizie e collaborazioni con importanti fotografi, alcune delle quali sfociarono in relazioni amorose, come quella decennale con Nickolas Muray, autore di alcuni dei suoi ritratti più intensi e iconici.
Protagonisti della mostra saranno proprio questi ritratti, insieme a una sezione speciale dedicata alla Casa Azul, che include l’emozionante reportage realizzato nel 2005 da Graciela Iturbide all’interno del bagno di Frida.
Questo omaggio fotografico, invita a una riflessione profonda sul tema del sé: l’immagine come costruzione identitaria, lo sguardo come strumento di autorappresentazione e la fotografia come veicolo di memoria e mito.
La mostra "Dalì e la moda", ospitata da Palazzo Reale a Milano, è un'occasione per scoprire un lato inedito e curioso della produzione del padre del Surrealismo, che ha saputo sperimentare la sua grande creatività anche nel campo della moda.
L'artista catalano si avvicina alla pratica del disegno sin da bambino; grazie al suo grande talento viene indirizzato agli studi artistici e frequenta l'Accademia di Belle Arti di Madrid senza, tuttavia, mai portare a termine gli studi poiché dimostra il suo spirito ribelle nei confronti dei docenti e della pratica artistica. Libero di seguire il suo istinto, si lascia influenzare dalla poetica surrealista conosciuta nella città spagnola ed effettua il suo primo viaggio nella fervente Parigi, un soggiorno che darà il via ad una carriera di successo tutta in ascesa, sia come artista che come personaggio dell'alta società.
Il percorso espositivo esplora il rapporto tra Salvadorì Dalì e il mondo della moda, a partire da sui primi contatti con i grandi stilisti del momento fino all'ideazione di una linea di moda surrealista.
Dalì compie i primi passi nel campo della moda a partire dall'incontro con la stilista Coco Chanel, con la quale nel 1929 ideò l’etichetta per il suo iconico profumo "Chanel N°5". Successivamente conosce anche Elsa Schiaparelli con la quale entra in una forte sintonia e per la quale disegna l'abito da sera "aragosta", una creazione provocatoria, legata ad un tema molto caro all'artista, quello dell'inconscio. Da non dimenticare la collezione di costumi da bagno surrealisti dal nome “Nightmare Beachwear”, che l'artista presentò in una sfilata irriverente a bordo piscina organizzata nella città di Parigi.
La mostra di "Dalì e la moda" a Milano, grazie alla collaborazione con importanti musei internazionali, permette di far luce sull'approccio utilizzato dall'artista in un campo artistico a lui poco familiare, nel quale ha dimostrato di saper trasporre il suo linguaggio originale e la sua forte personalità.